Slot e scommesse, nel 2020 l’erario perde 4,5 miliardi e con il lockdown cresce il gioco illegale
Il dato emerge dall’ultimo bollettino del Dipartimento delle entrate dei primi 10 mesi del 2020. E non è previsto alcun recupero di gettito per lo Stato negli ultimi due mesi caratterizzati da nuove chiusure e restrizioni per far fronte alla seconda ondata della pandemia.
di Marco Mobili
3' di lettura
Profondo rosso per il banco. L’effetto lockdown sul gioco legale ha prodotto per le casse dell'Erario una perdita superiore ai 4 miliardi di euro, stando almeno all'ultimo dato reso noto dal Dipartimento delle entrate con il bollettino delle entrate dei primi 10 mesi del 2020. E non è previsto alcun recupero di gettito per lo Stato negli ultimi due mesi caratterizzati da nuove chiusure e restrizioni per far fronte alla seconda ondata della pandemia. Considerando la chiusura dei punti gioco per quasi 6 mesi nel corso del 2020, la stima dei ricavi fiscali per lo Stato (complessivo per i due canali fisico ed online) a fine 2020 non raggiungerà i 7 miliardi di euro, pari a oltre 4,5 miliardi di euro in meno rispetto al 2019 (gli incassi statali dai giochi avevano superato gli 11 miliardi di euro, secondo i dati del Libro Blu dell'Agenzia delle Dogane).
Nel 2020 esplosione del gioco d'azzardo
In particolare, dei 4,5 miliardi di calo degli introiti erariali circa l'80% è imputabile alla perdita di gettito registrata dal canale retail (sale gioco, agenzie di scommesse e Bingo). Ma il banco perde non solo per le chiusure ma perché i giocatori si sono spostati sul gioco illegale. La conferma è arrivata direttamente dal direttore generale delle Dogane e dei Monopoli, prof. Marcello Minenna, il quale intervenendo a Uno Mattina ha rilevato che: «Durante il lockdown c'è stata una esplosione del gioco d'azzardo illegale a fronte di una contrazione del gioco legale. Numerosi sono stati gli interventi di repressione in più di 50 capoluoghi di provincia, controllando 250 sale illegali». Se si volesse provare a stimare l'erosione del gioco illegale su quello pubblico, Minenna ha puntato il faro sulla propensione al gioco dell'italiano che comunque, anche davanti alle restrizioni da Covid, ha continuato a giocare anche se, come detto, sul mercato legale si «è registrato un calo del 30%», ha aggiunto Minenna.
Mercato legale verso il rosso
Le chiusure e le misure di restrizioni ancora in atto non lasciano intravedere nulla di buono anche per il 2021 con il rischio di una ulteriore erosione del mercato legale in favore di quello d'azzardo e di fatto illegale. I rischi di chiusura delle attività economiche riguardano principalmente piccole imprese familiari di gestione di una agenzia di scommesse o esercizi pubblici a cui viene meno il contributo della raccolta di gioco attraverso apparecchi, necessario alla copertura di quota parte dei costi di gestione, quali le utenze, dell'esercizio stesso. Pur considerando i ristori, il rischio di chiusura si stima possa riguardare alcune centinaia di sale scommesse e sale giochi e diverse migliaia di bar, mentre il rischio occupazionale potrà interessare più di 30.000 addetti impiegati nella distribuzione fisica del gioco. Non da meno sul fronte dei concessionari. Sempre secondo Minenna: «L'emergenza epidemiologica e il blocco totale della raccolta del gioco pubblico che essa ha comportato nel periodo da marzo e fino alla fine di giugno e dal mese di ottobre a gennaio 2021 ha un impatto profondo non solo sulle entrate erariali derivanti dal gioco ma anche sugli stessi bilanci dei concessionari di Stato con effetti ancora totalmente da individuare sul quadro economico complessivo e sullo stesso equilibrio delle concessioni».
La crisi dei concessionari
Sono più di uno i punti di crisi del mercato e dei concessionari pubblici e vanno ricercati ne l tempo e soprattutto nella mancata riforma dell'intero comparto. Si va dalle contrazioni strutturali della domanda di gioco attraverso la tessera sanitaria, determinate dagli interventi normativi effettuati nel 2020 al calo di reddito delle scommesse, dovuto agli interventi sulle imposte. Ma merita attenzione anche la contrazione della domanda di gioco in relazione al minor reddito procapite così come la riduzione della rete di negozi dovuta alla crisi delle società di gestione ed una conseguente ulteriore riduzione di raccolta. Su tuti poi l'espulsione, in alcune regioni, delle attività di gioco da molti contesti urbani per effetto dell'applicazione di leggi regionali e comunali.
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