Se l'alunna dà lezioni d'italianità alla sua prof
di Paolo Armaroli
3' di lettura
In una terza media di una scuola romana una professoressa d'italiano dà questo tema: “Siamo tutti stranieri”. Un simile titolo da un lato nega l'evidenza e dall'altro contraddice la nostra Carta costituzionale. Nega l'evidenza perché nel Belpaese ci siamo noi, italiani, e gli altri, gli stranieri. Contraddice la nostra Costituzione perché non mette sullo stesso piano i cittadini e gli stranieri. Difatti conferisce ai primi diritti e doveri che non sono gli stessi previsti per i secondi.
L'Italia è tanto poco una mera espressione geografica che ha una bandiera, il Tricolore verde bianco e rosso, una propria lingua nazionale e un inno, l'Inno di Mameli, che da transitorio nell'immediato dopoguerra è da poco diventato definitivo.
Ma l'insegnante ha imposto più che proposto ai suoi studenti un titolo del genere a bella posta. Non intendeva fare una semplice constatazione con ogni evidenza campata in aria. No, voleva dire che dobbiamo essere tutti stranieri. Cioè estraniarci dalle nostre radici, dalle nostre tradizioni, dalla nostra cultura. Meglio ancora (si fa per dire), rinnegarle. Magari provare vergogna per ciò che siamo stati in precedenza. E diventare, ipso facto, cittadini del mondo. Per tirare a campare in un presente in bianco e nero, ma più nero che bianco, dimentichi del nostro passato e indifferenti per quello che ci aspetta oltre la siepe.
Forse questa professoressa ignora che non ha bisogno di sbracciarsi tanto per raggiungere questa agognata meta. Perché questo rischio lo corriamo ormai da gran tempo. Lo diceva un grande Italiano come Indro Montanelli, che amava profondamente il suo Paese nonostante il fatto che lo deludesse sempre più. Infatti era solito affermare che gl'inglesi si sentono inglesi, i tedeschi tedeschi, i francesi francesi, mentre noi italiani corriamo di anno in anno il pericolo di essere un branco di apolidi. Senza una certa idea d'Italia. Senza una vera e propria Patria. Senza una mistica dello stare insieme. Resta il fatto che quest'insegnante, questa testolina ammalata di mondialismo, è una cattiva maestra. Perché oltre a insegnare l'italiano, sperabilmente senza i troppi forestierismi regolarmente in bocca ai soliti provinciali, dovrebbe educare i giovani all'amor di Patria e impartire lezioni di educazione civica. E invece…
Per nostra fortuna questa bella insegnante è stata messa in castigo dietro la lavagna, come usava una volta per i somari, da un'alunna che ha detto chiaro e tondo che lei non si sogna affatto di dismettere i panni di brava italiana. Nello svolgere il tema ha infatti scritto, dopo aver disegnato sul foglio il nostro Tricolore, di non essere d'accordo con l'affermazione della docente. E non si è negata il piacere di sottolinearne il motivo. Perché “i confini esistono, le bandiere esistono, l'amore per la patria esiste”. Ha poi aggiunto: “Quando passo sotto il maestoso Colosseo, quando cammino davanti all'altare della patria, il mio cuore viene trafitto da un sentimento di appartenenza”. E già che c'era, ha finito in bellezza: “A casa di mia nonna c'è il tricolore. Io mi fermo sempre ad ammirarlo e penso all'Italia, alla mia amata Italia. Penso a tutta la storia d'Italia, alle vittorie, alle sconfitte ed alle ingiustizie. Mi viene in mente l'Unità d'Italia, le guerre d'indipendenza”.
Questa giovane italiana, che sembra uscita da una pagina di Edmondo De Amicis, con le sue parole semplici e commoventi ci appare una degna figlia del nostro Risorgimento. Ed è un fulgido esempio per i suoi spensierati coetanei. Per l'appunto cent'anni fa, il 20 novembre 1918, fu inaugurata la nuova aula di Montecitorio. E il presidente della Camera dei deputati Giuseppe Marcora, un vecchio garibaldino che partecipò alle guerre d'indipendenza e alla spedizione dei Mille, celebrò la Vittoria nella Grande Guerra. In questa solenne occasione ricordò i nostri eroi e i nostri martiri: gl'impiccati di Belfiore, Sciesa, Menotti, i fratelli Bandiera, Bassi, Pisacane da Sapri. E con essi Oberdan, Battisti, Sauro, Filzi, Chiesa. Tanti altri ancora. “Noti ed ignoti diedero la loro vita in olocausto alla Patria”.
Se non vogliamo regredire da italiani ad apolidi, non c'è nulla di meglio che onorare le sacre memorie. Questa studentessa, a dispetto della sua giovane età, ne è pienamente consapevole. Mentre la sua insegnante è irrecuperabile. Volente o nolente, dovrebbe cambiare mestiere seduta stante. Così non intossicherebbe più le tenere menti dei suoi sventurati allievi.
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