Spada: «Dalla Ue una svolta che eviti la de-industrializzazione»
Il richiamo di Spada a Bruxelles: meno vincoli per investire, un fondo comune per gestire la transizione, una politica industriale di lungo respiro. «Ma nessuno può essere sovrano da solo».
di Luca Orlando
4' di lettura
Nessun futuro senza Europa. Un futuro in salita se l’Europa non cambia.
A partire dal claim, “Nel cuore dell’Europa”, è qui, nelle scelte di Bruxelles, nella politica industriale comunitaria, il centro del discorso di Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, tesi esposte ai soci della prima territoriale di Confindustria riuniti per l’assemblea annuale.
Tenuta all’ex Innocenti di via Rubattino a Milano, luogo simbolo della manifattura degli anni ruggenti (qui si realizzavano Lambretta e Mini) , impianto da migliaia di addetti caduto nell’oblio e ora trasformato in centro di ricerca da Camozzi, metafora di rinascita industriale che affianca il sapere aziendale alla ricerca, con la presenza dei laboratori del Politecnico di Milano e dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Sintesi, questa, di un sistema d’impresa vivo e vitale - spiega Spada ai 1800 imprenditori in platea - forte di migliaia di campioni in grado di operare con successo nel mondo, vincenti grazie a qualità, innovazione e flessibilità. Capaci di produrre dalla sola Lombardia 163 miliardi di export e un monte salari da 24 miliardi, superiore a quello di paesi come Svezia, Belgio o Danimarca.
«Questo territorio - scandisce Spada - ha la forza di uno Stato intero e la politica ha la responsabilità di esserne consapevole. Da qui passa il futuro, da qui si costruisce la politica industriale nazionale ed europea».
La forza delle imprese
Se l’Italia ha resistito alla crisi - ragiona Spada - lo deve anzitutto ad un nuovo piccolo miracolo economico, alla capacità della manifattura di salvaguardare la propria attività mantenendosi competitiva nel mondo facendo meglio di molti altri competitor. Così, guardando ai benchmark, a fine anno la Lombardia si troverà oltre quattro punti al di là dei livelli pre-pandemici, molto meglio rispetto a quanto realizzato da Baviera, Baden-Wurttemberg e Catalogna.
L’Europa a un bivio
E il futuro? Per Spada non vi sono dubbi, il nostro perimetro d’azione è in Europa. «E il nostro obiettivo - spiega - deve essere quello di rafforzare la Ue e di dotarla di capacità autonoma per promuovere beni pubblici comuni».
La crescita attuale da non va vanificata ma deve essere continuamente alimentata in un contesto complicato. In cui, inoltre, «c’è da chiedersi dove porterà una politica monetaria di rialzo dei tassi così forte e concentrata nel tempo, mentre le nostre imprese ancora scontano i rincari di materie prime ed energia».
Patrimonio di crescita da non disperdere rafforzando anzitutto il ruolo della Ue, in modo che abbia capacità autonoma per promuovere beni pubblici europei. «Con la pandemia e la guerra - spiega - abbiamo capito che i rischi devono essere socializzati e che nessun paese può essere sovrano da solo».
Schema da alimentare senza tornare ai dogmatismi del passato sull’equilibrio dei conti ma rilanciando in particolare gli investimenti. Le richiesta al premier Meloni, che nel suo intervento ha assicurato di voler andare proprio in quella direzione, è così quella di far passare nella Ue il principio per cui gli investimenti strategici vengano esclusi dai conteggi del Patto di Stabilità.
A mancare in Europa, per Spada, è una strategia unitaria comunitaria, carenza visibile nelle opzioni tecnologiche e nell’approvvigionamento delle materie prime, strategia ben diversa rispetto alla compattezza dimostrata da Stati Uniti e Cina, impegnate a rafforzare i propri sistemi produttivi. Mentre Bruxelles, con i suoi ambiziosi target ambientali «sta forzatamente intaccando la competitività delle imprese».
L’ambiente
Se la strategia ha obiettivi condivisibili sui temi ambientali, è però sbagliata nei tempi, spiegando come sia «del tutto irragionevole l’accelerazione impressa dalla Commissione, che sta dimostrando di voler scaricare sulle imprese i costi della transizione ecologica». Ridurre le emissioni è certo un bene pubblico, ma per poterlo fare nei tempi e nei modi di Bruxelles occorre agire in modo coerente con strumenti finanziari adeguati: «un fondo sovrano basato sull’emissione di Eurobond è la risposta adeguata. La Ue dimostri solidarietà e spirito comunitario anche nei confronti della transizione green».
Il Pnrr
Altro nodo è quello del Pnrr, spartiacque che può concretizzare oppure vanificare le ambizioni europee, peché «se il debito comune europeo continuerà ad essere emesso dipenderà soprattutto da noi». Schema, quello nazionale, fatto di una miriade di rivoli di spesa «secondo una perenne cattiva abitudine italiana volta alla continua ricerca del consenso». Anche se il Governo attuale - spiega Spada - non ha responsabilità per l’attuale impostazione - è al Governo che spetta il compito di trovare una soluzione.
La proposta per uscire dall’impasse è quella di trasformare in crediti d’imposta alle imprese le risorse non utilizzate, «lo stesso modello di Industria 4.0, l’unico vero piano di politica industriale che ci ha fatto svoltare in termini di competitività».
Il faro che deve guidarci è dunque una politica industriale, «quella che nella Ue negli ultimi decenni non c’è stata», operando con un’ottica di lungo respiro sui dossier strategici «se non vogliamo correre il rischio di una de-industrializzazione».
Le scelte da fare in Italia
Sul piano interno le priorità sono l’energia (puntando al nucleare pulito di 5a generazione), l’innovazione (rafforzando il piano 4.0 e ripristinando il patent box), il lavoro (con un’azione shock da 16 miliardi sul cuneo fiscale e una flat tax per i giovani assunti), le infrastrutture (terminando Terzo Valico, Torino-Lione, Pedemontana e Malpensa).
E poi la governance territoriale, completando la riforma della città metropolitana e dando il via all’autonomia regionale differenziata. Perché «il nostro passo, nettamente più spedito, permetterà al Paese intero una corsa virtuosa e non il contrario».
Il richiamo è all’Italia in cui Assolombarda crede, «quella che sa riconoscere e valorizzare le sue imprese», Richiamo che arriva da chi per natura geografica è «nel cuore dell’Europa», per capacità progettuale e industriale è «il cuore dell’Europa».
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