editorialeCompromessi Ue

Se Juncker trascura l’Eurozona

di Alberto Quadrio Curzio

(Reuters)

4' di lettura

Il discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato da Juncker prefigura una Ue più forte e coesa adesso che la crisi economica è superata. L’apprezzabile impostazione comunitaria per la Ue a 27 trascura però l’Eurozona. Forse Juncker non aveva scelta in questa occasione ma, dopo la ovvia conferma a cancelliere di Angela Merkel, la politica franco-tedesca riguarderà molto l’Eurozona. Consideriamo al proposito alcuni casi.

Un ministero delle Finanze europeo? L’euro è l’unica realtà federale della Eurozona ma non basta per reggere le sfide del XXI° secolo. A tal fine sono necessarie altre cooperazioni rafforzate o strutturate che potrebbero essere anche parziali o settoriali purchè importanti. In parte queste sono estraibili dal documento del 2015 dei cinque presidenti (Draghi, Juncker, Tusk, Dijsselbloem, Schulz) e dallo scenario tre (“Chi vuole di più fa di più”) tra i cinque del Libro bianco della Commissione europea ( marzo 2017) che Juncker “salta” delineando uno “scenario sei” aggiuntivo.

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Troppo facile come si può notare confrontando su alcuni temi le posizioni di Juncker, Schauble (la Markel ha parlato poco di recente) e Macron.

Consideriamo anzitutto il tema di un ministro europeo delle Finanze. Juncker lo vorrebbe incorporare nel Commissario Europeo all’Economia e alle Finanze che diventerebbe anche presidente dell’Eurogruppo. Vorrebbe poi gradualmente trasformare lo Esm in un Fondo Monetario europeo su cui farà una proposta in dicembre.

Schauble propone invece lo Esm (il Fondo Salva Stati) come controllore dei bilanci dei Paesi della Uem, sottraendo il ruolo alla Commissione Europea, considerata troppo lassista. Esclude in ogni caso che lo Esm emetta eurobond con mutualizzazione dei debiti sovrani.

Macron doterebbe invece lo Esm di un bilancio proprio e della capacità di intervento a sostegno degli stati membri di fronte ad eventi naturali eccezionali che, dentro le strettoie dei bilanci, danneggerebbero una crescita convergente. Inoltre appare favorevole agli Eurobond.

La scelta tra queste tre proposte dipenderà sia dalla Cancelliera Merkel sia dall’attuale (incredibile) sottoutilizzazione del Fondo Esm. Per noi lo Esm dovrebbe emettere eurobond su larga scala (con o senza mutualizzazione parziale dei debiti sovrani) e il direttore dello Esm diverrebbe de facto il ministro dell’Economia o dello sviluppo dell’Eurozona. Di questo, più che del discutibile Ministro delle finanze, la Uem ha bisogno.

La difesa comune. Juncker ha richiamato la necessità di sviluppare tanto un Fondo di Difesa Comune Europeo e, in tempi più larghi, ad implementare un’Unione Europea di Difesa. L’attenzione è stata posta sugli aspetti politici ed economici della difesa comune, facendo avanzare un dibattito che fino ad ora si era concentrato sul tema dell’integrazione dell’industria europea della difesa.

Schauble si è dichiarato da tempo favorevole all’ipotesi della difesa comune Ue, in chiave di risparmi e di economie di scala industriali.

Macron sembra sulla stessa posizione anche perchè muove da una posizione negoziale di forza stante la maggiore capacità militare della Francia.

Un dato è certo. I Paesi della Ue hanno speso più di 200 miliardi di euro nel 2015 per la difesa. Sembra poco rispetto ai 600 miliardi di dollari annui spesi dagli Usa, che però l’Europa non deve emulare senza per questo rinunciare ad una strategia di difesa comune.

Da questo punto di vista bisogna rilevare che una difesa comune degli stati Ue porterebbe ad un risparmio da 26 miliardi a 130 miliardi annui con benefici di innovazione dell’industria europea e nella operatività di intervento. Si potrebbe quindi potenziare la difesa europea senza spendere di più. Ma ci sembra evidente che ciò sia molto difficile senza una cooperazione strutturata nell’Eurozona.

L’intervento in Africa. Juncker tratta dell’EU-Africa Trust Fund, che ha una dotazione di 2,7 miliardi che vorrebbe potenziare. Ci sembra una prospettiva debole in quanto lo sviluppo dell’Africa è una opportunità (risorse) e una necessità (crescita demografica e migrazioni) per l’Europa e per la crescita globale. La Germania sembra averlo capito meglio tanto da promuovere il “Compact with Africa” (richiamato anche al G-20 di Amburgo), una piattaforma che ricalca nella sostanza lo European External Investment Plan. Il “Compact with Africa” esprime una preferenza per gli interessi economici tedeschi, così come la Francia conserva un atteggiamento preferenziale e, per certi versi, esclusivo, nei confronti dei 14 Paesi Africani che utilizzano il cosiddetto Franco Cfa. Cioè una valuta nata nel 1945 e via via modificata anche nella denominazione ma che è ancorata all’euro tramite il Tesoro Francese. Il problema Europa—Africa è in agenda ma anche di difficile soluzione senza una cooperazione rafforzata

Una conclusione. Il discorso sullo Stato dell’Unione è molto apprezzabile perché conferma la visione del solido europeismo di Juncker. Mancano però proposte per un’Eurozona rafforzata ma non (sostanzialmente) ridotta al binomio franco-tedesco del quale bisogna però tenere conto. L’Eurozona è forte esclusivamente per la moneta unica(gestita da Draghi) ma dovrebbe essere completata almeno da una Istituzione finanziaria (quale un rinnovato Esm) capace di esprimere un forza di sviluppo per l’economia reale, per la difesa comune, per l’azione extraeuropea.

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