Siccità, dopo i fondi si attende il commissario. II prossimo passo del piano
Dopo l’Umbria, anche dalle Marche è arrivato il via libera all’ordine del giorno per chiedere l’estensione alla propria Regione
I punti chiave
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Con il via libera allo stato di emergenza, e il conseguente stanziamento dei fondi per cinque Regioni italiane, il governo si appresta ora a varare il decreto con il quale scegliere il commissario straordinario per far fronte all’emergenza siccità in Italia. Nel frattempo a fare il punto è stato il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che ha elencato le numerose problematicità del sistema idrico del Paese, sottolineando la parcellizzazione degli attori coinvolti e la mancanza di capacità organizzativa da parte dei concessionari. Criticità sulle quali è posta l’attenzione del governo per «interventi a breve termine».
Il primo stanziamento
Comuni e Regioni continuano senza sosta a emanare ordinanze per contenere lo spreco d’acqua e aiutare il mondo dell’agricoltura ormai allo stremo. Con lo stato di emergenza varato ieri sera, sono arrivati i primi fondi per cinque regioni: 10,9 milioni all’Emilia Romagna, 4,2 milioni al Friuli Venezia Giulia, 9 milioni alla Lombardia, 7,6 milioni al Piemonte e 4,8 milioni al Veneto. Si tratta di circa 36 milioni che consentiranno ai governatori di far fronte all’emergenza idrica, anche se è opinione comune che serva un intervento strutturato nel tempo da parte del governo.
Altri territori in sofferenza
«Per farlo - dice il presidente lombardo, Attilio Fontana - serviranno risorse enormi che dovranno essere prese dal Pnrr». E per questi interventi «certamente non basteranno» i 9 milioni messi a disposizione della Regione. Dello stesso parere il sindaco di Milano, Beppe Sala, che ha già chiuso le fontane in città. «Capisco tutti i problemi del governo - spiega - ma di fronte a un problema del genere l’osservazione che mi sono fatto vedendo questa misura è: apprezzo lo sforzo ma è proprio poco». Ma sono anche altre le Regioni che hanno fatto richiesta dello stato di emergenza. Dopo l’Umbria, oggi dalle Marche è arrivato il via libera del consiglio regionale all’ordine del giorno per chiedere l’estensione del provvedimento alla propria Regione. Cosa che arriverà a breve anche dalla Toscana, come ha annunciato il governatore Eugenio Giani per alcune zone della regione in particolare difficoltà.
L’agricoltura fa la conta dei danni
Intanto Coldiretti stima nel 44% del made in Italy a tavola coinvolto dall’emergenza. «Le cinque Regioni più colpite rappresentano il 76% del grano tenero per fare il pane, l’88% del mais per l’alimentazione degli animali, il 97% del riso, ma allevano anche il 66% delle mucche e l’87% dei maiali nazionali». Dati che suonano come un campanello d’allarme anche per la Cia, secondo la quale «ancora altri 10 giorni di siccità e la produzione nazionale di mais rischia di essere irrecuperabile». Un sistema al collasso dunque, sul quale la stessa Confragricoltura ha chiesto un ulteriore investimento da parte del governo.
Italia indietro negli investimenti
Secondo il ministro delle Infrastrutture Giovannini, le criticità del sistema idrico sono da ravvisare nella frammentazione degli attori coinvolti, nella mancanza di capacità organizzativa da parte dei concessionari selezionati dalle Regioni e la limitata capacità di spesa da parte degli enti attuatori degli investimenti. «La carenza di investimenti negli anni passati - ha detto in audizione in Senato - ha portato l’Italia negli ultimi posti in Europa per investimenti pro capite annui, nonostante sia uno dei Paesi più idro-esigenti sia nel settore industriale che nell’agricoltura». L’augurio del ministro è che questa drammatica situazione «abbia spazzato via il negazionismo climatico».
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