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Sostenibilità e informativa: le aziende dell’Egm devono fare ancora tanta strada

È quanto emerge dalla ricerca dell’università Liuc e di IR Top consulting. Intervistati gli investitori istituzionali. Carenze soprattutto sulle informazioni relative al climate change

di Vitaliano D'Angerio

(REUTERS)

3' di lettura

Mercato Egm e sostenibilità? C’è ancora tanta strada da fare. È la posizione degli investitori istituzionali esposti sul listino ex Aim di Piazza Affari. È quanto emerge dalla ricerca realizzata dalla Liuc-Università Cattaneo e da IR Top consulting dal titolo «Informativa Esg e mercato dei capitali: il gap da colmare». Alla survey hanno partecipato 40 investitori istituzionali. Delle tre dimensioni della sostenibilità, è la G di governance che risulterebbe “abbastanza completa” secondo gli intervistati. Mentre sul versante E (ambiente), il 65% considera “poco completa” tutta l’informativa relativa al cambiamento climatico e in particolare le policy aziendali volte a perseguire la carbon neutrality. Una via di mezzo invece la S di sociale: grande attenzione (60%) su salute e sicurezza dei dipendenti ma “poco completa” su tutti altri aspetti.

I grandi investitori

Ecco dunque un po’ il quadro che rileva nell’ambito Esg del listino Egm. Una fotografia realilzzata grazie alle risposte dei grandi investitori. I quali hanno aumentato di gran lunga la propria sensibilità sulle tematiche della sostenibilità.

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«L’informativa legata agli aspetti ambientali e di governance assume sempre maggiore rilevanza nelle decisioni di investimento: il 90% dei rispondenti, infatti dichiara di tenerne conto – dichiara Alessandro Cortesi, ordinario di contabilità e bilancio della Liuc e socio fondatore di Wepartner –. Solo il 35%, però, dichiara di farlo sempre; dunque, ci sono ampi margini di miglioramento. E ancora, il 70% afferma di valutare o richiedere alle aziende partner, in assenza di una esaustiva informativa Esg, altri parametri di natura ambientale, sociale e di governance ai fini della scelta di investimento».

Aggiunge Cortesi che «tra i temi ritenuti di maggior rilevanza, c’è l’informativa ambientale e quella sulla governance. Tra le informazioni più carenti ci sono per contro la chiara identificazione dei rischi e delle opportunità associati ai temi di sostenibilità nonché l’esplicitazione delle metriche e degli obiettivi Esg. Tra le criticità, è stata segnalata anche la difficoltà di quantificare e comparare l’informativa fornita».

Gli standard contabili Esg

La difficoltà di confrontare i dati e l’assenza di standard contabili è uno dei principali ostacoli per una completa e dettagliata analisi Esg delle aziende quotate, soprattutto delle piccole e medie. Su questi temi stanno lavorando l’Efrag, l’associazione europea dei revisori contabili (consulente della Commissione Ue) e l’Issb che è una struttura creata dalla Fondazione Ifrs, l’organismo internazionale che si occupa degli standard contabili.

Ci sono in consultazione le bozze di entrambi gli organismi ed entro l’anno vi saranno i testi definitivi. Una rivoluzione contabile Esg di cui pochi si stanno accorgendo ma che dovrebbe venire incontro ai bisogni soprattutto degli investitori istituzionali.

Un’opportunità per le Pmi

Allinearsi alle best practice Esg internazionali resta quindi una grande opportunità soprattutto per le Pmi che non hanno obblighi, per il momento, di disclosure sul versante della sostenibilità.

«Negli ultimi anni il numero delle Pmi quotate su Euronext Growth Milan che rendiconta i temi Esg attraverso il bilancio di sostenibilità è più che raddoppiato – sostiene Anna Lambiase, amministratore delegato e fondatrice di IR Top Consulting –. Le principali proposte che gli investitori hanno evidenziato per un miglioramento dell’informativa degli emittenti riguardano l’allineamento agli obiettivi della EU Taxonomy, la definizione di standard di report Esg che consentano una più immediata consapevolezza per una più semplice comparazione settoriale e l’adozione di criteri di misurazione standardizzati volti a facilitare confronti omogeni che soddisfino il criterio della materialità».

Lambiase aggiunge: «Relativamente ai trend futuri emerge che le tematiche prioritarie nella valutazione degli investimenti saranno legate al cambiamento climatico (73%), all’economia circolare e alle questioni sociali quali la diversity e l’inclusione (48%) e alla catena di approvvigionamento (25%)».


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