Interventi

Sicurezza alimentare, perché Usa e Ue non sono più così lontani

di Francesco Bruno

(Andrea Ninni / AGF)

3' di lettura

Dopo oltre 10 anni di interruzione, a partire da fine febbraio riprenderà il commercio di molluschi - come cozze, vongole, ostriche e capesante - tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. Bruxelles e Washington hanno raggiunto un accordo sul riconoscimento reciproco di alcuni standard di sicurezza alimentare. Per molti si tratta di un segnale importante di disgelo tra universi con sistemi normativi profondamente diversi, ma in realtà le distanze tra Usa e Ue negli anni si sono molto accorciate.

Il “messaggio” che passa attraverso i mass media è che le opinioni pubbliche (europea e americana), che ovviamente hanno un ruolo determinante nell'influenzare politiche e scelte legislative, abbiano indirizzi diversi. Particolarmente attenta ai profili salutistici e ambientali, nonché prudente di fronte all'evoluzione tecnologica applicata agli alimenti, quella europea, più aperta allo sviluppo della scienza per ragioni nutrizionali e meno “spaventata” dalle conseguenze sull'ambiente e sulla salute derivanti dalla commercializzazione di prodotti diversi da quelli convenzionali, quella nordamericana.

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Questa interpretazione, in realtà, non è corretta. Il diritto europeo (e di conseguenza, quello italiano) si contraddistingue per un'applicazione (al limite del metagiuridico) del principio di precauzione. Una autorizzazione sanitaria preventiva al commercio di alimenti che li presuppone (totalmente) privi di rischi per la salute, un complesso sistema di Agenzie a livello “centrale” europeo e nazionale, una attenzione regolatoria ai profili di sostenibilità ambientale dell'attività produttiva, nonché una suddivisione tra scelta politica di gestione del rischio. Ma con l'adozione del Food Safety Modernization Act (FSMA) nel 2011, gli USA hanno sostanzialmente ricalcato il sistema alimentare europeo di food safety per come si è evoluto con il regolamento UE 178/2002, coniugando principio di precauzione ed esigenze di libera circolazione dei prodotti. Perciò, anche nel diritto nordamericano - seppur con tutte le sue peculiarità in quanto fondato sulla common law - assumono centralità la filiera alimentare, l'etichetta e i messaggi sulle proprietà del prodotto alimentare, nonché le istituzioni, ossia la Food and Drug Administration (FDA) e lo USDA (lo US Department of Agriculture, il dicastero agricolo).

Diritto alimentare europeo e statunitense non sono, dunque, due sistemi in contrapposizione. Anzi oggi dialogano e si condizionano vicendevolmente come accade per la protezione del consumatore. Sia in UE che negli USA, infatti, il cittadino è responsabilizzato dal ricevere informazioni che gli consentano di effettuare scelte consapevoli e diviene soggetto attivo della filiera. Questo aspetto si rinviene in particolare in due casi: nella disciplina degli alimenti a “elevato livello” tecnologico (prodotti funzionali, integratori alimentari, novel foods e OGM) e nei profili di food health collegati a noti casi giurisprudenziali su obesità e junk food. A tal proposito, in riferimento alle applicazioni tecnologiche alimentari avanzate, occorre ricordare che la food law statunitense dispone di una serie di procedure molto simili a quelle europee per l'utilizzo di nomi ingannevoli nei confronti del cittadino.

Ma la questione della salute collegata al consumo di alimenti unsafe non è più correlata esclusivamente alla libertà del privato. Essa sta divenendo un problema collettivo, che necessita di uno strumentario giuridico differente, che fuoriesce da quello tipico “privatistico” e diviene trasversale. Perciò i legislatori (statunitense ed europeo) sono indirizzati verso il trasferimento dalla collettività alle imprese dei costi subiti dal singolo cittadino per la mancanza di food health, come avvenuto con i danni da tabacco e tutela ambientale. D'altra parte anche nel diritto nordamericano assumono centralità la filiera alimentare, l'etichetta e i messaggi sulle proprietà del prodotto alimentare e le definizioni di alimento e consumatore, nonché le istituzioni del sistema, ossia la FDA, lo USDA (lo US Department of Agriculture) e le altre Agenzie.

Tra Europa e Stati Uniti permangono tuttavia alcune diversità: ad esempio nel rapporto tra territorio e alimento. In UE il primo viene considerato come una “espressione immateriale” da valorizzare ai fini commerciali del prodotto, in quanto di per sé valore, tradizione e qualità dell'alimento. Nell'ordinamento statunitense, al contrario sono le comunità rurali (e non solo, anche gli indigenti attraverso i food stamps) i soggetti meritevoli di aiuto. Il territorio assume rilievo ai fini della preservazione ambientale o perché assicura il più possibile al consumatore, collegato in quella che noi chiameremmo filiera corta, un cibo sano ed ecocompatibile. Tale differenza auspicabilmente in futuro potrebbe essere anch'essa eliminata, attraverso il dialogo, lo scambio di idee tra studiosi e attività di ricerca condivise, orientate all'individuazione di comuni identità e valori.

Francesco Bruno è Professore Ordinario di Diritto Alimentare presso Università Campus Biomedico di Roma - Founding Partner di B – Società tra Avvocati

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