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Solidi come architetture, aerei come un merletto: gli oggetti che fanno subito casa

Monica Armani racconta perché progettare è come tessere. Una trama dove la tecnica incrocia i ricordi personali e la sfida ingegneristica le relazioni affettive.

di Paola Pianzola

Monica Armani sulla sedia Heri O', di B&B ITALIA, che debutta al Salone del Mobile.

6' di lettura

Incontrare di persona Monica Armani, e non dietro lo schermo di un pc in uno degli ormai ricorrenti “incontri” digitali, crea un clima di immediata sintonia. Siamo nello showroom B&B Italia a Milano, attorno al celebre tavolo Allure O', da lei firmato, con il piano in ceramica smaltata di un blu intenso. Monica è empatica, propone subito di passare al tu, elegante in un completo scuro come lo smalto sulle unghie delle mani che muove con grazia misurata. Mentre parla del suo lavoro, lo sguardo è vivace e trasmette una confortante attenzione per l'interlocutore.

La struttura dello schienale di Flair O' Outdoor, la sedia progettata da Monica Armani per B&B ITALIA. È realizzata con il tombolo di Cantù, il telaio circolare usato storicamente in Brianza: fondamentale la collaborazione con unPIZZO, studio di progettazione specializzato nel recupero delle tecniche di tessitura tradizionali, ma rivisitate in chiave contemporanea.

Sottotraccia, brilla il filo impercettibile di una sottile autoironia, una rarità in questi tempi egocentrici e autoreferenziali. Di lì a poco ci raggiungerà anche Luca Dallabetta, marito e alter ego di Monica, con la quale forma una coppia che ha saputo coordinare la dimensione privata con quella professionale giocando sugli equilibri e la complicità di un'intesa profonda. «Il nostro è sempre un lavoro a quattro mani», spiega la progettista. «Lui è più tecnico, io creativa, ma nel tempo queste caratteristiche sono un po' passate da uno all'altra e il mix funziona».

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Il racconto parte dagli inizi del percorso professionale: «Sono figlia d'arte», lo dice sorridendo. «Mio padre è stato un architetto razionalista molto attivo, a Trento vivevamo in una grande villa, arredata con i mobili dei maestri del Razionalismo, con vetrate che si aprivano su una bella vista della città da un lato e sulle Dolomiti del Brenta dall'altro. Da bambina ho respirato questa atmosfera di bellezza, e la decisione di fare l'architetto è avvenuta in modo naturale. Per 10 anni ho lavorato nello studio di mio padre, che mi ha insegnato il rigore e la cultura del particolare, l'entusiasmo per la ricerca. Poi, con mio marito, agli inizi degli anni Duemila, abbiamo pensato di internazionalizzare il nostro lavoro ed è nato il desiderio di autoprodurci. L'idea, semplice, veniva da uno studio attento del settore, fatto sul campo (quanti showroom milanesi abbiamo visitato…!): volevamo realizzare una serie di tavoli modulari. Progetto 1 ha avuto un grande successo di vendite, ed è stato un percorso che ci ha permesso di approfondire tutto quello che ruota attorno alla produzione di un oggetto di design, dalla progettazione ai cataloghi, ai rapporti con la rete distributiva. Nel 2005, conclusa questa esperienza, il progetto è stato raccolto ed editato da B&B Italia, che lo ha in catalogo ancora oggi».

La Flair O' Outdoor (da 1.451 €) con lo schienale realizzato a tombolo: l'Unione europea ha approvato un progetto a Cantù per un museo diffuso di quest'arte, che potrebbe diventare anche Patrimonio dell'umanità.

Catturati dall'universo creativo dell'industrial design, Monica e Luca aprono uno studio collaborando negli anni con importanti marchi italiani come Moroso, Boffi, Gallotti&Radice, Tribù e molti altri, senza tralasciare l'attività di progettazione architettonica e l'interior design.

Un'attività poliedrica di cui è interessante indagare il processo creativo. «Il metodo, qualsiasi cosa si disegni, è lo stesso. Si parte da una suggestione, un'idea, poi si scende poco per volta zoomando sui particolari, per definire tutto nei minimi dettagli. In questa fase, il confronto tra noi due è molto utile. Riflettere su un progetto in solitudine penso sia un po' pericoloso, si rischia magari di concentrarsi su una strada sbagliata», spiega Monica. «Uno dei momenti più impegnativi è poi la revisione del progetto. Interfacciandosi con l'ufficio tecnico e i responsabili dell'azienda, bisogna metabolizzare velocemente i loro suggerimenti e nel contempo difendere l'essenza iniziale. In due ci si spalleggia, basta un'occhiata e ci capiamo al volo. È una fase del lavoro energivora, ma essenziale. Il confronto con B&B Italia, per esempio, è sempre stimolante. È l'unica azienda ad aver mantenuto all'interno, oltre all'ufficio tecnico, un gruppo di lavoro completamente indipendente, il Centro Ricerche e Sviluppo, che ha un'esperienza enorme». Alla nascita di un oggetto di design si arriva attraverso un percorso che non è mai individuale e neppure duale, ma di squadra. «La nostra forza sta proprio nel creare un team. Se mi presento con un disegno che non voglio mettere in discussione, non succede niente, mentre con un atteggiamento di coinvolgimento, tutti reagiscono con creatività e nascono le cose migliori». Questo definisce, da sempre, il rapporto fra azienda e progettista, un dialogo affascinante nella sua complessità, perché la fantasia si confronta con l'industria, l'estetica con la funzione, il prototipo con la produzione in serie. «Questa alchimia si verifica quasi esclusivamente in Italia, dove intuizione, resilienza e creatività spesso nutrono il rapporto. Realizzare il prodotto giusto per l'azienda giusta è il sogno di ogni professionista, ed è il risultato di una serie di fattori che assomigliano alla realizzazione di un abito su misura di alta sartoria».

Monica Armani

Vista l'accoglienza positiva della poltroncina Flair O', B&B Italia ha chiesto a Monica Armani di realizzarne una versione anche per l'outdoor. L'ispirazione richiama l'estetica elegante degli anni Sessanta di cui Jacqueline Onassis, evocata nel nome dei prodotti, è stata un simbolo. «La nostra idea era di creare uno schienale intrecciato. La prima proposta, un filo di metallo ondulato intrecciato con una corda, si era rivelata costosa e non particolarmente espressiva. Collaborando con il Centro Ricerche siamo arrivati a immaginare una sorta di ricamo macro composto da trecce in nastro di polipropilene, a loro volta intrecciate, una soluzione che si basa su un'antica tecnica di ricamo tipica della Brianza, il tombolo di Cantù, e che ha risolto lo schienale in modo più morbido e libero, perché il sostegno è dato dal profilo metallico e dal cuscino amovibile». Torna ancora l'ispirazione dall'arte tessile, da quell'artigianalità e fatto a mano che innervano di storia e tradizione i processi produttivi. A Cantù, l'Unione europea ha approvato e finanziato un progetto per la costruzione di un museo diffuso di questa arte antica, che risale all'XI secolo, e la cui invenzione è attribuita ad Agnese di Borgogna, priora del Monastero Benedettino di Santa Maria di Cantù. Fu la prima a insegnare e diffondere il lavoro con fili e fuselli che ora il New European Bauhaus intende preservare e divulgare. Nel frattempo, a marzo 2023, ventisette comuni italiani hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per sostenere la candidatura del merletto a Patrimonio immateriale dell'umanità dell'Unesco. Monica Armani è andata in Brianza a vedere come i tre ruoli di disegnatrice, spuntatrice e merlettaia, da queste parti, si concentrano in poche mani, che ancora conoscono le tecniche tradizionali per creare questi mandala di pazienza e sapienza.

Al Salone del Mobile viene presentata anche la sedia Flair O' Couture, la versione per interni di Flair O' Outdoor, che asseconda l'incontro tra interior e spazi all'aperto, oggi che il confine tra interno ed esterno è fluido e gli arredi interpretano questa permeabilità. Heri O' è invece una poltroncina che rivisita con nuove proporzioni un classico, la sedia in legno, e prende dalla tradizione dell'esterno la soluzione del cuscino mobile. «È un ibrido che risponde all'esigenza di creare attorno a un prodotto una famiglia di versioni, un cambio di passo necessario per un mercato sempre più specializzato», spiega. «La prima versione è in legno laccato, ma ci sarà anche quella con struttura in alluminio». Quando le chiedo di definire lo stile Monica Armani, la spiegazione è la narrazione di un processo. «Siamo partiti dall'architettura e c'è una base razionalista in tutto quel che facciamo, dovuta anche all'imprinting del lavoro con mio padre, che si inserisce e viene mitigata da una componente più organica. La disciplina del lavoro e il rigore si percepiscono, ma siamo attenti a una certa morbidezza del segno». D'altro canto, i progettisti che più hanno influenzato il suo lavoro sono Arne Jacobsen – «la sua straordinaria capacità di combinare forme curve con le caratteristiche rigorose del design scandinavo» –, e Mies van der Rohe. «Ricordo i viaggi a New York da ragazza con mio padre che ogni volta portava tutta la famiglia a vedere il Seagram Building». La storia familiare s'intreccia con quella professionale. Come nel tombolo, la vita è fatta di tanti fili diversi che, combinandosi, formano un disegno.

«La curiosità è una risorsa indispensabile. Viviamo di stimoli, e noi guardiamo tutto, persino come sono fatti i tombini nelle città. In questo senso, i viaggi sono una grande fonte di ispirazione. Del resto fino all'Ottocento il Grand Tour era il metodo di artisti e intellettuali per completare la propria educazione, aprendo la mente alla cultura e al nuovo. E, quanto a viaggiare, la progettista ama farlo con tutti i mezzi. «L'anno scorso abbiamo fatto da San Sebastián a Santiago di Compostela in bicicletta, circa 900 chilometri in 11 giorni. Siamo una famiglia di sportivi: i nostri figli sono maestri di sci, noi pratichiamo oltre allo sci la mountain bike. D'altronde, l'attività fisica è funzionale alla nostra professione. A volte l'idea per risolvere un problema che al tavolo di lavoro si blocca, mi viene mentre sono in movimento, specie sotto sforzo: il corpo fatica e spesso la soluzione arriva improvvisa alla mente, come una specie di folgorazione».

STARE COMODI  MONICA ARMANI . B&B ITALIA

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