Serie A, Inter in vetta dopo il sabato nero di Pirlo e Pioli
A una settimana dal derby, approfittando del maldestro scivolone del Milan a La Spezia, l’Inter effettua il sospirato sorpasso battendo la Lazio per 3-1
di Dario Ceccarelli
4' di lettura
Via libera al passaggio di consegne. Anche qui passiamo da un governo all’altro. A una settimana dal derby, approfittando del maldestro scivolone del Milan a La Spezia, l’Inter, con le maglie scritte in cinese (cosa che suscita commenti poco benevoli tra i tifosi), effettua il sospirato sorpasso battendo la Lazio per 3-1.
Un successo pesantissimo per la squadra di Conte che così sale a 50 punti superando di una lunghezza i rossoneri che guidavano la classifica dall’avvio del torneo. Un sorpasso che vale doppio, in chiave scudetto, perchè coincide con un altro tonfo pesante: quello della Juve, superata dal Napoli, sempre nell’anticipo di sabato. Un sabato nero quello di Pioli e di Pirlo. Un sabato bestiale che per contrasto rende ancor più scintillante la vittoria dell’Inter sulla Lazio, reduce da un filotto di sei vittorie consecutive.
Un successo meritato, quello nerazzurro, raggiunto grazie alla potente forza del suo attacco. Un successo nel segno di Lukaku autore di una doppietta e di un assist decisivo per Lautaro Martinez. Il centravanti belga, che raggiunge quota 300 reti in carriera, è il trapano che scardina la difesa bianco celeste. Difesa già fragile che in extremis deve rinunciare anche al difensore Radu, sostituito da Hoedt.
Proprio quest’ultimo, dopo 22 minuti, con un intervento maldestro su Lautaro in area, offre il rigore con il quale Lukaku porterà in vantaggio nerazzurri. Un rigore controverso (“difficile da digerire” precisa l’allenatore della Lazio Inzaghi) che viene concesso solo dopo un attento esame del var.
L’Inter, più concreta, sfrutta anche un rimpallo che permette a Lukaku, pochi secondi prima dell’intervallo, di portare i nerazzurri al raddoppio. La Lazio, pur comandando il gioco, fa molta accademia e ben poca sostanza. Sia per l’attenta difesa dei nerazzurri, sia per la serata storta di Ciro Immobile, spento e impreciso quanto mai. Nella ripresa, dopo il 2-1 di Escalante su punizione, la Lazio cerca di rientrare in partita, ma è solo un lampo che viene spento da una formidabile galoppata di Lukaku. Il belga, seminato il frastornato Parolo, offre così a Lautaro l’assist del 3-1 che chiude la sfida di San Siro.
E così tutto si rimescola in attesa di un derby mai così carico di aspettative. Anche perchè, a 16 giornate dalla fine, ancora non si vede un vero padrone del campionato. Meno che mai una squadra “perfetta” visto che anche l’Inter, pur disponendo di una rosa sontuosa, non viene proprio da un periodo strepitoso. Già fuori dalla Champions e dalla Coppa Italia, al suo arco le resta una sola freccia: quella dello scudetto. Mancarlo sarebbe un fallimento difficile da digerire per una società afflitta da pesanti problemi di bilancio e in ansiosa ricerca di nuove risorse. Ma intanto, l’aver toccato la vetta, proprio alla vigilia del derby, è un magnifico scacciapensieri che ricarica un ambiente ancora scosso dai veleni post partita con la Juve allo Stadium. Conte si è anche scusato, e tutto è passato in cavalleria, come sempre avviene nel calcio dopo una squillante vittoria.
Nella Milano rossonera, invece, tira aria meno allegra. Più da quaresima che da Carnevale. Il Tonfo di sabato a La Spezia è stato pesantissimo. Non nel punteggio, ma nelle modalità. Una battuta d’arresto senza attenuanti, che avrebbe potuto concludersi anche con una goleada per i liguri. Arrivata anche senza preavviso. Nelle ultime dieci gare i rossoneri avevano perso 4 volte, ma mai in modo così disarmante. Anzi, il periodo più difficile, per le numerose assenze, sembrava ormai alle spalle. E invece ecco qua Pioli, con la faccia pallida e gli occhi mesti, che cerca di capire cosa Diavolo sia successo ai suoi ragazzi. Un calo atletico? Un dazio da pagare prima della trasferta di Europa League a Belgrado? Il pensiero del prossimo derby? E se Pioli, bravissimo fino a un paio di settimane fa, avesse perso il tocco magico? Un sabato storto può sempre capitare, ma se invece fosse qualcosa di peggio?
“Sapremo rialzarci” dice Pioli. Si vedrà a Belgrado con la Stella Rossa. I più vecchi ancora ricordano lo famosa partita della nebbia quando, 33 anni fa, il Milan di Sacchi grazie alla contestata ripetizione di una sfida durissima (che stava perdendo), prese l’abbrivio per il suo fortunato ciclo di trionfi in Europa. Ma la nebbia, questa volta, è calata nello stadio spezzino. Peccato che ad avere le idee molto appannate fossero solo i rossoneri.
Anche per Pirlo è stato un sabato nero. Se il Milan è stato troppo brutto per essere vero, la Juventus è invece stata solo brutta. Con poco cuore e tanta lentezza. Convinta che per battere il Napoli bastasse solo aspettarlo per colpirlo contropiede. Ma il rigore di Insigne, e il calcio elementare e rabbioso dei partenopei, ha sparigliato i piani bianconeri lasciando la sensazione che sia ancora una Juve senza anima, più con la testa in Champions che in campionato. Poco signorile anche il commento polemico di Pirlo sul rigore assegnato ai partenopei: “Abbiamo perso per un episodio dubbio, avrei voluto vedere cosa sarebbe successo a parti invertite”. A parte che le smanacciate di Chiellini oltre che imprudenti erano visibili anche da Marte, resta il fatto che lamentarsi non è mai bello né signorile. Anche se, rispetto ad Antonio Conte, e a tutto il resto del vertice bianconero, Pirlo resta un Maestro di far play.
Vogliamo parlare della Roma? Splendida e splendente. Data per morta e sepolta dalle lacerazioni interne, la squadra di Fonseca sembra rinata mettendo in imbarazzo i detrattori dell’allenatore portoghese. Il tre a zero con l’Udinese va giù leggero come un frizzantino: due gol del francese Verrout, uno di Pedro e avanti un altro aperitivo.
Con le piccole la Magica vince sempre. Con le grandi, invece, le riesce molto meno. Ma intanto la Roma è terza davanti a Juventus e Napoli con il terzo miglior attacco del campionato. Direte: a fare la voce grossa con i fanti son bravi tutti. Ma farlo coi Santi è tutt’altra cosa. Giusto, ma intanto Fonseca se la ride. Chi lo schioda quello? L’inter, in fondo, è solo a 7 punti di distanza. In questa ammucchiata può ancora succedere di tutto. Sette squadre, compresa l’Atalanta (a quota 37), sono in un fazzoletto di 13 punti. Una volta, nel Novecento, nel campionato più bello del mondo, quando forse non c’erano neanche i cellulari, venivano chiamate le “Sette Sorelle”. Adesso siamo ancora qua. In Italia, alla fine, non cambia mai niente.
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