Soave, Pieropan inaugura la nuova cantina e archivia un 2021 da record
Investiti 20 milioni di euro in una struttura innovativa integrata nelle colline. Fatturato in crescita a 5 milioni per 650mila bottiglie
di Giambattista Marchetto
3' di lettura
Un investimento che si avvicina ai 20 milioni di euro per una struttura di diecimila metri quadri perfettamente integrata nelle colline di Soave. La nuovissima Cantina Leonildo Pieropan – inaugurata pochi giorni fa – è frutto della volontà della famiglia di costruire un luogo che potesse ricordare la figura di Leonildo Pieropan, scomparso nel 2018.
«La nuova cantina e i progetti che la mia famiglia sta portando avanti sono il nostro modo di ricordare Leonildo - sottolinea la moglie Teresita Pieropan – È un omaggio a ciò che lui ha rappresentato, non solo per lo stile inconfondibile dei suoi vini, ma anche per l'esempio di coerenza e dedizione che ci ha lasciato. La sua grande attenzione per il dettaglio, la meticolosità e l'amore per il bello vivono oggi nella nuova realtà e ciò rimarrà un lascito indelebile per le generazioni future». E in effetti ‘Nino' – come lo chiamavano tutti – è stato un pioniere visionario che ha lasciato un segno importante nel panorama del vino italiano.
Frutto di cinque anni di lavoro, la nuova cantina è un'opera architettonica che coniuga innovazione e sostenibilità. È stata concepita per accogliere gli eno-appassionati, portando al contatto diretto con la filosofia di produzione fatta di passione e pazienza.
Il progetto, curato dall'architetto Moreno Zurlo dello studio Ac.me di Verona, si propone come “strumento di lavoro” e l’architettura è fortemente integrata nell'ambiente, grazie alla scelta della costruzione ipogea.
«Questa scelta – rimarcano dalla famiglia - nasce dalla volontà di armonizzare la realtà produttiva con il territorio, nel pieno rispetto dell'ambiente e del paesaggio, nella consapevolezza che in questo territorio non vi è vino senza paesaggio, né paesaggio senza vigneto».
L'idea, dal punto di vista paesaggistico, è quasi elementare: sollevare un lembo del pendio e “nasconderci” sotto i volumi imponenti necessari per l'attività vitivinicola, realizzati con l'impiego di 40mila tonnellate di calcestruzzo, 6mila di ferro e 200 di pietra lavorata. La struttura si compone di lastre di cemento di 28 metri senza colonne portanti, una sfida se si considera che il soffitto sorregge un terreno sul quale è stato impiantato un vigneto carrabile.La selezione dei materiali è stata accurata. Ottone, pietra naturale di Vicenza, trachite euganea, sono materiali di provenienza locale per ridurre al minimo l'impatto del trasporto.
«Sono materiali che vivono le stagioni e che si modificano con il tempo, proprio come il vino», dicono i Pieropan. Tutti i locali di lavorazione (appassimento, vinificazione, imbottigliamento, laboratorio, confezionamento, vendita e amministrazione), necessitando di luce e aria, si aprono verso valle, mentre sono completamente ipogei gli spazi destinati all'affinamento e i magazzini.
Azienda ancora strettamente familiare, senza mai alcun intervento di capitali esterni, Pieropan ha raggiunto il successo nazionale e internazionale tra gli anni 70 e 80 del Novecento grazie all'intraprendenza di Leonildo (che portava lo stesso nome del capostipite, fondatore della società agricola nel 1880). Arrivata alla quarta generazione, oggi l'azienda guidata oggi da Andrea e Dario Pieropan dispone di 75 ettari (tra Soave e Valpolicella) e produce circa 650mila bottiglie all'anno, di cui circa il 65% viene esportato in 55 Paesi nel mondo. Il 2021 si è chiuso con un fatturato di 5 milioni di euro, in crescita netta non solo sul 2020, ma anche sul pre-Covid (+20% rispetto al 2019). Il prospect sull'inizio del 2022 è positivo e l'azienda continua a crescete, forte di una reputazione che intende mantenere in Italia e nel mondo.
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