Se la cooperazione è più efficace della competizione
Sfilano con orgoglio lungo le strade indossando abiti tradizionali e contribuendo alla magnificenza e alla grandiosità di un evento sui generis che, da quasi un millennio, in novembre, interrompe i ritmi frenetici londinesi
di Carlo Bellavite Pellegrini
3' di lettura
Sfilano con orgoglio lungo le strade indossando abiti tradizionali e contribuendo alla magnificenza e alla grandiosità di un evento sui generis che, da quasi un millennio, in novembre, interrompe i ritmi frenetici londinesi. La Lord Mayor’s Show, rappresenta una delle tradizioni più antiche di Londra, che coinvolge numerose realtà, tra le più rappresentative della città, tra le quali spicca la «la Gilda dei Macellai». Questo momento, ci ricorda che la storia economica e sociale dell’Europa affonda le proprie radici nelle corporazioni, nell’ambito delle quali, le città europee conobbero una crescita significativa e un’organizzazione più strutturata delle attività commerciali. Sensazione non diversa riceve chi ammira i palazzi, di fine Seicento, delle diverse corporazioni nella Grand Place di Bruxelles o chi ricorda certe intuizioni, del tutto innovative, della Repubblica di Fiume del 1919-1920, poi riprese e forse anche svilite nel Ventennio.
Poi, a partire dal Settecento e soprattutto nel Regno Unito, il pendolo del pensiero e della storia ha virato dalla cooperazione verso la competizione che certamente ha spinto persone, imprese e Paesi, a migliorarsi in modo costante per raggiungere risultati sempre migliori. Gli anni della pandemia ci hanno tuttavia ricordato l’importanza di costruire alleanze strategiche al fine di raggiungere obiettivi comuni. La cooperazione, di fatto, rappresenta un principio intrinseco proprio della stessa natura umana e si è dimostrata cruciale, in epoche precedenti nel facilitare lo sviluppo delle comunità, e nel tempo, la condivisione tra le imprese, di conoscenze e risorse, incoraggiando la crescita e l’innovazione.
Da questo punto di vista la sfida per la promozione della sostenibilità ambientale sta nell’integrare l’approccio competitivo e quello cooperativo. La soluzione, tuttavia, non è così scontata. Un caso interessante, in questo contesto, proviene da un settore profondamente legato alle
tematiche di sostenibilità, quello del recupero e riciclo di imballaggi. Nel corso dei decenni, e soprattutto a partire dal Decreto Ronchi (1997), l’economia del riciclo in Italia ha avuto una crescita costante e significativa, facendo sì che il nostro Paese sia oggi riconosciuto come un’eccellenza europea.
Lo confermano infatti i dati Eurostat, secondo cui, l’Italia,
rappresenta uno dei Paesi più virtuosi a livello europeo nella gestione dei rifiuti di imballaggio.
Partendo dall’intuizione che i modelli di recupero e riciclo possano essere influenzati dall’adozione di sistemi Epr (Extended Producer Responsibility), fondati su differenti approcci di mercato, competitivo e cooperativo, alcuni ricercatori del Centro Studi Economia Applicata (Csea),Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, tra cui Laura Pellegrini, Andrea Roncella, Claudia Cannas e Rachele Camacci, in collaborazione con il Consorzio Nazionale Imballaggi – Conai -, hanno analizzato l’impatto di tali modelli sulla performance economica e finanziaria delle imprese dei diversi settori i cui consorzi di filiera fanno capo a Conai.
In particolare, attingendo ad un ragionato campione di società europee quotate, nel periodo tra il 2000 e 2020, è stata analizzata la relazione tra l’adozione di un modello di mercato «Competitivo», piuttosto che di un modello «Cooperativo», e la performance, misurata dall’indice di redditività Roa (Return on Assets).
I risultati evidenziano un significativo impatto positivo della dimensione della società e della variazione annua del fatturato sulla redditività delle imprese per le realtà che hanno adottato un regime Epr di tipo «Cooperativo».
In Europa, l’Italia, che si è dotata di un modello di questo tipo, ha infatti già raggiunto i target al 2025 stabiliti dall’Unione Europea. Si tratta di un risultato non scontato e per certi versi controintuitivo. Non solo un regime Epr di tipo «Cooperativo» come quello italiano evita la distorsione di una raccolta selezionata ad alto valore aggiunto (il cosiddetto cherry picking), ma, nello stesso tempo ottimizza i rendimenti delle imprese. Si tratta di un’eccellenza italiana che dovrebbe essere maggiormente indagata e conosciuta.
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