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Coronavirus, emergenza posti letto: in Lombardia ce ne saranno oltre 1.100 per la terapia intensiva

Con il 10% dei contagiati in terapia intensiva il sistema regge. Ma i numeri non possono crescere in modo esponenziale. Ci sono 660 posti, più 470 recuperati da altri reparti

di Sara Monaci

(ANSA)

3' di lettura

I numeri del sistema sanitario lombardo stanno emergendo negli incontri che si stanno susseguendo in queste ore. La questione è nota: il coronavirus potrebbe mettere a dura prova l’equilibio degli ospedali, dove le terapie intensive hanno posti letto contati. Ecco i numeri. In Lombardia i posti letto disponibili per le terapie intensive sarebbero di base circa 500, per quanto riguarda la sanità pubblica. A questo dato si aggiungono i 160 posti circa della sanità privata. In queste ore però è stato fatto un grande sforzo per trovare altre disponibilità da altri reparti: 470 posti in più recuperati da altri reparti.

Le associazioni private sono state interpellate dalla Regione Lombardia in queste ore per valutare il loro possibile contributo di fronte all’emergenza. In Lombardia c’è massima disponibilità. Ovviamente i posti letto sono in numero maggiore nelle aree più popolose: Milano, Monza e Brianza, Bergamo, Brescia.

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Intanto il governatore Attilio Fontana ha presentato misure urgenti su questo fronte: 40 milioni da spendere subito per l’acquisto di 60 ventilatori speciali (che possono essere utilizzati per sostenere i pazienti nella respirazione, anche senza bisogno di ospitarli nei reparti intensivi) e per l’adeguamento di sale operatorie non utilizzate in questo momento.

Non c’è ancora una crisi, sottolineano i tecnici e i dirigenti regionali, ma i numeri vanno tenuti sotto controllo. Per gli esperti questa sarà una settimana cruciale, in cui sarà possibile valutare davvero se il fabbisogno di posti letto in terapia intensiva aumenta o meno.

Occhi puntati soprattutto su ciò che accade nell’area milanese e del suo hinterland. Al monento il focolaio di Lodi rappresenta il 3% della popolazione lombarda, ma va evitato che il contagio si espanda nel capoluogo, la parte più popolosa della regione (per ora ci sono 58 casi nella città metropolitana di Milano, sui 1.254 della Lombardia).

La percentuale dei contagiati che finiscono in terapia intensiva è sempre quella: il 10% del totale mostra sintomi più gravi della media, e ha pertanto bisogno di aiuti nella respirazione. Considerando che i contagiati in Lombardia sono tra i 900 e i mille, ancora il sistema tiene, visto che sono circa un centinaio i ricoverati in terapia intensiva. Ma chiaramente non va sottovalutato l’impatto e bisogna capire cosa può succedere se il contagio aumenterà invece di ridursi.

Nel caso peggiore, si dovrà “rubare” gli spazi ad altri comparti ospedalieri: medicina, pneumologia, geriatria. Secondo i dati dell’Associazione degli Anestesisti e Rianimatori è possibile recuperare il 7-8% di posti letto di altre aree, rimandando gli interventi meno urgenti. La programmazione può allungarsi quindi, visto che gli ospedali lombardi oggi sono tutti concentrati sulle cure del Covid-19. Ma è chiaro che questa situazione non può diventare ordinaria, entro un mese si dovrebbe tornare ad una certa normalità per poter tornare all’attività di routine.

Oltre al problema dei posti letto, c’è quello dei professionisti. In queste ore sta emergendo la carenza di specializzandi: mancano all’appello circa 2.500 neo-professionisti, a causa, spiegano negli ospedali, dei tagli imposti dalla spending review, a partire dal governo Monti. Ad oggi ce ne sono circa 10mila, su un fabbisogno di 12.500. La questione degli infermieri (cira 60mila in tutta la regione), è invece più legata all’emergenza di queste ore, visto che molti operatori sono peraltro costretti alla quarantena.

PER SAPERNE DI PIÙ:

Coronavirus, che tipo di recessione sarà?

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