ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIn salita il partito unico del Terzo polo

Soldi, tempi, leader: ecco perché Calenda e Renzi sono a un passo dal divorzio

Il J’accuse del leader di Azione: «Non vuole sciogliere Italia Viva e non vuole mettere in comune il 2 per mille per la campagna in vista delle europee del 2024». La replica: «Non esiste in natura lo scioglimento preventivo». Ma i parlamentari premono per la ricucitura: a rischio il finanziamento pubblico ai gruppi, 50mila euro all’anno per ogni eletto

di Emilia Patta

Aggiornato il 12 aprile 2023 alle ore 19:04

Terzo polo: è rottura tra Renzi e Calenda

5' di lettura

All'inizio della legislatura il blitz che ha portato all'elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato nonostante i voti mancanti di Forza Italia, poi i continui viaggi come conferenziere in Paesi politically incorrect come l'Arabia saudita, poi l'imposizione di un fedelissimo come Ernesto Carbone come giudice del Csm in quota Terzo polo. E, da ultimo, la decisione di fare il direttore del quotidiano Il Riformista comunicata all'alleato solo un quarto d'ora prima di renderla pubblica con una conferenza stampa. Tra Calenda e Renzi è crisi. Il leader di Azione via facebook ha comunicato che «alle 18.30 di oggi è convocato il Comitato Politico del Terzo Polo per discussione e votazione della proposta di costituzione del partito unico. Altro tempo da perdere non ne abbiamo”.

Lo sfogo di Calenda: basta con i tatticismi di Renzi

Stavolta a dare fuoco alle polveri è il leader di Azione Carlo Calenda. In mattinata una non meglio specificata “fonte autorevole” di Azione riversa all'Ansa tutto lo scontento nei confronti dell'ingombrante alleato. «Basta con i tatticismi. Matteo Renzi non vuole sciogliere Italia Viva per confluire assieme ad Azione nel partito unico liberaldemocratico, non vuole finanziare il nuovo soggetto e le campagne elettorali». Seguono ore confuse in cui volano molti stracci tra calendiani e renziani. Al fondo ci sono il nodo dei fondi da destinare al progetto comune e la tempistica per arrivare al partito unico in autunno, in tempo per la campagna elettorale delle europee del 2024.

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Il nodo dello scioglimento in vista del partito unico

Calenda - che pure pubblicamente smorza le polemiche e smentisce le voci di una prossima rottura («ma figuriamoci!») - in privato è un fiume in piena e accusa Renzi di tirarla per le lunghe e di non voler davvero arrivare al partito unico perché vuole mantenersi la “scatola” di Italia Viva come centro di potere. E chiede dunque «garanzie scritte» sullo scioglimento di Italia Viva e sulla messa in comune dei finanziamenti per affrontare la campagna elettorale per le europee del 2024: non si può arrivare al partito unico del Terzo polo, o come si chiamerà, senza prima sciogliere sia Azione sia Italia Viva, è l'argomento di Calenda e dei suoi. «L'obiettivo e i tempi per la nascita del nuovo soggetto sono già stati condivisi - ricorda a nome di Calenda l'ex ministra forzista Maria Stella Gelmini, ora in Azione -: ora si tratta di precisare rapidamente le modalità, perché è evidente che la nascita del partito unico presuppone che i nostri singoli soggetti di provenienza vengano sciolti».

Replica di Renzi: scioglimento anticipato mai visto in natura

La risposta arriva a tarda sera per bocca dello stesso Renzi, che riunisce i parlamentari del Terzo polo che fanno riferimento a lui. «Lo scioglimento di Italia Viva? E' evidente che se facciamo il partito unico si scioglie Italia Viva, come si scioglie Azione. Ma lo scioglimento anticipato non si è mai visto nella storia. Va contro le leggi della fisica: prima si fa il partito unico che non può che essere un partito fondato su un percorso democratico dal basso». Ossia con una leadership contendibile: tra i renziani, per ora, si fa il nome di Luigi Marattin come competitor di Calenda.

I fondi del 2 per mille da mettere in comune: sì, ma quando?

E i finanziamenti? Lo scorso anno dal 2 per mille, il meccanismo di finanziamento volontario ai partiti tramite dichiarazione dei redditi, Azione ha avuto 882mila euro e Italia Viva 887mila. Il percorso verso il partito unico prevede che dopo il congresso di ottobre, e dunque con la dichiarazione dei redditi del 2024, il 2 per mille sarà devoluto al partito unico. Ma i fondi pubblici arrivano a dicembre: con quali soldi si farà la campagna elettorale per le europee di giugno? Per questo Calenda ha proposto a Renzi di mettere in comune il 70% dei fondi che arriveranno a dicembre 2023: «Azione e Italia Viva trasferiranno al nuovo partito il 70% delle somme ricevute dal 2/1000 a partire dalla seconda rata del 2023 fino allo scioglimento dei partiti che dovrà avvenire entro il primo trimestre del 2025», si legge nella road map predisposta da Calenda. Nella quale, per inciso, non c'è la richiesta di “scioglimento preventivo”.

La stoccata dei renziani: 1,2 milioni per il volto di Calenda

Sul nodo finanziario la risposta è venuta dal fedelissimo di Matteo Renzi Francesco Bonifazi: «Giova ricordare che Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo polo. La scelta di come destinare i soldi è stata presa dal senatore Calenda che ha optato nella stragrande maggioranza dei casi per affissioni recanti il suo volto e il suo nome. Italia Viva ha contribuito al momento per oltre un milione e 200mila euro. Quanto al futuro 2 per mille, andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico».

Sospetti sulla scelta di accentrare tutte le deleghe di Iv

Il punto è che la parola “futuro” sembra rimandare a un tempo lontano. Il timore di Calenda è insomma che Renzi, ora che ha intrapreso l'avventura del Riformista - come direttore editoriale, mentre il nuovo direttore responsabile dal 3 maggio sarà Andrea Ruggieri, già deputato di Forza Italia tra il 2018 e il 2022 - per andare «oltre il Terzo polo», freni sul progetto comune e attenda lo sviluppo degli eventi - a cominciare dal destino di Forza Italia nel dopo Berlusconi - col giornale in mano e Italia viva ancora in piedi. A insospettire Calenda e i suoi anche la decisione presa da Renzi lo scorso dicembre di accentrare su di sé, come presidente del partito, tutte le deleghe di Italia Viva: perché una scelta del genere se si sta andando verso la costruzione di una casa comune previo scioglimento? Per di più, dal punto di vista di Calenda, questo accentramento di poteri su Renzi rende anche difficile il lavoro nei comitati comuni che devono redarre il manifesto dei valori del nuovo partito e stabilirne le regole statutarie, dal momento che i rappresentanti renziani non hanno più titolo a prendere decisioni (Ettore Rosato, ad esempio, non è più coordinatore nazionale).

Richiesta di un congresso contendibile: il nome di Marattin

Eppure la forza delle cose sembra portare i due verso una forma di armistizio già nelle prossime ore: anche dall'assemblea dei parlamentari renziani è arrivata nella serata di ieri la richiesta di andare avanti nel progetto di partito unico. Ma per i renziani si dovrà appunto fare un vero congresso, non un plebiscito a favore di Calenda: «Abbiano concordato che in autunno nascerà il partito unico con congresso contendibile - dice Marattin -. Il resto sono questioni tecniche, burocratiche».

Terzo polo: è rottura tra Renzi e Calenda

Il divorzio non conviene: in ballo 50mila euro per ogni eletto

La realtà è che il divorzio non conviene a nessuno: il ritorno ai due partiti farebbe perdere al Terzo polo i numeri per i gruppi unici in Parlamento, perdendo così anche il finanziamento pubblico riservato ai gruppi: circa 50mila euro a parlamentare all'anno (9 al senato e 21 alla Camera). La forza delle cose, la forza dei soldi. E non solo: il vero punto debole del costituendo partito unico del Terzo polo sembra essere la coabitazione tra due leader della personalità forte, dal momento che sulla linea politica e sulle policies l'accordo è pieno.

Il warning degli europarlamentari: rottura incomprensibile

Ed è dall'Europa che arriva il warning: «Sarebbe davvero difficile spiegare le incomprensioni polemiche di oggi a chi in Europa guarda con speranza al partito unico del Terzo polo come riferimento di Renew Europe. Abbiamo avuto un primo risultato importante alle politiche, andiamo avanti, senza tentennamenti», dice l'europarlamentare renziano Nicola Danti. Intanto i “cugini” radicali di Più Europa, che a Strasburgo fanno riferimento allo stesso gruppo liberaldemocratico creato dal presidente francese Emmanuel Macron, stanno a guardare: in progetto c'è l'unione delle forze per le europee del 2024, appunto. O c'era?


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