ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùEntertainment e finanza

Sony, Italia laboratorio per l’industria del cinema

Il ceo di Sony Pictures Entertainment Vinciquerra presenta l'asse con Ben Ammar: a Eagle coproduzioni e distribuzione in esclusiva

di Andrea Biondi

Tony Vinciquerra (s), presidente e ceo di Sony Pictures Entertainment, insieme a Tarak Ben Ammar

3' di lettura

«Dobbiamo fare un accordo e vogliamo fare un accordo». Tony Vinciquerra, presidente e ceo di Sony Pictures Entertainment, arriva a Trieste come guest star dell'Audio-Visual Producers Summit (Avp) insieme a Tarak Ben Ammar che, con la sua Eagle Pictures, ha siglato un accordo per la distribuzione esclusiva di tutti i film Sony in Italia e per la coproduzione, al momento, di sei titoli da realizzare nei prossimi due anni. «È un’operazione importantissima. L’Italia è il primo Paese in cui Sony ha deciso questo e in qualche modo rappresentiamo un ponte fra l’Italia, i Paesi del Mediterraneo e gli Usa», puntualizza l’imprenditore franco tunisino.

Ma l’appuntamento piomba anche nel bel mezzo dello sciopero a Hollywood, che il 13 luglio ha visto il sindacato degli attori e conduttori televisivi e radiofonici americani (la Sag-Aftra) unirsi alle proteste degli sceneggiatori del Writers Guild of America (Wga) in protesta già dal 2 maggio. L’ultima volta, con attori e sceneggiatori insieme, era accaduto nel 1980.

Loading...

Argomento inevitabile nel corso del panel con Tarak Ben Ammar. Tanto che è lo stesso numero uno di Eagle a mettere sul tavolo la questione: «Allora che mi dici dello sciopero a Hollywood?». Siparietto. Ma Vinciquerra, alla guida dal 2017 della divisione entertainment del colosso giapponese – che ha chiuso il suo ultimo anno fiscale con ricavi per oltre 10 miliardi di dollari e reddito operativo sceso a 880 milioni di dollari (ma dopo anni continui di crescita) – non si sottrae. Quella presentata dagli Studios «è la migliore offerta che sia mai stata fatta» al sindacato. Per questo l’obiettivo è «tornare al tavolo». Anche perché «non è assolutamente vero che vogliamo che lo sciopero continui, come scrive qualcuno».

Si è letto anche questo in effetti, come portato di uno scontro legato a rivendicazioni su salari, costo del lavoro e uso dell’intelligenza artificiale. Tutti argomenti che vanno inevitabilmente a toccare un nervo scoperto: i rapporti con le piattaforme e la questione dati. Perché il taglio dei diritti “residuals” per come li chiamano negli Usa – vale a dire i compensi calcolati in base agli ascolti – affonda evidentemente nei pagamenti flat fatti della piattaforme sulla base di dati che non vengono condivisi.

L’atmosfera all’Avp Summit è polite e non se ne parlerà. Ma è chiaro che la questione dati vede sulle barricate attori e sceneggiatori, ma con l’interesse a distanza anche degli stessi studios. Più dati, pubblici e trasparenti, aiuterebbero anche nelle contrattazioni con le piattaforme.

«Viviamo in un mondo strano, siamo usciti dalla pandemia e vediamo proteste ovunque: nel sistema scolastico, negli hotel. Qualcosa sta succedendo nel mondo del lavoro», commenta Vinciquerra. Certo è che lo sciopero è un tema dai risvolti complessi. Che può anche portare a miglioramenti, come accaduto per esempio al free cash flow di Netflix per le minori spese come si è visto nell’ultima trimestrale. Ma dall’altra parte ci sono tutte le difficoltà legate alla mancanza di nuovi prodotti sul mercato. Che possa beneficiarne l’Europa? Per Tarak Ben Ammar, che pure evidenzia la maggiore richiesta di contenuti e la fame di studi di produzione nel Vecchio continente (si veda altro articolo a lato) non sarà così: le produzione europee non riusciranno a «riempire il vuoto».

Parlando di Sony, Vinciquerra intanto gongola sugli incassi al box office che quest’anno «torneranno ai numeri del 2019». Il tutto però in un mercato in cui l’avvento degli streamers ha portato maggiori sbocchi distributivi, ma anche un’impennata di costi di produzione. «In passato saremmo andati sui mercati a comprare film da distribuire per 2-3 milioni di dollari. Oggi gli streamers pagano fino a 12 milioni di dollari».

Controllo della qualità e costi sono l’unica possibile ricetta. Usando l’inventiva che non può che far bene puntualizza dal canto suo Tarak Ben Ammar. «Anche perché – dice – le cose migliori sono state fatte. Noi stiamo riflettendo su un qualcosa che si avvicini a “Matrimonio all’italiana”. E ne stiamo discutendo con Lady Gaga».

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti