Senti chi parla: diario della mia prima settimana su Clubhouse
In compagnia di Fiorello, Michelle Hunziker, Biagio Antonacci e persino Elon Musk. La nuova piattaforma social per voce sola in crescita in tutto il mondo
di Barbara Sgarzi
4' di lettura
Non devi preoccuparti di trucco e parrucco, né di come sei vestito. No, neanche dalla vita in su, come ormai siamo abituati a fare nella nuova normalità fatta di videochiamate. Clubhouse vuole solo la tua voce. Più spesso, le tue orecchie. La nuova piattaforma social media, lanciata a marzo 2020, ma esplosa in tutto il mondo a cavallo di gennaio a febbraio, ricalca la radio, anzi, le prime web radio. Mentre scriviamo, l'accesso è solo su invito e limitato ai possessori di Iphone. Ma siccome proprio mentre il fenomeno s'ingigantiva è arrivato ai due fondatori, Paul Davison e Rohan Seth, un nuovo sostanzioso round di finanziamenti, queste due limitazioni probabilmente scompariranno presto. Ogni utente comunque ha a disposizione alcuni inviti da distribuire ai contatti presenti nella rubrica telefonica. E proprio la richiesta di accesso alla rubrica telefonica è uno dei primi potenziali problemi da risolvere, con il Garante della privacy che ha iniziato a investigare.
Entrarci da early adopter è una scoperta, come spesso accade quando le realtà digitali sono nuove e popolate da persone curiose e ben disposte verso gli altri, con una allure un po' carbonara e un po' pionieristica. Una volta dentro, vieni guidato a bordo, scegli gli argomenti che ti interessano e puoi entrare in una delle tante Room a disposizione. Aperte da esploratori come te che moderano conversazioni sugli argomenti più disparati. In modo democratico: ci sono gli speaker, invitati da chi ha aperto la stanza, che hanno diritto di parola e l'icona del microfono, e i listener, che possono limitarsi ad ascoltare oppure, alzando una mano virtuale, chiedere di parlare. La decisione, però, spetta agli speaker. Per cui ci sono stanze dove, dall'inizio alla fine, parlano solo i moderatori che le hanno aperte e altre dove, con grande volontà di apertura, ma magari meno efficacia, decine di persone fanno i loro interventi (spesso inutili, diciamolo pure), in un'atmosfera più caotica. Ma per il momento – è sempre l'effetto della novità – con grande educazione e rispetto.
Negli Usa, i primi mesi di vita di Clubhouse sono stati segnati da un paio di episodi di hate speech. Ma, per quanto ho visto, non ci sono (per ora) haters né commenti sgradevoli; d'altronde, lo si dice da anni che i famigerati leoni da tastiera, quelli che insultano dietro a uno schermo, non lo farebbero se fossero costretti a ripetere le ingiurie scritte ad alta voce. E in effetti per il momento sembra funzionare, anche se quello della moderazione è un argomento molto urgente da affrontare per i creatori del social, soprattutto se continuerà a crescere a questo ritmo.
L'aspetto particolarmente interessante di Clubhouse è il ritorno all'audio. Dopo anni di ubriacatura di immagini, dopo l'esplosione di YouTube, Instagram, TikTok, dopo centinaia di influencer immortalati in scatti ritoccati a dismisura, è molto rilassante tornare a un intrattenimento e a un'informazione che non impegnino la vista e si basino più sul contenuto che sugli effetti speciali. Da questo punto di vista, si inserisce nella scia del grande successo dei podcast, il cui ascolto anche in Italia è cresciuto moltissimo. Anche se per ora Clubhouse è solo in tempo reale, effimero: o ascolti una conversazione mentre avviene, o non c'è modo di registrarla per sentirla dopo. Ma anche qui, probabilmente le cose cambieranno presto, visto che l'essere on-demand, sia per la radio che per la tv, è ormai fondamentale.
Com'è stata la mia prima settimana su Clubhouse? Impegnativa: anche se i numeri, ovviamente, non si avvicinano a quelli di Facebook o Instagram (a febbraio si parlava di 2 milioni di utenti attivi a settimana), la community è molto attiva e frequentata anche da persone note. I primi inviti alle Room arrivano con il caffè delle 8, e ci puoi trovare Fiorello che fa la rassegna stampa o Michelle Hunziker e Aurora Ramazzotti che chiacchierano con Luca Bizzarri. Oppure Biagio Antonacci che parla di musica con produttori e colleghi. Ci sono giornalisti della carta stampata, di radio e tv. Esperti di marketing, del mercato immobiliare, psicologi e coach che regalano consigli. C'è l'immancabile dating. Tantissimo food&wine – siamo pur sempre in Italia.
E così per tutta la giornata, in un susseguirsi di voci e argomenti che, se ti fai prendere, fanno volare la giornata fino a sera, quando arrivano gli speaker d'oltreoaceano e, se sei fortunata, trovi Elon Musk. È successo davvero e ha fatto praticamente saltare l'applicazione per i troppi utenti collegati, più di 5.000. La fortuna è che, come diceva Eugenio Finardi in una vecchia canzone, con la radio non si smette di pensare. E anche per Clubhouse è così: puoi ascoltare una Room in sottofondo mentre continui a fare altre cose, leggere mail, navigare tra altri siti, cucinare o fare yoga. Ricordando sempre, però, di mettere il microfono in muto se sei fra gli speaker. Ma quello, dopo un anno di videochiamate, dovremmo ormai averlo imparato.
loading...