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È stato il terzo convegno della prima giornata del Festival di Trento, è stato introdotto da Roberto Battiston, anfitrione d’eccezione, Professore ordinario di Fisica Sperimentale presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e per quattro anni presidente dell’Agenzia spaziale italiana e si è tenuto di fronte a un’affollata platea nel Teatro sociale di Trento. Significativo il titolo dell’incontro: “La geopolitica dello spazio: La leadership tradizionale americana, le iniziative della Cina, e il ruolo dell’Europa”.
E che il ruolo di leadership cinese sia già consolidato è emerso dall’intervento di Plinio Innocenzi, docente all’Università di Sassari e profondo conoscitore della Cina (anche) per il suo ruolo di addetto scientifico presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino nel 2012 – La Cina è stato il quarto paese al mondo (il terzo è stato l’Italia con il satellite San Marco) a lanciare un satellite nello spazio. Nel 2003 hanno lanciato il primo astronauta cinese. Nel 2021 al mondo ci sono stati 145 lanci: 55 sono stati fatti dalla Cina, 45 dagli Stati Uniti, 25 dalla Russia. Ma la leadership cinese nella corsa allo spazio era già iniziata nel 2018. Dunque il sorpasso è oramai stabile. Nel frattempo il governo cinese ha costruito una serie di infrastrutture spaziali impressionanti: la base spaziale di Zhongguancun è la base spaziale più grande del mondo, e così la base di lancio di Wenchang».
In Cina un milione di ingegneri laureati ogni anno
E Innocenzi ha proseguito: «La Cina è in grado lanciare una enorme quantità di satelliti da ogni territorio della nazione. Per quanto riguarda le risorse umane non dimentichiamo che in Cina ogni anno si laureano un milione di Ingegneri. Ha costruito un sistema estremamente capillare di centri di ricerca aerospaziali». Quanto investono i cinesi dello spazio? «Impossibile dirlo. Ma è legittimo attendersi che siano cifre enormi».
Non lasciare soli i cinesi
«Noi italiani – ha poi chiarito Innocenzi – abbiamo iniziato a collaborare con i cinesi: quello dello spazio è un terreno neutro in cui si può iniziare a fare della diplomazia spaziale. La collaborazione che abbiamo iniziato con la Cina significa molto per loro. Una cosa che non si deve mai fare con una potenza come quella cinese è lasciarla sola e meno che mai metterla all’angolo. Le ostilità vanno smussate non accentuate: oltretutto la Cina ha subito un’involuzione autoritaria tale da far pensare a una grandissima Corea del Nord. Proprio per questo – ha concluso Innocenzi – l’opportunità di dialogo con loro deve essere perseguita con grande determinazione».
Gran Bretagna esclusa
Sulla geopolitica che entra con il piede a martello nel campo dello spazio e delle sue attività non ha dubbi Jean-Jacques Tortora dell’European Space Policy Agency: «Non abbiamo avuto bisogno della guerra in Ucraina per capire come lo Spazio si sia progressivamente trasformato in un campo di contese politiche: ci è bastato vedere il modo in cui la Gran Bretagna con la Brexit è stata estromessa dai programmi Copernico e Galileo dopo i dissidi intervenuti con la Ue. L’Unione europea ha fatto pressioni notevoli presso il Regno Unito per altre ragioni e questo è stato il risultato, nonostante il notevole contributo offerto dagli inglesi ai nostri programmi spaziali».
Europa estranea ai grandi giochi
Sotto il profilo strategico, poi, Tortora ha aggiunto come l’Europa sia di fatto estranea ai grandi giochi di leadership nel settore spaziale avendo privilegiato tradizionalmente gli aspetti di ricerca e commerciali, lasciando ad altri un tema che sta diventando cruciale: quello della sicurezza, che non è mai stato al centro dell’agenda europea. «La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: quello della sicurezza è al momento uno dei temi sui quali, a livello europeo, non abbiamo la minima idea su come organizzarci».
Gli Stati Uniti e la Russia nello spazio
«Lo spazio si è territorializzato – ha poi confermato Marta Dassù, Senior advisor Affari europei dell’Aspen Institute e già viceministro degli Affari esteri nel Governo Monti e nel Governo Letta – nel senso che le grandi potenze sfruttano lo spazio per ottenere dei benefici nella competizione tra nazioni. Abbiamo dunque assistito a un cambiamento strutturale che è molto importante. Gli Stati Uniti su questo hanno un ruolo fondamentale. E non lo hanno da oggi ma dai tempi della guerra fredda quando, come risposta allo shock del lancio dello Sputnik sovietico, gli Usa risposero con la creazione della Nasa, ma soprattutto nel 1958 con un grande National education plan per incentivare una élite che studiasse le materie adatte: le cosiddette discipline Stem: un piano che consentì, nel 1969, di arrivare al programma Apollo».
Usa e Russia insieme nello spazio sino al 2030
«Questo proseguì – ha proseguito Dassù – sino al fallimento del programma Shuttle del 2011, in seguito la Sojuz, diventò fondamentale per trasportare gli astronauti dalla terra alla Stazione spaziale internazionale. Questo spiega perché Stati Uniti e Russia anche a dispetto della guerra in Ucraina continuino almeno temporaneamente a collaborare. Si prevede che questa esperienza sia destinata a concludersi nel 2030 ma fondamentalmente sarebbe impensabile un ritiro della Russia dallo spazio. È uno dei pochi settori in cui ancora non si sono rotti i rapporti con la Russia»
L’anarchia spaziale
«Dobbiamo considerare – ha proseguito Dassù – che gli americani considerano l’autentico competitor per il futuro a lungo termine non tanto la Russia ma la Cina. Siamo in una terra di nessuno dal punto di vista delle regole del diritto internazionale: uno spazio anarchico molto sregolato in cui vale effettivamente la legge del più forte. La domanda è questa: chi è il più forte? Vince chi ha una visione strategica. La vera sfida non è nel presente. E la vera sfida non è tanto tra chi arriverà per primo su Marte ma tra chi riuscirà a restarvi. Un’altra cosa fondamentale è riuscire ad avere un capitale umano che abbia le competenze sufficienti per potersi misurare su questi temi e l’Europa è ancora indietro. Per dare alcuni parametri gli Usa spendono poco meno del 4% del Pil (40 miliardi di dollari)nella ricerca spaziale. La Ue spende 14 miliardi di euro. Oggi poi vedo un altro problema: quello delle armi strategiche antisatellite che sono rischiosissime per un equilibrio tra le grandi potenze».
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