Fisco e collezionismo

Sotheby’s sotto accusa per frode fiscale: “non è sopra la legge”

La Corte Suprema di New York ha rinviato a giudizio la società per evasione fiscale su 27 milioni di dollari rigettando la richiesta di archiviazione del caso presentata dai difensori

di Giu. G.

3' di lettura

Le indagini a capo del New York Attorney General Letitia James erano partite lo scorso anno, nell'autunno del 2020. Secondo la pubblica accusa Sotheby’s avrebbe aiutato clienti facoltosi - rimasti anonimi - ad evadere le tasse per milioni di dollari sottoponendoli al regime fiscale previsto per i commercianti di opere d'arte e non a quello per i collezionisti. James si riferisce all'acquisto da parte di un cliente di opere, tra cui Jean-Michel Basquiat e Anish Kapoor, per un totale superiore a 27 milioni di dollari per cui non sarebbe stata pagata la sale tax. A riparazione del danno, il procuratore avrebbe chiesto “treble damages”, ossia tre volte il risarcimento attuale (actual damages) o la compensazione (compensatory damages).
Il diritto federale americano, applicabile in tutti gli stati della federazione, prevede che un venditore “registrato” non sia soggetto alla “sale tax” (un'imposta sulla vendita riscossa dall'ultimo retailer e diversa dall'Iva) dei suoi beni se al momento dell'acquisto può dimostrare tramite “resale certificate”, cioè certificati di rivendita, che provvederà alla rivendita con profitto dei beni acquistati come già fatto in passato. Un “resale certificate” è appunto un impegno a rivendere il bene acquistato, indicando l'imponibile sulla vendita finale.

Il coinvolgimento di Sotheby’s

Quello della casa d'aste sarebbe, secondo l'accusa, un coinvolgimento attivo nella vicenda: i dipendenti avrebbero aiutato i clienti a forgiare “certificati di rivendita” falsi tra 2010 e il 2015 grazie ai quali il collezionista è potuto risultare un mercante d’arte agli effetti della legge. Il servizio di contabilità clienti interno a Sotheby's avrebbe azzerato l’imposta sulle vendite da tutte le fatture associate agli acquisti con questi falsi certificati di rivendita, secondo la decisione del giudice Andrew Borrok del tribunale dello Stato di New York a Manhattan: “È sostenuto sufficientemente che le vendite imponibili di Sotheby’s sono state dichiarate falsamente perché escludevano le vendite con i falsi certificati di rivendita”. James ha detto che almeno 12 dipendenti di Sotheby’s sapevano che il cliente, che gestisce un’azienda di spedizioni e vive principalmente al di fuori degli Stati Uniti, stava comprando opere d’arte per se stesso ma usava certificati di rivendita. A beneficiare di questi sconti, sarebbero, secondo il Wall Street Journal, la Porsal Equities Ltd, una holding con sede nelle Isole Vergini britanniche e il collezionista venezuelano Isaac Sultan, presidente dell’azienda di allevamenti di maiali Atlantic Feeder Services USA LLC a Miami. Artnet News non è riuscita a confermare l'identità di Sultan che non ha risposto alle ripetute richieste di commentare la vicenda.

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Al contrattacco

La difesa di Sotheby's sostiene che il procuratore Borrok non sia ancora riuscito a dimostrare l'attivo coinvolgimento della casa d'aste, nè che la società sapesse che i documenti presentati fossero falsi. Inoltre, la difesa ritiene la richiesta di risarcimento avanzata da James “punitiva” e si dichiara disposta a pagare le sale tax non versate, ma nulla di più. Un portavoce di Sotheby’s ha dichiarato: “Siamo in disaccordo con la decisione e continueremo a contestare vigorosamente le accuse prive di fondamento”.La prima udienza è fissata per il 26 ottobre prossimo. Secondo quanto riportato da ArtNews e Reuters un rappresentante dell’Ufficio del procuratore generale avrebbe dichiarato via email che: “Sotheby’s ha violato la legge e ha rubato milioni ai contribuenti di New York solo per aumentare le proprie vendite. Questa causa dovrebbe inviare un messaggio chiaro: non importa quanto tu sia ricco, nessuno è al di sopra della legge”.

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