ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùDietro i numeri del Def

Serve uno scostamento da 10 miliardi di euro (ma una manovra da 50)

Il Documento di economia e finanza (Def) approvato dal Consiglio dei Ministri

di Mario Baldassarri

(Oleksandr Dibrova - stock.adobe.com)

4' di lettura

Il Documento di economia e finanza (Def) approvato dal Consiglio dei Ministri il 6 aprile poggia su due parametri di partenza molto fragili: una crescita “tendenziale” sovrastimata e un’inflazione sottostimata. Ne consegue che la politica economica che il governo si impegna a fare in questo 2022 è quantitativamente modesta, 5 miliardi di euro. Ciò confermerebbe un deficit pubblico al 5,6% del Pil senza alcun scostamento di bilancio. Il sostegno alla crescita viene stimato nello 0,2 per cento. Da una crescita tendenziale del 2,9% si andrebbe a un obiettivo di crescita programmata del 3,1%.

Crescita tendenziale sovrastimata

Dopo la caduta del Pil del 2020 del -9%, il rimbalzo del 2021 ha portato a una crescita del 6,6%. Questo determina “tecnicamente” una crescita “acquisita” per questo 2022 pari al 2,3 per cento. Ciò significa che «se in tutto il 2022 mantenessimo lo stesso livello di Pil dell’ultimo trimestre del 2021» quest’anno il Pil sarebbe il +2,3% rispetto allo scorso anno. Il problema è che già nel primo trimestre di quest’anno abbiamo avuto un -0,5% di Pil e nel secondo trimestre, che subisce in pieno il doppio impatto del caro energia e del caro alimentari rafforzati dall’invasione russa della Ucraina, avremo almeno un altro -0,5% di Pil. A metà anno cioè saremo sotto dell’1% al livello di Pil dell’ultimo trimestre 2021.
Per raggiungere il 2,9% indicato dal governo come crescita “tendenziale” dovremmo avere un rimbalzo nella seconda metà dell’anno del +3,4% nel terzo e quarto trimestre.

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Ovviamente tutto dipende dalle ipotesi circa l’andamento del caro energia e del caro alimenti. Il Centro studi Confindustria nel suo ultimo Rapporto prevede un profilo discendente dei prezzi dell’energia a partire dal prossimo autunno e coerentemente indica una crescita 2022 all’1,9 per cento. Il Centro studi Economia Reale ipotizzando che i prezzi dell’energia rimangano ai livelli attuali fino a fine anno ottiene nelle sue simulazioni una crescita 2022 all’1,3 per cento.

Ebbene, 1,9-1,3% sembra a oggi essere la forchetta più ragionevole per stimare la crescita “tendenziale” di quest’anno. Anche se tutti auspichiamo che abbia ragione il Def, sta di fatto però che a oggi lo stesso Def sovrastima la crescita tendenziale di almeno l’1 per cento.

Ecco allora che la politica economica delineata e volta a mantenere gli equilibri di finanza pubblica risulta insufficiente proprio perché “spingerebbe” il Pil dal +1,9% di Confindustria al +2,1% oppure dal +1,3% di Economia Reale al +1,5 per cento.

Inflazione sottostimata

Nel Def si indica che i prezzi al consumo sono esplosi fino al 7%, ma questo è dovuto alle componenti energetiche mentre la sottostante inflazione “strutturale” rimane sotto il 3 per cento. Si dà quindi per scontato che il caro energia rientri già dopo giugno e torni ai livelli precedenti dello scorso autunno entro fine anno. Su questa ipotesi
il Def presenta un deflatore del Pil per il 2022 pari al 3 per cento.

Purtroppo così non è e non sarà. Pur scontando un
ridimensionamento dei prezzi energetici ben difficilmente
l’inflazione quest’anno sarà sotto il 6 per cento.

Stagflazione?

Tecnicamente si parla di recessione quando il Pil scende per due trimestri consecutivi. Quest’anno avremo il segno meno sia nel primo che nel secondo trimestre. “Tecnicamente” quindi siamo in recessione. E comunque la crescita per l’intero anno difficilmente supererà
il 2 per cento. Dall’altra parte l’inflazione, bene che vada, sarà
attorno al 5-6 per cento. La somma di queste due prospettive indica pertanto un profilo di stagflazione.

Che fare?

Le previsioni econometriche non servono per vedere chi ci indovina. Servono invece per descrivere quadri di riferimento rispetto ai quali si deve definire una politica economica quantitativamente adeguata e qualitativamente efficace proprio per non far realizzare quelle previsioni, migliorando i risultati che potranno essere
raggiunti a fine anno.

È allora evidente che serve subito una manovra di sostegno a famiglie e imprese di almeno 50 miliardi di euro. Senza questa, i consumi delle famiglie freneranno e gli investimenti delle imprese si afflosceranno. Il paradosso sta nel fatto che questo tipo di manovra o la si fa subito o si rischia di “rimandarla a ottobre”, forse anche in quantità maggiori, per fronteggiare ex post l’emergenza che si sarà creata in termini di disoccupazione, cassaintegrazione e sostegni ai poveri.

Ma come?

Molte parti politiche sembrano invocare manovre forti, ma
intendono farle… a buffo, cioè con un forte scostamento di bilancio,
più deficit e più debito. Su questo il governo nel Def dice che non intende farlo ora, limitando la sua azione ai 5 miliardi di risorse che comunque confermerebbero l’obiettivo di deficit pubblico al 5,6
per cento. Con l’aria che tira la prudenza sui conti pubblici appare quanto meno doverosa.

Tutti però trascurano il fatto che anche quest’anno spenderemo oltre 900 miliardi di spesa pubblica. “Dentro” questi 900 miliardi, solo come esempi che dovrebbero essere eclatanti, ci sono 55 miliardi di distribuzione a pioggia di fondi perduti in conto capitale e in conto corrente ed 80 miliardi di tax expenditure.

E mentre da una parte si propone di sostenere l’economia con una manovra da 40/50 miliardi tutti a deficit, mettendo quindi in serio rischio il nostro debito pubblico, dall’altra parte il governo mira a mantenere al riparo da rischi la nostra finanza pubblica e per questo limita le risorse per la manovra di sostegno ai miseri 5 miliardi
di euro indicati nel Def.

Tutti dicono che siamo di fronte a una situazione estremamente difficile e rischiosa, ma nessuno vuole mettere mano agli sprechi, alle malversazioni, ai favori e alle ruberie che continueranno a essere fatte anche in questo anno con una pandemia ancora non del tutto sconfitta, un caro bollette e alimentari che continua e con una guerra che speriamo finisca presto sul piano militare, ma che durerà nei suoi
effetti economici e sociali per anni.

Certamente sarebbe un messaggio forte e credibile se l’Italia varasse subito una manovra da 50 miliardi, coperta però per circa 30 miliardi da “spostamenti” di spesa pubblica e per 10 miliardi da tassazione degli extraprofitti delle imprese del settore energia. In questo quadro uno scostamento di bilancio di 10 miliardi con un deficit che andrebbe al 6% del Pil sarebbe serio e credibile e non verrebbe preso come uno sfascio dei conti pubblici.

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