Scuole religiose, scelta dei prof senza discriminazione per l’orientamento sessuale
I magistrati condannano senza mezzi termini la condotta di un istituto religioso citato in giudizio da un'aspirante docente. Fissato anche il risarcimento
di Andrea Alberto Moramarco
2' di lettura
Nella selezione degli insegnanti gli istituti scolastici religiosi non possono discriminare i candidati sulla base del loro orientamento sessuale. Le scuole paritarie non possono cioè porre come requisito per l'assunzione l'essere eterosessuale, scartando le candidature di persone gay o lesbiche. È quanto si desume dall'ordinanza 31071 della Sezione lavoro della Cassazione, con la quale i giudici di legittimità condannano senza mezzi termini la condotta di un istituto religioso, citato in giudizio da un'aspirante docente e accusato da quest'ultima di aver cestinato la sua candidatura a insegnante per via del suo orientamento sessuale. Si tratta del primo caso del genere in Italia.
Accertata la natura gravemente discriminatoria, «individuale e collettiva», già i giudici di merito ordinavano «l'immediata cessazione» della condotta posta in essere dall'istituto. Allo stesso verdetto giunge anche la Cassazione che non ritiene meritevoli di accoglimento i motivi di ricorso della scuola, che contestava la mancanza di prove in ordine alla pretesa discriminazione, essendosi legittimamente formato il pieno convincimento del giudice in relazione ai fatti contestati. Altrettanto laconicamente, poi, la Suprema corte boccia il ragionamento dell'istituto scolastico, per il quale il «diritto antidiscriminatorio» deve essere bilanciato con lo «specifico progetto educativo dell'istituto» e con la «necessità di assicurare la libertà di organizzazione» e la «libertà di insegnamento». Per i giudici di legittimità, infatti, la scuola invoca disposizioni, anche costituzionali, a fondamento della propria “libertà”, ma «non spiega adeguatamente come questa libertà possa legittimare condotte apertamente discriminatorie», come quella posta in essere a danno della docente.
Il risarcimento
Lapidaria anche la risposta sul piano risarcitorio, non potendo in sede di legittimità rivalutarsi il giudizio equitativo svolto dai giudici di merito. La scuola, pertanto, oltre al danno patrimoniale pari all'anno di retribuzione persa, dovrà risarcire l'insegnante a titolo di danno non patrimoniale con una somma pari a 30 mila euro. Danno liquidato altresì in favore della Cigl locale e dell'Associazione Radicale Certi Diritti, pari a 10 mila euro a testa, costituitesi in giudizio al fianco della docente.
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