2' di lettura
La domanda di auto in Giappone e Corea, secondo AlixPartners, società di consulenza, ancora nel 2027 sarà l’89% del livello pre-Covid, appena meglio dell’84% dell’Europa, che però ha scelto di farsi male da sola. Gli Stati Uniti dovrebbero recuperare, mentre Cina e Resto-del-Mondo proiettano un più 17 e più 28% rispettivamente. Che è normale considerando lo status della motorizzazione e il reddito pro-capite nelle diverse aree geografiche. Se il Giappone vanta una penetrazione di un’auto ogni due abitanti, la Cina è intorno a una ogni quattro e la ricchezza pro-capite prodotta nel ’27 sarà un terzo più grande di adesso, alimentando i consumi. Contare su una domanda interna vivace fa la differenza, come l’accesso alle materie prime rispetto a chi invece può contare solo sulla dimensione manifatturiera della propria economia, che a sua volta dipende molto dai fornitori cinesi per la componentistica. L’industria nipponica guarda con apprensione non solo alla crescita del gigante vicino, ma anche alle mosse del Vecchio Mondo, allorché ipotizza tariffe doganali per limitare l’aggressività delle auto del Dragone. Sa bene che nello scenario globalizzato del WTO sarebbe molto difficile, se non impossibile, applicare dazi chirurgicamente, finendo per fare ovviamente di tutta l’erba asiatica un unico fascio.
Insomma, un panorama non di calma piatta, che lì definiscono “tempi interessanti” e li augurano pure. Magari a ragion veduta, visto che proprio in questi frangenti, che noi chiamiamo crisi e loro kensan (pericolo + opportunità), torna utile la filosofia giapponese fatta di grandi prospettive e attenzione al dettaglio concreto. Nonostante le pressioni subite da parte dei fondi d’investimento affinché il loro gigante mondiale abbracciasse una visione all-in sulla trazione elettrica, Akio Toyoda ha appena ribadito che l’approccio resta quello di sempre: sviluppiamo e svilupperemo ciò che serve e servirà ai nostri clienti, senza ideologie. E pazienza se non piace ai “pensatori unici”. Affianco ai pionieri dell’elettrico c’è chi non se la sente di attaccarsi per ore alle colonnine e bisogna che tutti se ne facciano una ragione.
Ma nell’automotive c’è vita pulsante anche oltre l’alimentazione e i giapponesi progettano a 360 gradi: chi deve spostarsi in contesti urbani dove le auto fanno fatica ha bisogno di monopattini (e di micro macchine, le famose e bizzarre Kei Car che popolano le strade del paese del Sol Levante). Chi è anziano, e saranno sempre di più in Giappone come in Europa, chiede mezzi diversi dalle auto classiche, che a noi paiono futuristici, se non che il futuro poi arriva. È successo con l’ibrido, sviluppato trent’anni fa e oggi divenuto un must dell’industria automobilistica.
I giapponesi sono utili all’auto, perché guardano avanti senza perdere il contatto con la realtà.
loading...