Aftermaket - App e musica a bordo

Sicurezza, sostenibilità e confort grazie agli aggiornamenti hi tech

di Mario Cianflone

3' di lettura

Possedete un’auto recente? Senza problemi di meccanica, in ordine di carrozzeria e a basse emissioni, magari una ibrida con qualche primavera, una compatta a benzina o anche una diesel premium Euro 6? E l’unica cosa che manca è un sistema di infotainment decente con Google Map (il suo infotraffico) e Spotify? E soprattutto siete stufi dell’orrendo impianto di serie con grafica triste (alcune tedesche e giapponesi di 5/6 anni fa fanno rabbrividire), prestazioni orrende, retrocamera tremolante e gestione del Bluetooth tipo «Ehii!! Mi senti, che hai detto???». E magari visto che il navigatore di serie, pagato anni fa, fior di soldi, fa pietà, andate in giro con lo smartphone appiccicato in plancia. Ecco, la soluzione è semplice e si chiama aftermaket: comprare un sistema di infotainment nuovo di pacca con tutto il ben di Dio che la moderna tecnologia digitale può offrire compresa l’integrazione con lo smartphone. E così una macchina, magari usata, perché adesso con il chip shortage il nuovo scarseggia, risorge a nuova vita, diventa una connected car e poco ha da invidiare a una nuova. E, per inciso, anche se comprate un modello di ultima generazione con infotainment della casa, spesso userete (e nel 90% dei casi è consigliabile) le funzioni di mirroring di Google Android Auto e Apple Carplay che integrano lo smartphone nel sistema di bordo rendendo di fatto uguale l’interfaccia utente in ogni vettura ogni vettura. Ma torniamo al «refitting» La situazione è semplice se la vettura monta di fabbrica un sistema “doppio Din” cioè un’unità grande due volte la vecchia autoradio (quella che Toto Cotugno non ha ancora tolto da sotto il braccio). Più complicato, ma non impossibile,se invece c’è un display a mensola che fuoriesce sulla plancia.

Sull’aftermarket si trovano, soprattutto online e qui, vince Amazon, modelli di case come Sony o Pioneer che però il più delle volte non si basano su Android ma su un sistema operativo proprietario privo della flessibilità di un sofware open (nessuno store per le app) . E poi una miriade di brand cinesi, fra i quali spicca Atoto. C’è da fidarsi? La risposta è sì. Si tratta di un marchio che gode di buona reputazione (anche sui social) è rappresenta nell’infotainment quello che Oppo o Xiaomi sono nel mondo del mobile. Propone modelli (come quelli appartenenti alla Serie 8) con sistema operativo Android e già questo basta perché è di fatto un tablet: ci sono, senza collegare il proprio smartphone, i servizi di Google e le app del Play Store: da Spotify ad Amazon Music, alla navigazione con Waze o Sygic fino alle app da nerd auto-manicali come Torque Pro. E non mancano porte usb a profusione, slot per la sim dati, wifi, bluetooth con vivavoce dotato di algoritimi per la cancellazione del rumore e la possibilità di collegare videocamere ad alta definizione. E, ovviamente, Carplay e Android auto. L’istallazione è semplice: chi è pratico del fai da te lo può fare, ma è meglio affidarsi a un professionista che è in grado di gestire la parte difficile: interfacciare i comandi al volante.

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Insomma, con una spesa sotto i 400 euro si aggiorna la propria vettura a vantaggio del divertimento ma soprattutto della sicurezza (armeggiare con Whatsapp e Spotify sullo smartphone alla guida è vietato ed è letale. E non va dimenticato l’aspetto ora di moda: quello della sostenibilità e della circolarità. Non serve rottamare la propria auto in buono stato: la si può aggiornare e rendere moderna.

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