Consapevolezza e unicità nelle storie dei campioni
Simone Barlaam
Il pesciolino Nemo si è fatto campione: «L'acqua è la mia salvezza».
Il pesciolino Nemo è diventato uomo e ha appeso alla pinna ben quattro medaglie paralimpiche, un oro nei 50 stile S9, due argenti e un bronzo. L'acqua come liquido amniotico perfetto, come libertà pura: è quella che prova Simone in piscina. Era il pesciolino Nemo, spaventato e impaurito quando ci è entrato le prime volte, piccolissimo. È nato con ipoplasia del femore destro, aggravata da una frattura del medesimo osso al momento della nascita. Una parete del 10° grado da scalare, pronti via, al primo minuto di vita. Poi verranno una dozzina di interventi chirurgici, le migliori cliniche ortopediche del mondo, la difficoltà - pena fratture in serie - di camminare e l'acqua come unico luogo in cui stare bene, come la più democratica delle repubbliche che ci rende uguali e leggeri, e il nuoto come umana via di fuga al dolore: «L'acqua è stata la mia salvezza». Attesissimo a Tokyo, con i record mondiali che detiene e le medaglie internazionali già collezionate in questi anni di fresca carriera, Simone, che è quasi un fratello minore di Federico Morlacchi, non paga il brivido del debutto paralimpico. Divora i 50 stile S9 con bracciate voraci ed eleganti, sconquassa il record paralimpico e al russo Denis Tarasov non resta che guardare sconsolato il tabellone: «Non è facile gareggiare con le aspettative di tutti sulle spalle, me la stavo facendo sotto, comunque è andata bene. Cosa provo? Per ora sono stanco, ma anche euforico e carico». Dà una mano decisiva alle staffette ma avrebbe potuto vincere di più, se ci fosse stata la sua gara: i 100 stile S9 di cui detiene il record del mondo. Sarà per Parigi 2024. La strada è lunga, quasi quanto quella parata di cartelloni pubblicitari che lo ritraggono, enorme e bello come un kouros greco, alla Stazione Termini di Roma. Ma Simone, con sagace autoironia, sorride: «Resto con il piede per terra».