Shadow banking, è allarme tra le Vigilanze per i 10mila miliardi di prestiti «invisibili»
Dal Financial Stability Board le prime proposte al G20 per regolamentare il «sistema bancario ombra»: il settore supera le banche tradizionali (225 trilioni contro 180 a fine 2020)
di Alessandro Graziani
I punti chiave
3' di lettura
Nel sempre più vasto e preoccupante mondo del cosiddetto «sistema finanziario ombra» (shadow banking), che a fine 2020 aveva raggiunto i 225 trilioni di dollari superando i 180 trilioni delle banche vigilate, i timori principali delle Autorità di Vigilanza globali (a partire dal Financial Stability Board) riguardano una porzione apparentemente piccola dell’intera esposizione: si tratta degli oltre 10.000 miliardi di crediti che fanno capo agli OFIs. Gli OFIs sono gli «others financial intermiedaries» (altri intermediari finanziari), un sottoinsieme del più ampio mondo dello shadow banking o, per usare la definizione del Fsb, del settore NBFI («non bank financial institutions»).
Se gli NBFI comprendono anche soggetti non bancari ma vigilati come assicurazioni o fondi pensione, gli OFIs che operano come prestatori di denaro sono soggetti non regolamentati come open funds, broker-dealers, veicoli di finanza strutturata, trust fiduciari, family offices, fondi d’investimento di vario tipo con focus sul debito.
La corsa
Se fino alla crisi finanziaria del 2008 l’esposizione creditizia degli OFIs oscillava intorno ai 2 trilioni e quella totale degli NBFI era di circa 100 trilioni, alla fine del 2020 la prima era più che quintuplicata a oltre 10 trilioni e la seconda era raddoppiata a 225 trilioni. I prestiti concessi al di fuori dal tradizionale circuito bancario sono esplosi per due motivi principali: il decennio di tassi zero che ha indotto molti operatori a cercare rendimenti fuori dall’obbligazionario e la iper-regolamentazione bancaria che ha reso più oneroso in termini di assorbimento di capitale la concessione del credito da parte degli istituti vigilati.
Un maxi-travaso di operatività creditizia che, ora che i tassi di interesse stanno tornando a salire e i mercati sono “volatili”, stanno facendo diventare lo shadow banking una delle principali «vulnerabilità del sistema finanziario globale». A ribadirlo è proprio il Financial Stability Board in un rapporto sui NBFI pubblicato alla vigilia del G20 di Bali, a cui il presidente Klaas Knot ha inviato anche un documento con le prime proposte preliminari per regolamentare lo shadow banking. Due gli aspetti principali da monitorare: la leva occulta e il cosiddetto “mismatch” delle scadenze (raccolta a breve e prestiti a lungo termine).
Su questi due aspetti il Fsb si è impegnato a svolgere analisi ed approfondimenti nel 2023 per poi arrivare a un set di proposte complete che, se approvate, dovrebbero entrare in vigore (forse) dall’anno successivo. Ma nel frattempo, lo shadow banking viene considerato come la principale «vulnerabilità» del sistema finanziario globale. Con possibili ricadute anche sulle banche vigilate, come accaduto nel caso Archegos.
Il caso Archegos
Un esempio recente di dissesto finanziario citato dal rapporto del Fsb è infatti proprio quello del sedicente family office Archegos, che in effetti operava con un leverage superiore a quello di molti hedge funds. «Dalla fine del 2020 fino al default l’esposizione di Archegos era cresciuta esponenzialmente fino a 163 miliardi di dollari - ricorda Fsb - principalmente attraverso l’utilizzo di derivati azionari finanziati da banche globali». Nessun problema fino a quando nel marzo 2021 il crollo del valore di alcuni suoi investimenti costrinse Archegos ad aumentare i margini call ai suoi “prime broker”.
Davanti all’incapacità di ricostituire i margini, «alcune controparti di Archegos cercarono di vendere i titoli che avevano ricevuto in garanzia come collaterale». Missione che si rivelò praticamente impossibile da realizzare poiché l’esposizione di Archegos era altamente concentrata su un piccolo gruppo di emittenti azionari. «I prime brokers si accorsero di detenere fino al 45% del flottante di otto titoli azionari, livello che rappresentava circa 18 volte gli interi scambi giornalieri».
Le lacune
Un caso che, oltre al comportamento fraudolento di Archegos, secondo l’Fsb ha evidenziato «forti carenze nel risk management dei prime brokers che avevano concesso crediti ad Archegos, oltre ad evidenti lacune nei processi di due diligence, di governance e delle strutture organizzative interne». Come è potuto accadere un caso come Archegos, che dal sistema ombra è arrivato a creare ingenti perdite a una banca delle dimensioni di Credit Suisse? «Una risposta è che queste posizioni erano opache e nascoste alle Autorità e ai prime brokers, che erano consapevoli solo del credito che erogavano - conclude Fsb ricordando che un completo “transaction reporting” ora viene richiesto negli Usa ma in altre giurisdizioni ciò accade solo per transazioni tra controparti locali.
Per questo motivo FSB sollecita l'adozione di una regolamentazione internazionale dello shadow banking da approvare in sede di G20. Se arriverà, non sarà prima del 2024. Chissà se sarà ancora in tempo per scongiurare una nuova crisi finanziaria globale.
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