Sede in Olanda, Campari si cautela dal rischio che Covid-19 gonfi i recessi e il titolo vola
Convocata una nuova assemblea (oltre a quella del 27 marzo per l’approvazione) per revocare l’operazione ex post. Board pronto a riproporla eventualmente quando il mercato si sarà stabilizzato
di Matteo Meneghello
2' di lettura
Campari si attrezza contro il rischio che i recessi affondino l’annunciata operazione di trasferimento della sede legale in Olanda, che dovrà essere approvata dall’assemblea dei soci il 27 marzo. E il mercato apprezza, con il titolo in crescita con punte di oltre il 10%, in forte recupero dopo i ribassi dei giorni scorsi a causa del congelamento della vita sociale imposto dai protocolli per fermare l’avanzata del Coronavirus.
I ribassi di questi giorni hanno spinto il titolo Campari fino a un prezzo (intorno ai 6 euro) che neppure gli amministratori del gruppo potevano immaginare il mese scorso, quando hanno annunciato l’operazione di trasferimento nei Paesi Bassi, fissando il prezzo di recesso per gli azionisti, in caso di contrarietà al progetto, a 8,376 euro. Nella stessa occasione era stata individuata come ragionevole una soglia di 150 milioni di euro come esborso massimo pagabile dalla società per i recessi, tenuto conto l’impegno dell'azionista di maggioranza Lagfin a comprare azioni in recesso fino a un controvalore di 76,5 milioni di euro. Con il Coronavirus però tutto è cambiato, ma Campari conferma i piani, annunciando iniziative per neutralizzare i possibili impatti del crollo dei mercati sull’operazione.
«Alcuni investitori - spiega la società - potrebbero essere indotti a esercitare il proprio diritto di recesso al solo fine di trarre un vantaggio opportunistico dalle attuali condizioni di mercato. Inoltre, a prescindere dal numero complessivo dei recessi che saranno effettivamente esercitati, è comunque probabile che il relativo costo a carico della società risulterà significativamente superiore rispetto a quanto non fosse ragionevolmente prevedibile». Di conseguenza, il board di Campari ha ritenuto che, «se è nell’interesse della società il completamento dell’operazione, è altresì nell’interesse della società dare agli azionisti il diritto ex post di revocarla una volta che l’ammontare dell'esborso atteso in relazione ai diritti di recesso effettivamente esercitati sarà noto e ciò anche per l’ipotesi in cui l'ammontare effettivo dei recessi dovesse essere al di sotto dell’esborso massimo pagabile dalla società.
Campari auspica che gli azionisti supportino l’operazione «nell’interesse della Società ed esprimano il proprio voto esclusivamente sul merito della stessa e senza fare alcun affidamento sul pagamento del prezzo di recesso». Ma è meglio prepararsi al peggio. Per questo motivo il cda ha deliberato di convocare un’altra assemblea straordinaria (oltre a quella di fine mese) entro il 30 giugno 2020 per approvare eventualmente la revoca della delibera con cui sarà varata l’operazione. In questo modo la società intende evitare il pagamento del prezzo di liquidazione agli azionisti che abbiano esercitato il diritto di recesso. Le azioni di questi ultimi, spiega la società, saranno comunque bloccate dall’esercizio del recesso fino alla seconda assemblea (nel caso in cui questa revocasse l’operazione) o per 180 giorni nel caso in cui l’operazione non fosse cancellata e la procedura
di recesso fosse completata).
A quel punto, se l’operazione fosse comunque ritirata dalla società, «considerata la forza e la solidità degli obiettivi strategici dell’operazione», il consiglio di amministrazione è pronto a sottoporla nuovamente all’approvazione degli azionisti «non
appena le condizioni di mercato e il prezzo delle azioni si siano stabilizzate e non siano più negativamente influenzate dalle attuali condizioni straordinarie».
Per approfondire:
●Campari sposta la sede in Olanda
●Campari fa shopping in Francia
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