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Silk Faw, ultimo round per ripartire Salvataggio appeso ai soci cinesi

Il nuovo vertice Giovanni Lamorte: «Mancano le risorse finanziarie, perché la guerra ha ostacolato lo smobilizzo degli investimenti da parte dei fondi coinvolti»

di Ilaria Vesentini

3' di lettura

«Abbiamo ancora una trentina di dipendenti al lavoro, che stiamo tutelando con un contratto di solidarietà, l’accordo di programma con il Comune di Reggio Emilia è tuttora attivo e c’è un gentleman agreement con la proprietà del terreno di Gavassa su cui costruire lo stabilimento. Mancano le risorse finanziarie, perché la guerra ha ostacolato lo smobilizzo degli investimenti da parte dei fondi coinvolti, ma ci saranno presto novità. Tra una decina di giorni saremo pronti a diffonderle».

Il nuovo vertice

Giovanni Lamorte, che ha preso le redini di Silk Sports Car Company (ex Silk-Faw) dopo la scomparsa, lo scorso 26 novembre, dell’Ad Katia Bassi, risponde così al coro unanime nella motor valley che dà per defunto a Reggio Emilia anche il progetto della grande fabbrica di hypercar elettriche, annunciato in pompa magna nella primavera del 2020 e rimasto solo su carta. Tra una decina di giorni – questa potrebbe essere la notizia – dovrebbe però arrivare dalla Cina una delegazione in carne e ossa di rappresentanti del governo di Xi Jinping che controlla Faw, il più antico e grande gruppo automobilistico. Il soggetto credibile che con una quota di minoranza del 15% aveva dato vita tre anni fa alla joint venture con il finanziere americano Jonathan Crane, fautore del mastodontico piano da centinaia di milioni di euro di investimenti e mille posti di lavoro diretti per sviluppare e-car di lusso a marchio Hongqi.

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Lamorte non cita esplicitamente né Faw né l’automotive, ma annuncia che «i cinesi stanno pianificando una visita in Italia, dopo due anni di pandemia e di videoconferenze, ora che il governo ha sbloccato le Visa in entrata e in uscita». Sarebbe il segnale di svolta e l’occasione per raccontare «le novità alle quali stiamo lavorando, ma che annuncerò a cose fatte per non ripetere gli errori del passato - rimarca l'Ad –. Il mio obiettivo come responsabile dell’azienda è tenerla in piedi e continuare a fare il necessario per essere pronti a partire quando i finanziamenti arriveranno. In America non funziona come in Italia, dove si fa un contratto di finanziamento, si mette la data e si pianifica. Oltreoceano gli investitori sposano un piano, lo firmano e quando arrivano i soldi lo fanno partire, ma spostano i capitali solo quando ci guadagnano e la guerra russo-ucraina ha bloccato tutto».

Il terreno di Gavassa

A incuriosire è il fatto che il settore di attività in cui risulta operare, da visura camerale, Silk Sports Car Company Srl è “Biotecnologie e scienze della vita”, ma nulla si riesce a sapere di chi ci sia e con che quote dietro Silk-Faw Automotive Group Holdings Limited basata alle Cayman, azionista di riferimento finale post estate 2022, periodo in cui il mancato rogito per l’acquisto del terreno dietro alla stazione Mediopadana mise a nudo l'inconsistenza degli impegni di Crane. «Quel che è certo – sottolinea il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi - è che l’ambiziosa start up, perché questa è di fatto Silk Sports Car, non ha finora beneficiato né di aiuti pubblici né di varianti urbanistiche. Il terreno di Gavassa di interesse degli investitori era già per l’80% a destinazione produttiva, avevamo avviato la variante urbanistica per la quota residuale agricola, necessaria per arrivare ai 320mila mq di area industriale richiesta, ma appena abbiamo nasato le difficoltà abbiamo fermato tutto. In astratto è vero che il progetto è ancora in campo, ma nei fatti è stato derubricato dall’agenda della città. Continuiamo a tenere rapporti con i vertici aziendali per avere certezza degli adempimenti verso i dipendenti ed è chiaro che laddove ci dovesse essere un rilancio dell’iniziativa privata agiremo di conseguenza. Penso però che arrivassero ora le risorse finanziarie, c'è un problema maggiore di credibilità talmente compromessa con gli stakeholder da renderne impossibile il decollo».

Timori di fine corsa

Anche Fabio Storchi, ex presidente degli industriali reggiani e di Federmeccanica, grande sostenitore del sogno della fabbrica di auto elettriche a Reggio Emilia, è oggi disilluso: «Avrebbe dato slancio al nostro territorio e all’indotto in un momento storico in cui sull’elettrico si gioca il futuro industriale dell’Europa, ma non ci credo più. Mi risulta che Kane abbia fatto una sforzo finanziario per pagare i fornitori ma un progetto di tale portata richiede l'intervento di fondi internazionali».

Che il progetto non sia più credibile lo sostengono da tempo anche i sindacati, via via che si sfilavano prima i grandi nomi dell'automotive chiamati a disegnare il progetto e poi oltre 40 dipendenti. «Aspettiamo la parola fine», chiosa Giorgio Uriti, segretario generale Fim Cisl Emilia Centrale. O forse l’arrivo dei cinesi.

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