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Smart working, ecco per chi è certa la proroga del lavoro da remoto al 100% e per chi no

Rinvio fino al 30 giugno per i lavoratori fragili, contrasti interpretativi sull’applicazione del diritto al lavoro agile per i genitori con figli under 14

di Giorgio Pogliotti

Smart working under 14 e fragili, come funziona la proroga

4' di lettura

È forte il contrasto interpretativo sulla portata della norma del Milleproroghe che reintroduce dal 28 febbraio fino al 30 giugno il diritto al lavoro agile per i soli lavoratori dipendenti nel privato, genitori di figli minori di 14 anni. Diritto che può essere fatto valere a due condizioni: la prima è che nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito (per sospensione o cessazione dell'attività lavorativa) o che non vi sia genitore non lavoratore. La seconda è che la modalità di lavoro agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione da rendere. La legge di conversione del decreto legge 198/2022 (legge 14/2023) è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 49 del 27 febbraio 2023.

Fino al 30 giugno lavoro da remoto al 100% per i fragili

Viene prorogato il lavoro agile (in scadenza il 30 marzo) fino al 30 giugno per i lavoratori del pubblico e del privato “fragili”, cioè affetti da una lista di patologie gravi indicate dal ministero della Salute nel decreto del 4 febbraio 2022 (immunodeficienze, patologie oncologiche, pazienti che hanno avuto trapianti), contro il rischio al quale possono essere esposti.In questo caso i giuslavoristi concordano nell’interpretazione della norma nel senso del riconoscimento di un diritto al lavoro da remoto “integrale”, e che il ricorso al lavoro agile è riconosciuto anche in caso di incompatibilità delle mansioni con il lavoro da remoto (il lavoratore può essere adibito ad un’altra mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti), senza alcuna decurtazione retributiva.

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Due interpretazioni per l’esercizio del diritto dei genitori con figli under14

Mentre sulla portata della previsione normativa del Milleproroghe per il genitore di figlio minore di 14 anni nel privato si scontrano due correnti di pensiero: «Se nell'organizzazione aziendale non è previsto il lavoro agile, il genitore di figlio minore di 14 anni ne avrà comunque diritto - spiega Arturo Maresca, professore ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma - se, invece, l'azienda già prevede tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, il genitore ne avrà diritto secondo la disciplina già stabilita dall'imprenditore, quindi con l'alternanza giorni di presenza/da remoto e la collocazione temporale della prestazione valevole anche per tutti gli altri dipendenti». Questa interpretazione è condivisa da molti giuslavoristi e associazioni datoriali.Di contro, altri giuslavoristi e i sindacati sostengono che la norma, proprio per la mancanza di limitazioni espresse, garantirebbe un diritto assoluto a lavorare sempre al di fuori dei locali aziendali, dunque, a rendere la prestazione lavorativa sempre da remoto.

In questo scenario, in assenza di un’interpretazione univoca del legislatore attraverso una circolare del ministero del Lavoro, di fatto restano ampi spazi di incertezza sul tema.

Maresca: diritto da esercitare secondo la disciplina prevista dall’impresa

Ecco la riflessione del professor Maresca: «La norma si limita a riconoscere il diritto di tali genitori a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ma non ne definisce il contenuto e, segnatamente, la misura, dunque l'alternanza dei giorni di presenza e di lavoro da remoto. In tale prospettiva, è quindi sostenibile che il genitore di figlio minore di 14 anni, alle condizioni stabilite dalla norma , abbia il diritto al lavoro agile, diritto però da esercitare secondo la disciplina prevista dall'impresa». In sostanza, secondo Maresca, ad essere riconosciuto è il diritto del dipendente al lavoro agile, non già il diritto al lavoro da remoto che è cosa ben diversa (il lavoro agile prevede come requisito l'alternanza tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, senza la quale non si configura lo smart working). Dunque, «se l'attività viene svolta solo ed esclusivamente da remoto, non si tratta di lavoro agile, bensì di lavoro da remoto, cioè un rapporto di lavoro nel quale la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa si caratterizza per il fatto che il dipendente opera sempre e solo da remoto, senza alternanza.

A cosa serve allora la norma del Milleproroghe allora? «A riconoscere al lavoratore un diritto soggettivo perfetto che gli consente di pretendere ed ottenere il Lavoro agile che non è il lavoro da remoto, in tutte quelle aziende nelle quali il datore di lavoro non intende avvalersene e non utilizza il Lavoro agile per i propri dipendenti - conclude Maresca-.Il fatto, abbastanza frequente, che il datore di lavoro consenta ai dipendenti con figli fino a 14 anni di lavorare sempre da remoto, vuol dire soltanto che il datore di lavoro ha ritenuto, pur non essendo obbligato, di applicare un trattamento più favorevole».

Bottini: diritto allo smart working “integrale”

Ecco l’altro punto di vista, illustrato sulle pagine del Lunedì del Sole 24ore, dall’avvocato Aldo Bottini (Toffoletto De Luca Tamajo): «eventuali accordi esistenti (individuali o collettivi), che limitino solo ad alcuni giorni il lavoro da remoto, devono intendersi superati dalla norma di legge che sembra attribuire il diritto a uno smart working “integrale». Tuttavia, «a differenza che per i “fragili”, il diritto è espressamente condizionato alla compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione. Il che, oltre a precludere il lavoro agile a chi può solo lavorare in presenza, potrebbe lasciare aperta la possibilità di negare lo smart working “integrale” laddove si possa dimostrare che quest'ultimo sia incompatibile con la prestazione, ovvero che l'alternanza tra presenza e lavoro da remoto, prevista dagli accordi, sia indispensabile per svolgere le mansioni assegnate. Ma si tratta di una prova non facile, e quindi di una possibilità nella maggior parte dei casi più teorica che pratica».


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