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Sicurezza, finirà in carcere chi non manda i figli a scuola. Ecco le misure del governo Meloni

Contro disagio giovanile, povertà educativa e criminalità minorile il governo Meloni mette in campo un pacchetto di norme che viaggia spedito verso il Consiglio dei ministri

di Ivan Cimmarusti, Giovanni Negri

Decreto Caivano, Garlatti: l’inasprimento del sistema penale non è la soluzione

3' di lettura

Le misure sono drastiche. Contro disagio giovanile, povertà educativa e criminalità minorile il governo Meloni mette in campo un pacchetto di norme che viaggia spedito verso il Consiglio dei ministri di oggi. Gli stupri di Caivano e Palermo, ma anche l’omicidio del 24enne musicista Giovanbattista Cutolo hanno messo lo sprint a un dossier sicurezza già da tempo tra gli obiettivi della premier. Si vuole arginare il degrado sociale che tiene sotto scacco le aree periferiche e degradate del Paese, sia attraverso un inasprimento di pene e sanzioni, sia con investimenti per fronteggiare le vulnerabilità sociali.

Quadro allarmante

Le relazioni del ministero dell’Interno, arricchite da report investigativi, stanno tracciando un contesto allarmante che ruota attorno alla criminalità minorile. Emblematico il caso delle baby gang, che si ispirano o hanno dirette connessioni con le tradizionali organizzazioni criminali italiane, come ’ndrangheta e camorra. La bozza del dl ha l’ambizioso obiettivo di intervenire anche su questa piaga. C’è la perdita della potestà genitoriale quando i figli minori siano stati condannati per mafia o per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. In particolare, si intende integrare l’articolo del codice penale sull’associazione mafiosa, il 416-bis, e il Testo unico sulla droga: «Quando è coinvolto un minore il giudice, con la sentenza di condanna, dispone la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica» che potrà chiedere al Tribunale civile di innescare il procedimento per la revoca potestà genitoriale.

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Reclusione fino a 2 anni se figli non vanno a scuola

I rischi per padri e madri che non vigilano correttamente sui propri figli vanno anche oltre. L’intenzione è di introdurre l’articolo 570-ter al codice penale, prevedendo che il genitore che non manda alla scuola dell’obbligo il figlio «è punito con la reclusione fino a due anni» al posto dell’attuale multa di 30 euro. A ciò si aggiunga che la bozza di dl prevede un’ulteriore sanzione: «Non ha diritto all’Assegno di inclusione il nucleo familiare per i cui componenti minorenni non sia documentata la regolare frequenza della scuola dell’obbligo».

In mancanza di querela verso un minorenne da 14 anni in su accusato di percosse, lesioni, violenza privata, minacce e danneggiamento verso altro minore, si applica la procedura dell’ammonimento. I genitori rischiano una sanzione pecuniaria da 200 a 1.000 euro.

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Stretta su custodia cautelare

Molto significativa la revisione delle condizioni per applicare la custodia cautelare dei minorenni: la detenzione preventiva sarà così possibile nei confronti degli indagati e degli imputati per reati che prevedono un massimo di pena superiore a 6 anni (sinora erano 9). E la custodia cautelare diventa possibile, in ogni caso, quando si procede per i reati di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e per i furti, oltre al traffico di stupefacenti.

Rivisto di conseguenza anche il limite di pena per l’applicazione delle misure diverse dalla carcerazione anticipata, il limite di pena si abbassa da 5 a 4 anni.

A parziale bilanciamento si interviene anche sull’istituto della messa alla prova, di particolare rilevanza vista l’età degli indagati, con sospensione del procedimento fino a 6 mesi, nel caso di reati con pena detentiva non superiore a 5 anni. La bozza di decreto prevede anche il reinserimento e la rieducazione civica del minore. Si punta a istituire una definizione anticipata a condizione che il minore svolga lavori socialmente utili anche con enti no profit.

Inasprito poi il trattamento sanzionatorio sulla detenzione illegittima di armi con sanzioni che aumentano per le varie fattispecie, con misure più severe nel caso di riunioni pubbliche.

La vittima di un reato consumato online può chiedere l’oscuramento o la rimozione dei propri dati ai siti e ai social: la vittima di un reato commesso per via telematica può infatti inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale sui fatti di reato di cui è stato vittima diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche se la condotta non è rilevante per i casi disciplinati dal Codice della privacy o da altre norme penali. In caso di richiesta non evasa nelle successiva 48 ore (al massimo) la domanda deve essere inviata al Garante della privacy.

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