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Sei italiani su 10 senza cure ai denti: rispunta l’odontoiatria sociale. In campo giovani laureati, dentisti privati e industria

Quadro in peggioramento dopo il Covid, con le famiglie che hanno speso nel 2022 un 14% in meno rispetto al 2018 e oltre 18 milioni di persone che hanno carie non trattate

di Barbara Gobbi

Perché il 60% degli italiani non può permettersi le cure ai denti

4' di lettura

Con sei italiani su 10 che non vanno dal dentista, per lo più perché costa troppo, e il 95% delle cure odontoiatriche gestite dagli studi privati per un totale di circa 9,5 miliardi a carico dei cittadini e appena 500 mln coperti dal Ssn secondo lo studio RBM-Censis, le cure dentali sono la “grande incompiuta” dei Livelli essenziali di assistenza. Un quadro in peggioramento dopo il Covid, con le famiglie che spendono nel 2022 un 14% in meno rispetto al 2018 e oltre 18 milioni di persone che hanno carie non trattate.

La doppia emergenza povertà e invecchiamento

L'impoverimento della popolazione e il progressivo invecchiamento degli italiani impongono di correre ai ripari: per questo il ministero della Salute ha deciso di riprendere in mano il vecchio dossier dell'odontoiatria sociale. Con la scommessa, fino a oggi vinta solo in pochi casi eccezionali distribuiti a macchia di leopardo, di portare prevenzione, protesi e “sigillature” ai tantissimi che non possono permettersi un dentista privato a costi “di mercato”. Una partita non da poco, sia per i precedenti – di programmi simili si parla da oltre vent'anni con pochi risultati – sia per le cifre in campo. “La salute orale è un tema dell’agenda di governo – ha annunciato il ministro della Salute Orazio Schillaci - e necessita di un programma di odontoiatria sociale che preveda sia campagne di prevenzione che terapeutiche, ad esempio ripristino di denti con protesi, per consentire l’accesso alle cure in particolare alle fasce deboli della popolazione come i bambini e, dato il progressivo invecchiamento popolazione, gli anziani”. Senza contare che il dentale in Italia è un comparto strategico da circa 15 mld tra prestazioni, protesi, dispositivi medici su misura, apparecchiature e altro e dà lavoro a 18mila tra dentisti, odontotecnici, igienisti e personale dell'industria”.

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La fotografia del Consiglio superiore di sanità

Gli esperti di un gruppo di lavoro ad hoc presso il Consiglio superiore di sanità (Css) hanno fatto una fotografia della situazione e quindi i conti, supportati dall'Università Bocconi. Erogare davvero a tutti i bisognosi per età o per reddito quanto previsto dal Dpcm sui Livelli essenziali di assistenza con qualche necessario aggiornamento costerebbe almeno 800 milioni: esattamente la stessa cifra che fu stanziata per il pacchetto complessivo dei nuovi Lea nel gennaio 2017. E' questa la prima ipotesi scritta nero su bianco nel documento che il Css, per il tramite del professor Enrico Gherlone - consigliere di Schillaci per l'odontoiatria, rettore dell'Università Vita e Salute San Raffaele di Milano e già referente per l'odontoiatria con l'allora titolare del dicastero Ferruccio Fazio nel 2009 (presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi) - ha fatto arrivare sulla scrivania del ministro. Uno scenario difficilmente realizzabile con le sole risorse pubbliche, se si pensa ai cordoni strettissimi della sanità. E infatti i “saggi” del Css hanno elaborato altre due ipotesi: una che prevede di rivedere sostanzialmente al ribasso le prestazioni erogabili con i Lea, per attestarsi su una spesa di 200-300 milioni; e una terza, secondo cui con un investimento in più tra i 170 e i 340 mln si coprirebbero protesi e apparecchi ortodontici per l'età evolutiva (0-14 anni) e per gli anziani.

L’università e i privati in campo

“Quanto abbiamo riferito al ministro è un quadro – spiega Gherlone – in vista di una soluzione che coinvolgerà tutta la filiera: colleghi delle associazioni professionali, dell'ordine e delle società scientifiche. Una prima azione potrebbe prevedere la sinergia tra strutture pubbliche, università e industria. Senza contare l'apporto delle nuove tecnologie digitali per un abbattimento dei costi, e l'applicazione dei fondi integrativi”. Rispetto al 2009, intanto, non solo lo scenario della domanda ma anche quello dell'offerta di cure è cambiato: da una parte i dentisti privati sono oggi più disposti, complice la crisi che si riverbera anche sui loro onorari, a inserirsi in programmi di odontoiatria a prezzi calmierati, mentre da quest'anno - con il debutto della laurea abilitante - i giovani laureati in odontoiatria sono obbligati a eseguire un numero minimo di prestazioni. “Avremmo un doppio vantaggio – spiega Gherlone -: il primo è l'erogazione delle cure sociali, il secondo è poter insegnare ai dentisti di domani pratiche e interventi che nei Lea attuali non rientrano. Abbiamo stimato che nel complesso, tra il contributo dell'Università da cui arriveranno 700mila prestazioni incluse quelle di neo laureati e specializzandi, l'offerta dei dentisti che lavorano già nel Ssn e la disponibilità di almeno 1.400 potenziali convenzioni con dentisti privati volontari, come è emerso da un sondaggio condotto da Federanziani, si potrà in buona parte far fronte alla domanda di cure ‘sociali'”.

Il caso del San Raffaele

“Gli Atenei italiani – afferma ancora Gherlone - si sono già resi disponibili cercando di fare coincidere l'azione sociale con la didattica e raggiungendo così l'obiettivo di curare pazienti meno abbienti in forma calmierata e formare ai massimi livelli i futuri odontoiatri”. Tra questi, la Dental School di Torino, Trieste con il suo progetto di Odontoiatria sociale regionale che vede la clinica cittadina come fulcro, il San Raffaele con il suo Dipartimento centrale e con il progetto del network ospedaliero Smart dental clinic, la Sapienza di Roma con la Clinica odontoiatrica, Tor Vergata che già molti anni fa si impegnò in un'azione di Odontoiatria sociale finanziata dal ministero. “Al San Raffaele – racconta il rettore - il problema di far uscire odontoiatri che con la laurea abilitante devono saper fare tutto, anche una protesi che il Ssn non “passa”, l'abbiamo risolto creando un reparto apposito dove diamo modo a tutti gli utenti che per fragilità sociale o economica rientrano nei Lea di ricevere prestazioni ampliate, con una ‘solvenza calmierata' grazie all'accordo con l'industria che ci fornisce a prezzi bassissimi o addirittura ci regala gli impianti”.


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