intervista

Siri: «Taglio Ires e flat tax per tutti nelle priorità fiscali della Lega»

di Manuela Perrone

(Imagoeconomica)

5' di lettura

Flat tax per tutti entro tre anni, quoziente familiare con «una deduzione fissa per ogni componente del nucleo familiare per assorbire in modo equo le attuali tax expenditures», taglio significativo dell’Ires e abolizione progressiva dell’Irap. Passerà da qui, spiega al Sole 24 Ore Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture e consigliere economico di Matteo Salvini, la «proposta economica della Lega per l’Italia dei prossimi 20 anni» annunciata ieri dal vicepremier del Carroccio. Un piano che partirà dall’abbassamento del primo scaglione Irpef (oggi al 23%) per dipendenti e famiglie. E le coperture? «La scommessa - afferma Siri - si gioca sull’Europa».

Un anno fa parlavate di flat tax per tutti. Poi il bagno di realtà.

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L’introduzione di una flat tax per società, persone fisiche e professionisti è la nostra proposta cardine di riforma del fisco. Abbiamo cominciato con le partite Iva: 1,5 milioni di professionisti pagheranno il 15% di imposte. Un risparmio netto nel 2020 di 2 miliardi. La strada maestra è stata imboccata: siamo solo all’inizio di una riforma che per essere completata richiederà almeno tre anni.

Salvini ha detto che state lavorando al quoziente familiare, vecchia idea non solo della Lega. Con potenziali effetti distorsivi...

Il quoziente familliare sarà preso in esame assieme a una deduzione fissa per ogni componente del nucleo familiare, che assorbirà in modo equo le attuali cosiddette tax expenditures. Quella miriade di voci e vocine, scontrini, ricevute e dichiarazioni che dobbiamo allegare alla dichiarazione per ottenere l’abbassamento dell'imposta. L’obiettivo è duplice: riduzione del carico fiscale e semplificazione.

Come pensate di trovare le coperture per una maxiriforma del fisco se l’Italia rischia la recessione tecnica e sul solo 2019 pende già la tegola di un aumento Iva da 23 miliardi?

Sono allo studio diverse misure. C’è ancora molto che si può razionalizzare nel nostro sistema di entrate e uscite. Di certo la scommessa si gioca in Europa. A maggio potremo scegliere se avere un’Europa più vicina alle esigenze dei cittadini e quindi disponibile in casi di stagnazione e recessione come quelli che stiamo vivendo a modificare i vincoli di bilancio per consentire la ripresa, oppure confermare la situazione attuale. L’economia è ciclica e in certi momenti, come è accaduto negli Usa, si può aumentare il deficit per abbassare le imposte e finanziare gli investimenti pubblici. L'inflazione non è un dogma, è come la febbre: se è troppo alta muori, se è troppo bassa muori lo stesso. Serve equilibrio.

Capitolo imprese. Da una parte hanno incassato il taglio delle tariffe Inail e la mini Ires, dall’altro hanno subìto l’addio ad Ace e Iri. Un saldo che non risulta positivo: nel 2019 la pressione fiscale aumenta.

Il nostro obiettivo è ridurre significativamente e stabilmente per tutti l’Ires e abolire progressivamente l’Irap. Molte imprese hanno già beneficiato di questa prima tranche di riforma fiscale. Il nostro Paese ha enormi potenzialità e, nonostante la burocrazia e uno Stato con regole avverse, le nostre imprese ci permettono di essere ancora la settima potenza industriale del mondo e la seconda manifattura in Europa. Ma la sfida è ancora più grande: abbiamo il dovere di semplificare il più possibile il loro lavoro riducendo l’ingerenza della Pa.

Non per tutte le imprese le tasse diminuiscono. Si veda la web tax.

Da qui ai prossimi dieci anni è probabile che la maggior parte delle vendite non alimentari avvenga via web. Non mi entusiasma, ma il dato è che queste vendite sottraggono per la maggior parte base imponibile allo Stato. È concorrenza sleale nei confronti di coloro che hanno una bottega o un negozio sul territorio. Aspiriamo all’equità di trattamento.

Ma non avete mai valutato l’ipotesi di abolire gli 80 euro, recuperare ulteriori risorse e magari con 15-20 miliardi tagliare seriamente il cuneo fiscale a lavoratori e imprese?

Questa può essere un’ipotesi, ma la percorreremo solo se il risultato finale sarà l’effettiva riduzione delle imposte per il più ampio numero di persone e imprese possibile. L’obiettivo della riforma è quello di sostenere soprattutto il ceto medio.

Con gli alleati M5S non mancano le tensioni. La Tav si farà?

L’Italia soffre di un grande deficit infrastrutturale. Siamo intervenuti contro la scarsa manutenzione con la creazione di un’agenzia, anche se avrei preferito un commissario ad acta. Abbiamo investito, e molto al Sud, per affrontare il nodo delle opere di prossimità inadeguate o inesistenti. Poi ci sono le grandi opere. Non si costruisce la Tav per fare un dispetto a qualcuno o peggio ancora, come sostiene qualcun altro, per avvelenare la gente con l’amianto. Saremmo matti! Tutti gli studi hanno certificato che non c’è alcun pericolo. La vera certezza del malessere è che se continuassimo a far viaggiare migliaia di Tir su gomma impatterebbe in modo fatale sull’inquinamento ambientale. La ferrovia è di gran lunga più rispettosa dell’ambiente e più efficiente. L’Italia è la naturale cerniera di collegamento con tutti i traffici di merci provenienti da Suez. Non possiamo rimanere isolati da un business che vale 500 miliardi di euro l’anno e 5 milioni di posti di lavoro solo per principio. Al di là delle questioni strategiche, legittime, occorre che la valutazione dei costi e benefici dell’opera tenga conto delle esigenze complessive di modernità e sicurezza nella rete di trasporto.

In ballo ci sono altre partite cruciali per lo sviluppo del Paese. Penso a Tlc e logistica. Per cosa si batterà la Lega?

La Lega si batte per un Paese competitivo e moderno. Nelle telecomunicazioni deve essere chiaro che l’infrastruttura di rete, qualunque essa sia, deve essere sotto il controllo dello Stato perché è un settore di rilevanza strategica. Da lì passano tutti i dati sensibili e ne va della sicurezza nazionale. Questo non ci impedisce però di trovare i giusti accordi industriali con gli operatori. L’obiettivo è tutelare lo sviluppo e i posti di lavoro. Entrambe le cose si possano conciliare se prevalgono buon senso e buona volontà, non gli esibizionismi e i personalismi.

Spinoso pure il dossier Alitalia. Crede che la strada imboccata sia quella giusta?

Ferrovie dello Stato, che in questo momento è il player principale dell’operazione, sta concludendo la due diligence. Sono ottimista che avremo finalmente un vettore nazionale nel pieno delle sue potenzialità con partner industriali forti e credibili. Anche in questo caso la tutela dei posti di lavoro e della vocazione strategica della compagnia di bandiera ci hanno accompagnati nelle scelte di merito.

Sulle trivelle voi e il M5S avete idee molto diverse. Il ministro Costa giura: «Non firmerò mai alcuna autorizzazione».

Ci hanno sempre raccontato che l’Italia è un Paese che può contare solo sulla manifattura perché non abbiamo risorse energetiche. Non è vero. Non solo ci sono e anche molte, ma sono soprattutto pregiate. Si può sviluppare l'estrazione di idrocarburi in tutta sicurezza per l'ambiente e per le persone. È il minimo sindacale. Il ministro Costa è persona di buon senso. Sono certo troveremo una via giusta. Detto questo la nostra priorità rimane lo sviluppo delle energie rinnovabili, perché questo è il futuro.

Entro fine marzo il Senato voterà sul processo a Salvini. Il M5S conferma l’orientamento sul “sì”. Ci saranno conseguenze sul Governo?
Salvini ha agito nel pieno rispetto delle proprie prerogative di ministro, con il pieno appoggio di Governo e maggioranza, che in Senato ha il dovere per coerenza di respingere l’autorizzazione a procedere perché, se non lo facesse, sconfesserebbe se stessa. Non credo accadrà, ma se dovesse succedere è naturale che ci saranno delle conseguenze.

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