Se il jihadismo punta a spaccare le società europee
di Alberto Negri
2' di lettura
In attesa di capire se questo attentato in solitario sia, come potrebbe sembrare dalle prime dichiarazioni della polizia, una vendetta contro i musulmani o la tragica continuazione delle campagna del “Ramadan di sangue” lanciata dall'Isis e da Al Qaida, si possono fare alcune riflessioni sulla tempistica e il luogo dell'evento.
Quella delle seconde generazioni dei musulmani in Europa sarà una rivolta generazionale e nichilista con una islamizzazione del radicalismo, come dice Olivier Roy, ma questo attentato di Londra, che ripete in parte nelle modalità quello di Westminster e dell'ultimo di London Bridge (non Manchester), è venuto dopo la presunta uccisione, annunciata da parte dei russi, del Califfo dell'Isis Al Baghdadi.
L'idea guida del jihadismo è che in vari modi si può spaccare le società europee portando il conflitto sul continente: è l'aspetto più preoccupante di una visione ideologica destinata a continuare anche se il Califfato verrà sconfitto nelle sue roccaforti Raqaa e Mosul.
L'attentato è accaduto in un luogo simbolo dell'Islam estremista in Europa e in Gran Bretagna, punto di riferimento di quel “Londonistan” che era già diventato negli anni'90 un magnete per i radicali islamici inglesi. Per questo al momento non viene esclusa nessuna matrice dell'attentato, dalla vendetta anti-musulmana al marchio jihadista che vuole imporre la sua visione agli altri credenti del Corano.
Da metà degli anni ‘90 Finsbury Park è stata il covo dello jihadismo britannico. Un centro di preghiera gestito da imam radicali che hanno arruolato giovani con il passaporto inglese per combattere contro i serbi in Bosnia e poi per raggiungere i campi d’addestramento qaidisti in Afghanistan quando Osama bin Laden si insediò a Kandahar accolto dal regime dei talebani. Qui si incontravano figure di primo piano, come Richard Reis, che nel dicembre 2001 tentò di far saltare in aria un Boeing con l'esplosivo nascosto nelle scarpe, o Zacharias Mossaui, arrestato per aver fatto parto del commando protagonista dell'attentato contro le Torri Gemelle. Ma soprattutto alla moschea di Finsbury Park pronunciava i suoi sermoni Abu Hamza, il predicatore poi arrestato ed estradato negli Stati Uniti, ritenuto un punto di riferimento per i network integralisti europei. Chiusa qualche anno fa, la moschea è stata riaperta con degli imam moderati, aderenti al piano di dialogo con le istituzioni del governo britannico.
Nell'immaginario collettivo Finsbury Park è il simbolo del jihadismo, preso di mira anche da nazionalisti e xenofobi che non mancano di sottolineare alcuni dati: nel 2016, per la prima volta, il numero di musulmani presenti in Gran Bretagna ha superato la quota di 3 milioni di persone, raddoppiata in meno di 10 anni. L'aumento va attribuito alla massiccia immigrazione e all'alto tasso di natalità nelle comunità musulmane. Già oggi in alcune aree di Londra almeno il 50% degli abitanti è costituito da musulmani. Su oltre tre milioni di musulmani nel Regno Unito, la metà sono nati all'estero e in totale rappresentano il 5,4% della popolazione britannica.
Ecco perché le autorità inglesi lanciano costantemente appelli all'unità dei cittadini britannici: il jihadismo e anche chi fomenta la vendetta contro l'islam costruiscono, giorno dopo giorno, una trappola fatale che punta a spaccare la società e a creare un'atmosfera da scontro di civiltà.
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