Solo il regolamento trascritto può limitare l’orario di un pub
L’efficacia vincolante in tal caso di acquisisce con l’assenso unanime dei condòmini
di Roberto Rizzo
I punti chiave
2' di lettura
La Cassazione, con la sentenza 24188 dell’8 settembre 2021, ha escluso che la clausola che impone il divieto di esercizio di attività commerciali (nella specie, locali notturni) oltre un certo orario, contenuta in un regolamento condominiale non trascritto, possa avere efficacia vincolante, ove non espressamente accettata e sottoscritta dall’unanimità dei condòmini.
Respinto, pertanto, il ricorso di alcuni comproprietari che, impugnando la decisone della Corte d’appello di Milano, chiedevano che al ristorante/pub ubicato al piano terra dello stabile fosse imposta la chiusura entro le ore 22, per evitare rumori molesti, assembramenti notturni e schiamazzi, in applicazione di una prescrizione del regolamento condominiale.
Le norme del regolamento come servitù
Le norme del regolamento di condominio che impongono pesi e restrizioni al pieno ed esclusivo godimento della proprietà individuale, precisa la Suprema corte, vietando lo svolgimento di determinate attività o imponendo un particolare orario di chiusura, costituiscono vere e proprie servitù. In quanto tali, ai sensi dell’articolo 1108 Codice civile, devono essere approvate espressamente, con una manifestazione di volontà avente natura contrattuale, e, dunque, con il consenso scritto dell’unanimità dei condòmini.
Il regolamento non trascritto
Evidenzia, altresì, la Cassazione come l’opponibilità ai terzi di clausole aventi un simile contenuto, è subordinata all’avvenuto espletamento delle formalità di trascrizione del regolamento che le contiene (Cassazione 23/04).Qualora, come nel caso di specie, il regolamento di condominio non sia stato debitamente trascritto, le disposizioni dello stesso che stabiliscono limiti di destinazione sulle proprietà esclusive, valgono soltanto nei confronti del terzo acquirente che abbia preso atto del vincolo reale gravante sull’immobile in maniera specifica, al momento dell’atto d’acquisto.
Limitazioni non risultanti nel rogito
Nell’ipotesi in esame, l’immobile era stato alienato (nel 2008) dopo l’intervenuta modifica del regolamento condominiale, con l’introduzione delle clausole poste dagli istanti a fondamento della domanda giudiziale (avvenuta nel 2007), e non risulta documentalmente una manifesta conoscenza ed accettazione, da parte del nuovo acquirente, delle servitù gravanti sui locali, per come sopra descritte. Ne consegue la nullità delle clausole regolamentari che sono state impropriamente approvate senza la necessaria acquisizione del consenso da parte di tutti i singoli comproprietari. La domanda spiegata dagli istanti, pertanto, non può trovare, sul punto, accoglimento, risultando corretto, coerente e condivisibile il ragionamento della Corte distrettuale.
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