Server, diario clinico, gestione, tamponi: quando sarà pronta l’app di tracciamento?
L’app dovrebbe arrivare per maggio, ma sono ancora molti gli aspetti da decidere per arrivare all’adozione finale
di Alessandro Longo
3' di lettura
L'app Immuni per tracciare i potenziali contagiati da coronavirus prosegue il suo cammino: anche se in un contesto di scarsa chiarezza complessiva, cominciano a intravedersi una roadmap e alcuni punti fissi.
L'app arriverà a maggio in beta (se tutto va bene): è l'obiettivo dichiarato dal commissario all'emergenza Domenico Arcuri.
Dell'app parla del resto anche l'allegato 10 dell'ultimo Dpcm, secondo cui questa è necessaria per evitare un nuovo lock down. Non è quindi sparita dai radar del Governo.
Nessun ritardo previsto sul piano prettamente tecnologico, dove già ci sono alcune certezze forti.
L'app sfrutterà il framework reso disponibile da Google e Apple, che è ispirato al protocollo DP-3T di tipo “decentralizzato” (che fa capo all'Ecole polytechnique fédérale de Lausanne, Svizzera).
Ogni dispositivo dotato dell'app genera un proprio Id, un codice identificativo temporaneo, che varia spesso, anonimo e che viene scambiato tramite bluetooth (low energy) con i dispositivi vicini (in base a parametri da fissare, ma Arcuri dice: quelli a meno di due metri per almeno 15 minuti).
I cellulari conservano in memoria gli Id degli altri cellulari contattati e i metadati (durata dell'incontro tra i dispositivi, forza del segnale percepito). Tutti questi dati sono crittografati in modo robusto. Per ciascuno di questi contatti, l'app stabilisce un rischio contagio grazie a questi dati, con un algoritmo in via di affinamento.
A intervalli di tempo i cellulari scaricano da un server, che da noi sarà a gestione pubblica, gli Id dei cellulari di chi è risultato positivo a un tampone. Se l'app ritrova questo Id all'interno della propria memoria con un livello di rischio giudicato sufficiente, fa apparire una notifica con un messaggio pre-impostato, a cura dell'autorità sanitaria.
Il nodo falsi positivi
L'utente dovrà installare anche gli aggiornamenti dei sistemi Android e iPhone che abilitano l'uso del framework, senza il quale l'app non funziona.
Il lavoro congiunto di Apple, Google e degli sviluppatori delle app basate su questo framework si concentra ora sulla riduzione dei falsi positivi, affinando l'algoritmo predittivo che serva a capire quale sia la distanza tra i due dispositivi bluetooth. A tal scopo si sfrutta il dato dell'intensità del segnale bluetooth.
Altra buona notizia è l'arrivo, probabilmente prima dell'autunno, di un altro update Google-Apple, per integrare queste funzioni nei sistemi (che quindi sarebbero attive anche senza app, certo con il consenso dell'utente).
Il server e il contesto
Le incertezze riguardano alcune decisioni che il Governo deve prendere. La principale riguarda il server: dove sarà posto, sarà in cloud o no (l'ipotesi più accreditata ora è Sogei-Tim con la società pubblica PagoPa Spa a fare da integratore)? E come si opererà sul server del lato del mondo sanitario? Il soggetto positivo riceverà un codice di sblocco per inserire sul server i propri Id generati dall'app, ma non è stato ancora deciso da chi e come sarà fornito. È una questione importante per motivi di sicurezza.
Da decidere anche la gestione del “diario clinico”, altra funzione di Immuni: dove gli utenti possono annotare l'andamento dei propri sintomi. Nell'attuale versione sperimentale dell'app, i dati del diario restano solo sul cellulare. Ma c'è l'ipotesi che la task force chieda di poterli avere, per studi epidemiologici o persino per poter contattare il paziente in caso di aggravamento dei sintomi (con il suo consenso, come avviene con l'app sviluppata dalla Provincia di Trento).
Gli sviluppatori hanno bisogno di queste informazioni per completare lo sviluppo dell'app. Dato che il codice è fornito in licenza open source, il Governo può decidere di far sviluppare ad altri queste parti; ma anche questa sarebbe una decisione ancora, eventualmente, da prendere.
Tamponi per tutti?
Resta esclusa una scelta non tecnologica ma che è forse la più importante per il funzionamento complessivo del contact tracing: dopo aver ricevuto la notifica, l'utente avrà diritto a chiedere e ottenere un tampone? E l'Italia è in grado di fare un numero di tamponi giornaliero che, secondo le prime stime, sarebbe di circa un ordine di grandezza superiore a quello fatto finora?
Il traguardo di maggio (o forse, già, i primi di giugno) sarà segnato se si supererà presto l'impasse di queste decisioni; con un decreto legge a sancire poi la legittimità del contact tracing (come chiesto dal Garante Privacy).
Poi bisogna correre a incentivare l'adozione dell'app, che dovrà essere sufficiente in vista della vera grande scadenza da tenere sott'occhio: l'arrivo del freddo autunnale.
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