Sedici donne per costruire il domani
Dalle autrici di «Controparola», i profili di chi incarna il cambiamento
di Bianca Stancanelli
4' di lettura
In un tempo così rattrappito sul presente è un bell’esercizio di immaginazione spingere in là lo sguardo, nei cantieri dove si prepara il futuro, e provare a raccontare «chi sta lavorando per costruire il domani». È il progetto che ispira la galleria di intensi ritratti femminili che il gruppo di scrittrici di «Controparola» riunisce in Donne al futuro.
Quinta tappa di una ricognizione che, per le edizioni del Mulino, ha fin qui ripercorso - come scrive nell’introduzione Maria Serena Palieri - «un secolo e mezzo di storia italiana: Risorgimento e Grande Guerra, nascita della Repubblica e Sessantotto», il volume disegna un variegato mosaico di storie: artiste e atlete, musiciste e religiose, scienziate ed economiste, maestre di scuola e figlie e mogli di uomini della ’ndrangheta, ribelli alle leggi dei clan. Se un tratto comune le unisce, è «il desiderio di lasciare un segno», come Francesca Sancin scrive nel cameo finale, dedicato ad Agitu Ideo Gudeta, la bioimprenditrice che, fuggita dall’Etiopia, si era trasferita nelle valli del Trentino e aveva lì inaugurato una fortunata attività di allevamento di capre mochene, a rischio di estinzione, troncata dal suo brutale assassinio, nel dicembre scorso.
Ha lasciato sicuramente un segno, su «mille muri firmati in tutto il mondo», la prima donna inserita in quest’elenco: Alice Pasquini, in arte AliCè, street artist - annota Paola Gaglianone - che «con i suoi dipinti dà luce a muri spenti», spaziando dall’Italia al Sud America, da Singapore al centro storico di Civitacampomarano, nel Molise. Che si tratti di resuscitare un borgo addormentato, come fa AliCé, o di insegnare ai bambini la matematica seminando fiori e legumi e a imparare le poesie trasformandole in rap, come fa la maestra Barbara Riccardi ritratta da Lia Levi, l’ambizione di queste donne - ognuna nel suo ambito - sembra quella di imprimere un cambiamento al mondo. Ed ecco la battaglia per i diritti delle calciatrici combattuta da Sara Gama, capitana della squadra azzurra che, nel giugno 2019, ai Mondiali di Francia, arrivò ai quarti di finale. È anche merito suo – sottolinea Cristiana di San Marzano - se nel campionato 2022/2023 si aprirà finalmente per le donne, nel calcio, la strada del professionismo. Ecco le ricerche delle «pioniere» del Centro studi sulla medicina di genere dell’Università di Ferrara per «abbattere le barriere che impediscono di curare ciascuno per quello che è, imparando a tenere conto delle differenze biologiche, culturali e psicologiche tra uomini e donne e a considerare le esigenze di omosessuali e transgender». Nel riferire le loro ricerche, Valeria Papitto segnala dati sorprendenti: per esempio, che «il 4 per cento dei maschi che non sopravvivono a un cancro muore di tumore al seno».
Non sempre l’Italia è l’unico orizzonte di queste creatrici di futuro. Al MoMA di New York lavora Paola Antonelli, designer e architetto inclusa dalla rivista «Time» tra i “visionari”. Le mostre che ha organizzato - racconta Mirella Serri - hanno creato a volte «subbuglio»: come la scelta di inserire fra gli oggetti di design del Museo videogiochi e penne Bic. Francesca Bria, ex assessora all’Innovazione a Barcellona e ora presidente del neonato Fondo nazionale innovazione, dichiara a Cristiana di San Marzano: «Vivo sugli aerei».
Tra gli slums di Nairobi, il Brasile e gli Usa ha condotto le sue ricerche l’economista Eliana La Ferrara, che dirige oggi all’Università Bocconi il Laboratory for Effective Anti-poverty Policies. Uno dei suoi progetti – spiega Eliana Di Caro – è aiutare i figli dei migranti a riconoscere e valorizzare i propri talenti.
Tessera dopo tessera, va componendosi in queste pagine il mosaico di un’Italia assai diversa dal Paese avvilito, depresso, stanco che spesso amiamo rappresentarci: c’è il genio teatrale di Emma Dante; c’è la battaglia generosa di suor Rita Giaretta, fondatrice di Casa Rut, a Caserta, che racconta a Dacia Maraini come abbia salvato dalla strada le ragazze vittime di tratta; c’è il rigore di Ilaria Cucchi, che Cristiana Palazzoni descrive inflessibile nell’esigere giustizia per suo fratello Stefano, pestato a morte da due carabinieri dopo l’arresto per droga; c’è la generosità di Bebe Vio, medaglia d’oro per la scherma ai giochi paralimpici di Rio, che ha perso per una meningite gli avambracci e le gambe sotto il ginocchio e ha fondato art4sport col progetto - scrive Maria Serena Palieri - «di tirar fuori i disabili dalle case, allontanarli dalla tv e portarli a divertirsi».
Sullo sfondo, antiche arretratezze continuano a pesare sulla vita delle donne. Un esempio: Marica Branchesi, astronoma e astrofisica di fama internazionale, contesa dai laboratori di tutto il mondo, in Italia ha dovuto ripetere due volte - ricorda Paola Cioni - il concorso per l’abilitazione a docente ordinario in astronomia-astrofisica. E una scienziata come Ilaria Capua («mente rivoluzionaria» la definisce Dina Lauricella) si è potuta ritrovare invischiata in un lentissimo, umiliante processo per traffico di virus e si è dovuta trasferire negli Usa, prima ancora di essere assolta, per continuare il suo lavoro di virologa.
Leggera, l’ombra del Covid19 sfiora queste pagine. Come nella storia di Silvia Colasanti, compositrice, che al virus ha dedicato il suo Nove marzo duemilaventi. «Un canto d’amore alla terra» lo definisce Linda Laura Sabbadini «incitando a frenare la corsa» del pianeta verso la sua distruzione. Anche così le donne costruiscono il futuro.
Donne al futuro
AA.VV.
il Mulino, Bologna pagg. 277, € 22
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