Sì di Budapest su aiuti a Kiev e minimum tax, ok Ue a esborsi
Via libera ai 5,8 miliardi del Pnrr ungherese, ridotti fondi di coesione congelati
di Beda Romano
2' di lettura
Dal nostro inviato - Bruxelles. Con un compromesso dell’ultimo minuto, l’Ungheria è tornata nei ranghi, dando il suo benestare ad aiuti finanziari per l’Ucraina del valore di 18 miliardi di euro e ottenendo in cambio l’accordo dei suoi partner sul proprio piano di ripresa e resilienza. L’intesa chiude, almeno provvisoriamente una grave diatriba tra Bruxelles e Budapest, e permette altresì all’Unione europea di fare proprio l’accordo internazionale sulla tassazione minima delle multinazionali.
Il pacchetto finanziario a favore di Kiev sarà composto di prestiti della durata decennale (si veda Il Sole 24 Ore del 9 novembre). In cambio della decisione dell’Ungheria di togliere il veto sugli aiuti all’Ucraina, i suoi partner europei hanno dato l’atteso via libera al piano di ripresa e resilienza ungherese del valore di 5,8 miliardi di euro. Hanno anche ridotto l’ammontare dei fondi di coesione che rimarranno congelati fin tanto che Budapest non avrà introdotto una serie di misure per venire incontro ai dubbi sullo Stato di diritto nel Paese (il totale scende dai 7,5 miliardi proposti dalla Commissione a 6,3 miliardi di euro).
Infine, ultimo tassello del compromesso, l’Ungheria ha tolto il veto anche al provvedimento che permette all’Unione europea di fare proprio l’accordo internazionale sulla tassazione minima delle multinazionali. La direttiva prevede norme comuni nel calcolare l’aliquota minima effettiva del 15%, decisa da 137 paesi a livello Ocse.
Rimane da negoziare l’altro tassello del provvedimento, ossia la formula per calcolare la percentuale di utili tassabili in ciascuna giurisdizione di riferimento.
L’accordo tra i Ventisette chiude annose questioni, alcune delle quali aperte da tempo (si veda Il Sole 24 Ore del 7 dicembre). Al tempo stesso la vicenda ha messo in luce l’abitudine dell’Ungheria di mettere il veto. Già in passato, nel 2021, Budapest aveva bloccato due dichiarazioni comunitarie, una relativa alla Cina e l’altra relativa alle violenze tra israeliani e palestinesi. Il Paese ha poi complicato ripetutamente l’adozione di sanzioni contro la Russia, sulla scia della guerra in Ucraina.
«Non possiamo trasformare l’Unione in una sorta di “vetocrazia” dove si usa il veto quando si vuole», ha detto nei giorni scorsi il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni in una intervista a Politico. «Non c’è nulla sulla tassazione delle imprese internazionali o nel sostegno all’Ucraina, che sta turbando l’interesse nazionale sostanziale dell’Ungheria, nulla... è un veto per il veto», ha detto l’ex premier italiano. Il passaggio alla maggioranza in alcuni campi sensibili, tuttavia, è argomento controverso.
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