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Se il cinema si salva solo con i buoni film e il coraggio

Da quanto non accadeva che un film intasasse i botteghini, dividesse famiglie e amici, infiammasse gli animi fin da essere bandito da un Paese per oltraggio ai valori religiosi e culturali, come Barbie in Algeria?

di Cristina Battocletti

(Mike Marsland/WireImage)

3' di lettura

Da quanto non accadeva che un film intasasse i botteghini, dividesse famiglie e amici, infiammasse gli animi fin da essere bandito da un Paese per oltraggio ai valori religiosi e culturali, come Barbie in Algeria? A memoria, l’ultimo a creare un putiferio del genere, almeno in Italia, è stato Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci del 1972, che nel 1976 era stato mandato al rogo (come le streghe) e poi riabilitato nel 1987. Si potrà obiettare che quello bertolucciano era un film con tutt’altro peso rispetto al “pubblicitario” Barbie (non solo per la Mattel, ma anche per altri marchi più o meno nascosti), che in un mese ha superato il miliardo di dollari di incasso nel mondo (in Italia fino ad ora 30 milioni), facendo diventare la sua regista, Greta Gerwig, la prima donna per record al botteghino. Barbie ha riempito le sale, ormai languenti, di un pubblico che andava dai teen ai quaranta, trascinando gli over di riflesso, curiosi di capire la sorprendente moda innescata dal passaparola, visto che Barbie ha disertato i festival e i tappeti rossi, è uscita nel peggiore dei mesi per un esordio, luglio, e si è fatta rincorrere dalla stampa che ha ricamato settimane sul compenso da 50 milioni della protagonista, Margot Robbie, e sull’onda rosa che ha travolto tutti. I ragazzi non hanno aspettato il giudizio della critica (per altro tiepida): erano già tutti pronti perché seguono Gerwig sui canali social. A parte gli indubbi svarioni di sceneggiatura e qualche pistolotto eccessivo moralistico-femminista, Barbie è un film che ha un messaggio chiaro (il vero problema del cinema è che spesso non lo ha) e funziona: ha creato dibattito, ha divertito (quasi) tutti e ha dato una scossa agli esercenti che hanno reagito bene moltiplicando le proiezioni.

Da mercoledì è nelle sale in Italia anche Oppenheimer di Christopher Nolan (recensione di Roberto Escobar a pag. XII) sul padre della bomba atomica, altro campione di incassi con 285 milioni di dollari negli States e 432 milioni negli altri Paesi. Barbie e Oppehnheimer in America sono usciti assieme, il 21 luglio, aiutando l’uno il successo dell’altro. Potenzialmente richiamatori di pubblici antitetici, hanno invece dato vita al fenomeno Barbenheimer: ovvero la gente ha fatto l’“infilata” al cinema per vederli entrambi, Quentin Tarantino compreso, beccato alla cassa con doppio biglietto.

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In Italia non siamo ancora in grado di valutare l’impatto di Oppenheimer. Il tema potrebbe scaldare meno rispetto agli Stati Uniti, ma la sera del 23 agosto a Milano la sala era piena di ventenni e trentenni che non hanno fiatato per tre ore di proiezione in versione originale. Quello dei millennials e della generazione Z è un pubblico di cinefili nuovo, che non guarda alla data di nascita del regista ma al respiro internazionale dei film, alla capacità di emozionare, di far ridere, di riflettere su temi cruciali. E, non ultimo, allo standing degli attori. Punti che Luca Guadagnino, per esempio, non trascura mai. Potremmo essere sorpresi di nuovo: in fondo, chi avrebbe previsto un miracolo estivo per un film su una bambola che ha deliziato e oppresso l’infanzia femminile dal Dopoguerra? Sul web continuano a fiorire nuovi meme che vedono Barbie mentre guarda crescere un fungo atomico rosa o Cillian Murphy, il protagonista di Oppeheimer, attraversare le strisce pedonali con Margot Robbie, come i Beatles sulla mitica copertina di Abbey Road.

Barbienheimer dimostra che il cinema non è morto, ma è vivo e vegeto se i film sono buoni , tanto da superare i seriali collezionatori di vertici di classifiche (supereroici, demenziali, blockbuster d’azione). Nel loro piccolo è successo anche in Italia. Rapito di Marco Bellocchio, perfettamente girato, meravigliosamente interpretato, è ancora in classifica da maggio con i suoi due milioni di euro. Il sol dell’Avvenire ha richiamato i “vecchi” nostalgici morettiani e, a ruota, i giovani per capire di cosa ridevano i genitori (l’inverso rispetto a Barbie). In Italia e all’estero ha incassato quasi dieci milioni di euro. Barbienheimer ci insegna quali sono i temi che richiamano un nuovo pubblico: diritti individuali, morale e ambiente. Ci vogliono coraggio e buoni film (che fa rima con buone sceneggiature e ottimi attori, magari anche dal teatro). Il cinema è vivo. Viva il cinema!

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