«Servono 600mila case e va rifinanziato il fondo morosità incolpevole»
Stefano Chiappelli, Segretario generale Sunia: «In Europa siamo uno degli ultimi Paesi per offerta di abitazioni pubbliche in affitto, appena il 4% sul totale»
di Laura Cavestri
2' di lettura
«Sono oltre trent’anni che si è pensato di risolvere il problema abitativo agevolando l’acquisto di una casa. Oggi bisogna fare l’opposto. Aumentare l’offerta di edilizia residenza sociale per le fasce più fragili della società e, contemporaneamente, un housing sociale per venire incontro a quella fascia grigia, troppo “ricca” per la casa popolare, ma incapace di sostenere i canoni di mercato. E per fare entrambi, serve un’unica regia pubblica e nazionale». Ne è convinto Stefano Chiappelli, segretario generale del Sunia, sindacato degli inquilini, per cui il disagio abitativo è frutto, da anni, della mancanza di una politica per la casa
Come si affronta il disagio abitativo?
In Europa siamo uno degli ultimi Paesi per offerta di abitazioni pubbliche in affitto, appena il 4% sul totale. Serve un nuovo piano casa. Stimiamo che servano almeno 600mila unità, che riteniamo possano venire dal recupero delle periferie e delle aree dismesse, grazie anche a un intelligente impiego dei fondi del Pnrr e dei Pinqua, proprio per il risanamento delle periferie.
Quale responsabilità hanno gli affitti brevi nel sottrarre offerta alla locazione tradizionale?
Certo hanno una parte di responsabilità e bene fa il disegno di legge proposto dal ministro Santanchè a obbligare ogni unità ad avere un codice identificativo (Cin) e a porre il limite di due appartamenti locati per proprietario (oltre, scatterebbe l’attività d’impresa, ndr). Ma non risolve il problema. Va anche detto che molti proprietari optano per questa formula per evitare morosità e contenziosi. Con la povertà e le diseguaglianze che crescono, può un Paese come il nostro non rifinanziare il fondo per l’affitto e la morosità incolpevole? Il governo Draghi vi aveva messo 300 milioni. Stimiamo che, quest’anno, servano 900 milioni. Per ora, nel fondo, non c’è nulla.
Il canone concordato è ancora poco diffuso. Come lo si agevola?
Applicandolo a tutti i Comuni, non solo quelli cosiddetti a “tensione abitativa”. Crediamo in questo strumento e ci auguriamo che la delega fiscale, nella rivisitazione della tassazione separata, non tocchi la cedolare secca agevolata al 10% che va proprio nella misura di incentivarne la pratica. Si deve lavorare per allargare l’applicazione del canone concordato. Mentre diciamo no alla cedolare su tutte le tipologie di affitto.
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