Sostenibilità, l’utilizzo dei cosmetici impatta sull’ambiente più di packaging e trasporto
Secondo una ricerca Quantis, contenitori che non permettono il giusto dosaggio o prodotti che richiedono molta acqua per risciacquarsi contribuiscono al 40% delle emissione di gas serra del settore
di Marika Gervasio
2' di lettura
Il settore cosmetico - che dovrebbe raggiungere un valore globale stimato in 863 miliardi di dollari nel 2024 - impatta sul pianeta con emissioni di gas serra comprese tra lo 0,5% e l’1,5%. Lo rileva Make up the future, un’analisi dell’impatto sull’ambiente del beauty presentata da Quantis in anteprima per il mercato italiano in un webinar organizzato da Cosmetica Italia per i propri associati. L’utilizzo del prodotto si è rivelato il passaggio che pesa di più sul pianeta, responsabile del 40% delle emissioni del settore, seguito da packaging con il 20%, estrazione delle materie e trasporto che impattano entrambe per il 10%.
D’altra parte, quello della sostenibilità è un tema che sta attirando sempre più l’attenzione dei consumatori: il 78% degli intervistati, infatti, ricerca un packaging plastic-free, mentre il 76% desidera acquistare prodotti sostenibili o ottenuti da fonti rinnovabili e il 75% opta per confezioni ricaricabili e riutilizzabili. Il 69% è influenzato dalla riduzione di carbonio mentre il 65% si informa e preoccupa del problema dell’impronta idrica.
Il prodotto resta un nodo centrale. Per creare prodotti con solide performance ambientali, la sostenibilità deve entrare in ogni fase, dalla formulazione al fine vita passando per la distribuzione, prestando attenzione ad alcuni miti da sfatare, come quello dell’utilizzo di “ingredienti naturali” che possono, talvolta, avere un impatto più elevato in termini di emissioni, uso del suolo e acqua, come spiega la ricerca: in alcuni casi, i materiali sintetici possono offrire un’alternativa con minore impatto, senza compromettere la qualità.
Altro aspetto essenziale è il packaging: per sviluppare confezioni completamente sostenibili, avverte la società di consulenza, le aziende hanno bisogno di un approccio all’ecodesign che consideri l’impatto olistico della catena del valore di un prodotto e del suo packaging. Gli aspetti di cui tener conto sono quelli legati a soluzioni di riutilizzo e refill, con attenzione alla riciclabilità, la semplificazione del design per ridurre componenti e materiali, i processi di finitura, che nel caso della metallizzazione hanno un impatto elevato. Senza dimenticare le fasi della distribuzione, dall’utilizzo sempre più diffuso dell’e-commerce all’allestimento del punto di vendita.
Anche nella fase d’uso ci sono ampi margini di miglioramento. Può essere la principale causa dell’impatto di un prodotto in base alle caratteristiche ambientali ed energetiche del mercato in cui viene utilizzato e della modalità di rimozione, con o senza risciacquo. Basti pensare ai gel doccia, ai saponi e al make-up. Inoltre, durante la fase di progettazione del packaging le aziende possono aiutare i consumatori a evitare lo spreco o l’uso eccessivo del prodotto creando contenitori che permettano il giusto dosaggio.
«Se fino a pochi anni fa la sostenibilità era un obiettivo perseguito da più attori ma in modo talvolta discontinuo, oggi è e una strada maestra nelle agende di organizzazioni sovranazionali, Governi e nelle politiche industriali - commenta Simone Pedrazzini, direttore di Quantis Italia -. Il nostro obiettivo è tracciare la strada verso una vera sostenibilità grazie all’educazione di tutti gli attori a buone pratiche che partono dalla quantificazione, dall’analisi dei dati, e da un reale cambio di rotta di cui tutta la filiera e tutti gli stakeholder sono parte attiva».
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