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Semiconduttori, l’Ue rafforza il Chips Act per essere meno dipendente da Asia e Usa

Dopo quattro tornate di negoziato, Parlamento e Consiglio hanno trovato un compromesso: l’obiettivo del provvedimento è raddoppiare dal 10 al 20% la quota europea nella produzione di semiconduttori a livello mondiale

di Beda Romano

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2' di lettura

Dopo quattro tornate di negoziato, Parlamento e Consiglio hanno trovato un compromesso su un regolamento comunitario, meglio noto con il nome inglese di Chips Act, che deve servire a dare all’Unione europea una propria industria high-tech, in particolare nel campo sempre più cruciale dei microprocessori.

L’obiettivo del provvedimento è di raddoppiare dal 10 al 20% la quota europea nella produzione di semiconduttori a livello mondiale.

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Positivi i commenti di molti esponenti comunitari, in particolare, il commissario al mercato interno, Thierry Breton, che nel febbraio del 2022 aveva presentato la proposta. Ha spiegato ieri quest’ultimo: in un contesto geopolitico molto incerto, «l’Europa sta prendendo il suo destino nelle proprie mani». Ha poi aggiunto: «Non vi sarà alcuna transizione verde o digitale senza una importante base manifatturiera. Si tratta nei fatti di ridurre la nostra dipendenza dall’Asia».

L’iniziativa presentata a suo tempo dall’esecutivo comunitario prevede tre filoni: il sostegno allo sviluppo di capacità tecnologiche su larga scala; un quadro di riferimento per attirare nuovi investimenti; e un sistema di monitoraggio per anticipare le carenze di fornitura in caso di crisi. L’aspetto più interessante era certamente il primo perché stabilisce aiuti pubblici nel promuovere la produzione e la ricerca.

Pronto piano Ue per ridurre dipendenza chip dall'Asia

Il compromesso, che deve ora essere approvato definitivamente dai due co-legislatori, estende l’ambito di applicazione degli impianti innovativi (first-of-a-kind, in inglese), includendovi anche quelli che producono non solo microprocessori, ma anche le apparecchiature utilizzate nella produzione stessa di semiconduttori. Gli impianti first-of-a-kind contribuiscono alla sicurezza dell’approvvigionamento del mercato interno e possono beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi, spiegava ieri il Parlamento europeo.

Il regolamento prevede finanziamenti pubblici e privati per 43 miliardi di euro. L’accordo raggiunto ieri stabilisce un contributo del bilancio europeo di 3,3 miliardi di euro, rispetto ai 3,1 miliardi proposti dal Consiglio e prevede la nascita di una rete di centri di eccellenza capaci di attirare personale specializzato. Sempre nel campo dei microprocessori, di recente Bruxelles ha presentato un provvedimento per ridurre la dipendenza europea nelle terre rare, indispensabili nella produzione di chips.

Alcuni osservatori temono che l’Europa abbia comunque poco mordente, tenuto conto dell’agguerrita concorrenza internazionale in questo delicatissimo settore. La Corea del Sud ha approvato a fine marzo una legge che prevede maggiori agevolazioni fiscali per le aziende che investono nella produzione di semiconduttori, mentre l’anno scorso gli Stati Uniti hanno varato un provvedimento che prevede circa 50 miliardi di dollari di fondi federali per sostenere la produzione nazionale di microprocessori.

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