Sostenibilità, il design comportamentale che vuole cambiare le abitudini
Dagli stili di vita all’automotive, l’approccio progettuale premia i comportamenti corretti e coinvolge le persone con l’interazione e il gioco
di Alessia Maccaferri
I punti chiave
3' di lettura
Si stacca da terra e si alza verticale sulla città come un elicottero. PopUp, il prototipo di veicolo elettrico messo a punto da Italdesign in collaborazione con Airbus, è stato progettato per marciare su strada e volare. Ma la promessa di mobilità sostenibile non finisce qui: l’esperienza deve essere unica, come ciascuno degli utenti. Le diverse interfacce, ipotizzate dal Politecnico di Torino, sfruttano l’interazione trasformandosi in potenziamento del proprio personal device, in postazione aumentata di lavoro e connessione, in realtà aumentata in grado di interagire col contesto.
Ogni interfaccia è in grado di generare nuovi servizi e, soprattutto nuovi comportamenti connessi. Comportamenti che sono al centro del behavioural design, approccio che viene molto utilizzato per prodotti e servizi improntati alla sostenibilità. «Il behavioural design è molto diffuso nei contesti in cui si progettano stili di vita, si cercano soluzioni in ambito food, mobilità e automotive, salute. Insomma in tutti quegli ambiti in cui c’è un impatto ambientale e sociale» spiega Pier Paolo Peruccio, docente di Design al Politecnico di Torino e componente della World Design Organization, non profit che è organo consultivo delle Nazioni Unite e offre il suo contributo sul modo in cui il design possa contribuire agli obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Che cos’è il design comportamentale
Il behavioural design, branca della behavioural science, è un campo di studi che integra discipline diverse, dalla progettazione all’economia, dalla psicologia all’informatica. Ma il legame tra ambiente e behavioural science non è nuovo. Negli anni 60 il pianeta Terra veniva rappresentato come una astronave e Spaceship Earth divenne la metafora per esprimere i limiti delle risorse. Metafora, ricorda Peruccio, ripresa nel 2007 da David Houle («The shift age») per lanciare un messaggio agli abitanti del pianeta: dobbiamo agire non come passeggeri ma come assistenti di volo che hanno cura dell’astronave. Questa nuova era di cambiamento sarà guidata dalla consapevolezza. Consapevolezza che ogni scelta ha delle conseguenze su di noi e sull’ambiente. E, ricorda Peruccio, consapevolezza del progetto, «projectus» che deriva da latino «proiecere», ovvero «lanciare in avanti», avere un’idea di futuro. Che riguarda il cambiamento che si vuole stimolare. Non a caso il primo master a livello nazionale in behavioural design avrà casa a Ivrea, nell’ambito di Ico Valley, progetto industriale che ha l’obiettivo di creare un digital lab sulle sfide della transizione digitale e della sostenibilità.
Le radici nel Canavese
«L’academy vuole raccogliere l’eredità culturale dell’Interaction Design Institute, dove nacque peraltro il progetto Arduino, e si nutre di tutto il pensiero di Adriano Olivetti che concepiva le imprese non solo come luoghi di produzione ma come motori di una crescita culturale del territorio, modificando il comportamento dei dipendenti e degli abitanti» racconta Peruccio che sarà coordinatore del master di secondo livello «Behavioural Design. Sistemi, Interazioni e Strategie per il Digitale» curato dal Politecnico torinese - che da vent’anni esplora i temi della sostenibilità all’interno del design sistemico - in collaborazione con Università di Torino e Confindustria Canavese. La disciplina guida del percorso, che ha il supporto di player come Huawei e Tim, sarà l’interaction design, dove l’interazione è assimilabile a un comportamento perché prevede azioni reciproche di due interlocutori in un contesto. Contesto che va progettato in modo corretto e opportuno con una componente etica e quindi senso di responsabilità collettivo.
Come si indirizzano i comportamenti?
Innanzitutto si passa da una logica meramente sanzionatoria, punitiva a una logica che premia. «Per esempio, oltre a dare sanzioni ai guidatori scorretti, perché non premiare quelli virtuosi? Si usano molto le dinamiche di gioco attraverso le quali le persone vengono vengo motivate a partecipare, vogliamo aumentare l’engagement, la voglia di mettersi in gioco» aggiunge Peruccio. Così nello smart district Uptown di Milano l’analisi dei dati sugli stili di vita e le interviste alle persone hanno portato a un «Manuale per vivere uno smart district» in cui infografiche illustrano le conseguenze, per esempio, di diverse tipologie di smaltimento rifiuti e il compostaggio diventa l’occasione per favorire la partecipazione di tutti e per parlare di cicli naturali e di alimentazione coinvolgendo gli abitanti. O ancora nel concept elaborato per l’Unione Italiana Ciechi è stata valorizzata l’interazione intesa come gestualità a vantaggio dei bambini non vedenti o ipovedenti: la tastiera dello smartphone è stata dotata di materiali intelligenti in grado di recepire al tocco, con la temperatura e le differenti texture, alcune gesture codificate per trasmettere le proprie emozioni all’altra persona.
L’approccio comportamentale è stato talvolta accusato di essere paternalista e prestarsi a operazioni di green washing. «Tutto il grande tema della sostenibilità se non guidato in modo corretto porta questo rischio - ribatte Peruccio - Il problema dunque è la direzione etica del processo educativo e riguarda tutti i temi che hanno impatto sulla società». A ciascuno le proprie scelte e responsabilità.
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