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Sostenibilità fa rima con successo: l'esempio di Alce Nero e Fairtrade

Fairtrade / Nyokabi Kahura / Fairpicture

5' di lettura

Alce Nero e Fairtrade, una partnership basata sugli stessi valori: rapporti diretti coi produttori agricoli, attenzione alla sostenibilità sociale e rispetto per l'ambiente nelle filiere agroalimentari. Ne parlano il report di attività di Fairtrade Italia con l'impatto sulle organizzazioni e il primo bilancio di sostenibilità di Alce Nero

Di sostenibilità, ormai, si fa un gran parlare: ogni azienda si definisce in qualche modo “sostenibile”, ogni prodotto si fregia di un'etichetta di sostenibilità. Non di rado, però, si tratta di proclami generici, dietro i quali si nascondono invece storie di sfruttamento: del territorio – che viene deforestato e saccheggiato nel nome della produzione – e delle persone, che lavorano in condizioni di miseria. Al di là di motti e slogan, invece, la garanzia di una vera sostenibilità arriva solo in due modi: scegliendo aziende come Alce Nero, che da sempre del bio e del sostenibile ha fatto la propria filosofia, e attraverso certificazioni internazionali come Fairtrade.

Alce Nero, brand che unisce oltre mille agricoltori in Italia e migliaia di piccole imprese agricole familiari nel Centro e nel Sud America, dal 1978 è impegnato a produrre cibi biologici che rispettino non solo la terra, i suoi cicli e la sua fertilità, ma anche le persone che la lavorano. Così, da quasi 45 anni, l'azienda sceglie di dare valore ai territori nei quali crescono i suoi prodotti d'eccellenza, e ai volti di coloro che contribuiscono a disegnare una storia condivisa e controcorrente, fatta di attenzione alla biodiversità, di rispetto per la terra e per le persone che la abitano e che la coltivano. Il logo stesso racconta una filosofia diventata impresa: Alce Nero, capo spirituale della tribù Sioux Oglala, cavalca in direzione opposta portando con grande forza il suo messaggio in altre terre, oltre i confini ed oltre i limiti, poiché visioni nuove e innovative sono sempre possibili.

Visioni che si ritrovano nel primo report di sostenibilità di Alce Nero: presentato pochi giorni fa, il documento descrive le peculiarità del modello d'impresa dell'azienda, “che affonda le radici nell'avanguardia stessa della sostenibilità”, e i principali impatti economici, sociali e ambientali che oggi diventano ancor più rilevanti. In un contesto internazionale nel quale l'emergenza climatica ha avuto un forte impatto, si sono aggiunte le ripercussioni del conflitto in Ucraina, che ha messo in luce le criticità e “le debolezze del sistema alimentare italiano ed europeo, tra cui la dipendenza dalle importazioni di materie prime ai nostri confini”. E che ha fatto passare in secondo piano anche alcune decisioni politiche come ad esempio “quelle relative alla proposta sull'uso sostenibile dei Pesticidi in UE nell'ambito della strategia Farm To Fork mentre è chiaro il movimento di alcune lobby per contrastare l'avanzamento del percorso di sviluppo sostenibile dell'UE”.

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In questo contesto, sottolinea il rapporto, l'impegno dell'azienda per il futuro è “coinvolgere sempre di più i propri produttori nel disegno condiviso di una visione agro-industriale italiana davvero trasformativa, sia per i produttori che per i fruitori”. E per questo, per Alce Nero, sarà fondamentale “l'equilibrio tra la dimensione economica, sociale e ambientale che la sostenibilità persegue come obiettivo ultimo”, perché si tratta di “un valore da sostenere con determinazione e risolutezza”. La visione di sviluppo sostenibile di Alce Nero, chiarisce quindi Erika Marrone, Direttrice Qualità, Filiere e Sostenibilità, rappresenta “la dichiarazione di un impegno che, come il capo indiano che ci rappresenta, cavalchiamo da oltre 40 anni: il nostro contributo alla necessaria inversione di rotta a salvaguardia delle generazioni future, come impresa, come gruppo di imprese e come persone verso un nuovo modello di buen vivir”.

Anche per aziende virtuose come Alce Nero, però, per centrare appieno l'obiettivo sostenibilità resta fondamentale la collaborazione con enti internazionali di spessore come Fairtrade: la certificazione garantisce infatti, attraverso gli standard e i controlli a cui l'azienda e i produttori agricoli si sottopongono, che la sostenibilità vada oltre le parole e che i prodotti rispettino le caratteristiche richieste, dal punto di vista del rispetto ambientale ma anche dei diritti degli agricoltori e delle loro comunità locali.

La certificazione Fairtrade, peraltro, si rivela sempre più una scelta vincente anche per le aziende: sempre più consumatori dimostrano infatti di apprezzare l'impegno e l'attenzione di chi la ottiene nei confronti delle condizioni dei produttori agricoli dei Paesi in via di sviluppo, e lo fanno scegliendo con maggior frequenza di prodotti che possono esporre il logo Fairtrade. Secondo il nuovo rapporto annuale “The future is fair: filiere e diritti” delle attività di Fairtrade Italia, infatti, lo scorso anno gli italiani hanno speso 553 milioni di euro in prodotti contenenti almeno un ingrediente certificato Fairtrade. Si tratta di frutta fresca come banane e ananas, ma anche di caffè, zucchero di canna, cioccolato, cereali per la colazione, barrette, biscotti e frutta secca; e poi fiori recisi, abbigliamento in cotone e molto altro.

Il marchio Fairtrade si può infatti trovare su un'ampissima gamma di beni (attualmente oltre 2.500 in Italia), e garantisce che questi prodotti siano stati coltivati o realizzati nel rispetto dei diritti degli agricoltori e dei lavoratori in Asia, Africa e America Latina, e che siano poi stati acquistati secondo i criteri del commercio equo. Fairtrade assicura infatti il pagamento di un prezzo equo e stabile (il Prezzo Minimo Fairtrade) ai produttori dei Paesi in via di sviluppo, e una somma di denaro aggiuntiva (il Premio Fairtrade), che gli stessi agricoltori e i lavoratori decidono come spendere per realizzare iniziative di interesse collettivo, che siano pozzi o strade, ambulatori o scuole, attrezzature agricole o infrastrutture per la loro comunità.

Nel 2020, a livello globale, Fairtrade risulta essere la certificazione etica più credibile al mondo: il 67% dei consumatori la conosce, e l'87% di questi ne ha fiducia. E in quasi 7 casi su 10, chi compra prodotti certificati Fairtrade sente di aver agito per garantire equità e giustizia. Fairtrade, del resto, secondo l'ultimo rapporto internazionale nel 2020 ha coinvolto in 71 Paesi del mondo 1.880 organizzazioni di produttori per le quali lavorano ben 1.9 milioni di agricoltori, che solo per i 7 prodotti più venduti hanno ottenuto 179,4 milioni di euro in Premio Fairtrade. Per quanto riguarda l'Italia, il prodotto certificato Fairtrade più venduto per volumi restano le banane, che nel 2021, dopo una flessione nel periodo dell'emergenza Covid, sono tornate a crescere raggiungendo le 14.230 tonnellate, ma corre anche il cacao, con 8.909 tonnellate lo scorso anno (+9% sul 2020) e un e Premio generato per gli agricoltori pari a 1.884.398 euro. E ancora, il caffè, che dopo un 2020 complesso è tornato a crescere del 5% con 843 tonnellate, e lo zucchero, che ha toccato un +10% con 5.158 tonnellate. In totale, le vendite nel nostro Paese di prodotti certificati Fairtrade (soprattutto attraverso il canale GDO) ha consentito alle organizzazioni di agricoltori e lavoratori in Asia Africa e America Latina di ricevere 3 milioni e 200 mila euro come Premio.

Che la certificazione Fairtrade sia una strada per il successo non solo degli agricoltori ma anche delle imprese che ne utilizzano i prodotti, è provata dai risultati di Alce Nero. L'azienda ha infatti chiuso il 2021 con un fatturato di 86 milioni di euro, confermandosi brand di riferimento del settore biologico. Con un'importante componente data dall'innovazione: i prodotti lanciati nell'ultimo triennio sono valsi 7,6 milioni di euro nel solo 2021, a riprova dell'efficacia degli investimenti in Ricerca e Sviluppo. E con una crescita anche nel segmento Baby Food, che ha fatto registrare un fatturato di 6,6 milioni di euro con un +8% rispetto all'anno precedente, in particolare con gli omogeneizzati (+11,3%), a testimonianza del crescente interesse degli italiani per i prodotti biologici e certificati.

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