sfilate e coronavirus

Shanghai, al via la fashion week virtuale. Modello per Milano? Capasa:«Non al 100%»

Il presidente della Camera nazionale della moda comunicherà il destino delle sfilate maschili di giugno entro questa settimana.

di Marta Casadei

3' di lettura

Mentre la pandemia di Covid-19 imperversa in tutto il mondo, la Shanghai Fashion Week è ai blocchi di partenza. Considerando che le città cinesi - Shanghai inclusa - sono ancora nella fase di progressivo risveglio dopo quasi due mesi di quarantena e che i viaggi, nella maggior parte dei Paesi che di norma sarebbero coinvolti nella fashion week menzionata, sono off-limits (la Cina, oltretutto, mette in quarantena chi arriva dall’estero), l’avvio delle sfilate di Shanghai è possibile solo perché si tengono in modalità virtuale.

Sfilate in streaming e instantly shoppable: la ricetta di Shanghai

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La Shfw, complice un approccio sviluppato con Tmall del gruppo Alibaba, punta a coinvolgere un’audience globale, offrendo ai propri ospiti virtuali (in tutto il mondo) un’esperienza nuova, pensata per ovviare alle difficoltà logistiche del momento. Ma senza troppe limitazioni. La fashion week, infatti, sarà lunga una settimana (fino al 30 marzo) e darà spazio a 150 tra marchi cinesi e internazionali tra cui Diane Von Furstenberg. Le sfilate saranno trasmesse su Tmall e Taobao Live (il canale live streaming di Alibaba). E parte dei capi saranno subito acquistabili.

Fashion week virtuale: un modello per Milano?

A tre mesi dalle sfilate maschili in calendario dal 20 al 24 giugno - e con il Paese in lockdown, per ora, fino al 3 aprile (la Lombardia, invece, è chiusa fino al 15 aprile) e la pandemia «in accelerazione» (secondo quanto dichiarato dall’Oms) in tutto il mondo, Usa compresi - viene spontaneo chiedersi se, dopo aver annullato le sfilate cruise previste tra fine aprile e maggio, le istituzioni e il sistema moda italiano (e occidentale) non debba soffermarsi sull’opzione fashion week virtuale in modo più deciso. Mentre alcune manifestazioni legate al settore fashion nel mondo sono state cancellate (la Tokyo fashion week, per esempio) e i rumor parlano già dell’annullamento della moda uomo parigina, a Milano alcuni designer - come Giorgio Armani, in questo articolo di Angelo Flaccavento - hanno già detto di aver già lavorato sulla collezione primavera-estate e di essere pronti a concluderla a giugno, prima di presentarla in passerella.

Capasa: «Settimana virtuale? Una forzatura»

Il punto di vista di chi organizza la fashion week, però, non è totalmente favorevole alla virtualizzazione dell’evento. Nonostante l’alternativa potrebbe essere la cancellazione ( il nodo verrà sciolto in settimana): «Noi siamo favorevoli alla trasmissione in streaming delle sfilate - dice Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana - e, a febbraio, siamo stati i primi a farlo con il progetto “China we are with you”, per coinvolgere il pubblico cinese. Con ottimi risultati: 16 milioni di persone hanno visto i nostri eventi tramite la piattaforma Tencent e 9 milioni su Sina Weibo. L’idea di una fashion week interamente virtuale, però, non mi convince. Mi sembra una forzatura».

Per Capasa i limiti della fashion week completamente virtuale non sono tecnologici - «le piattaforme ci sono», dice - ma soprattutto di contenuto: «Un conto è utilizzare il web come supporto alla diffusione dei contenuti che sono stati pensati e realizzati per una fashion week “fisica”, un altro è strutturare una settimana della moda virtuale al 100%: temo che i contenuti non sarebbero dello stesso livello. Bisognerebbe costruire contenuti ad hoc». Per il presidente di Camera moda il web sarà uno strumento importante sul piano commerciale: «Un supporto per le vendite B2B, come già in parte avvenuto a febbraio».

Bizzi (White): «La quarantena ci insegna che il contatto è chiave»

Anche Massimiliano Bizzi, fondatore di White, salone della moda contemporary che anima la fashion week milanese in zona Tortona, non è convinto della fattibilità di un evento al 100% virtuale: «Bisognerebbe inventarsi qualcosa di totalmente nuovo e diverso. Trasmettere in streaming una sfilata fatta magari a porte chiuse non può essere la soluzione: mancherebbero energia ed emozioni, elementi chiave nella moda», dice. Bizzi, che sottolinea come «sia un momento difficilissmo per il nostro settore, fermo da monte a valle: l’epidemia di coronavirus sta avendo un impatto su due stagioni», ritiene che proprio la situazione attuale stia facendo riflettere sui limiti della Rete: «Adesso che siamo costretti a fare davvero tutto online ci accorgiamo di quanto la componente umana, dell’incontro, sia ancora davvero decisiva. Penso che per i grandi compratori che fanno acquisti importanti sia difficile fare tutto a distanza, con il computer. Certo, meglio questo di niente».


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