Spese militari, pensioni e spending review: tre incognite sul cammino del Def in arrivo
Una volta varato alla fine del mese di marzo il nuovo decreto bollette, il governo dovrà concentrare gli sforzi sul Documento di economia e finanza da presentare entro metà aprile. E quella potrebbe essere la sede per dare le prime indicazioni su tre delicati capitoli: le risorse da destinare alla Difesa, la riforma della previdenza e il processo di revisione della spesa
di Marco Rogari
I punti chiave
5' di lettura
La priorità del governo è, almeno per il momento, il nuovo decreto bollette. Che dovrebbe vedere la luce al Consiglio dei ministri del 28 marzo. Ma i tecnici dell'esecutivo stanno anche cominciando ad avviare “l'istruttoria” per giungere alla composizione del Documento di economia e finanza (Def) con cui entro la metà di aprile dovrà essere aggiornato il quadro macroeconomico e dovranno essere individuate le linee guida per centrare i nuovi obiettivi programmatici di finanza pubblica di qui al 2026.
E, come sempre, le scelte da effettuare soprattutto in prossimità della prossima manovra autunnale sono anzitutto politiche. Come quelle legate a tre delle incognite che fanno da sfondo alla costruzione del Def: l'aumento delle spese militari, l'avvio della riforma delle pensioni e l'eventuale rafforzamento del (lento) processo di spending review. Nel primo caso il governo sembra avere le idee già chiare. A sgomberare il campo dagli equivoci ci ha pensato direttamente la premier Giorgia Meloni intervenendo in Parlamento il 21 marzo: «Questo governo è abituato a difendere l'interesse nazionale, non abbiamo mai fatto mistero di voler aumentare gli stanziamenti in spese militari», ha detto la presidente del Consiglio.
Sulla previdenza, invece, la posizione dell'esecutivo non è ancora chiara. I tempi per giungere a Quota 41 sembrano allungarsi, ma resta ancora da capire che cosa accadrà nel 2024 dopo lo stop di Quota 103 in calendario il 31 dicembre.
E tutta da giocare è anche la partita sulla spending review, che per ora non va oltre i target già fissati sulla scia del Pnrr per il triennio 2023-2025 (3,5 miliardi complessivi) ma che potrebbe subire un aggiornamento al rialzo anche per recuperare risorse preziose per la prossima legge di bilancio.
Il delicato passaggio del Def per il governo Meloni
Una volta varato il decreto bollette, con cui dovranno scattare i nuovi sostegni per imprese e famiglie visto che gli attuali aiuti si esauriscono il 31 marzo, il governo dovrà concentrare i suoi sforzi sul Def. Che costituisce una tappa significativa lungo la rotta tracciata dal governo sul delicato versante della politica economica. L'esecutivo dovrà anzitutto aggiornare le stime di crescita, indebitamento e inflazione per quest'anno e indicare gli obiettivi di finanza pubblica fino al 2026. Il quadro dovrebbe presentarsi con tinte meno cupe di quelle ipotizzate a fine 2022. L'Ocse ha recentemente aggiornato la sua previsione del Pil italiano a un +0,6% nel 2023 e a +1% nel 2024. E ha stimato un'inflazione in discesa dall’8,7% del 2022, al 6,7% quest'anno e al 2,5% nel 2024. Le “proiezioni” della Commissione europea di febbraio indicano per il 2023 una crescita anche più sostenuta: +0,8 per cento. Ma con il Def dovranno anche essere fornite le prime indicazioni sugli interventi che il governo intende far scattare il prossimo anno. E queste indicazioni potrebbero riguardare anche l'andamento delle spese militari, il destino della riforma delle pensioni e della spending review.
Aumentano le risorse per la difesa
Da un dossier del Servizio studi della Camera emerge che le spese finali del ministero della Difesa autorizzate per il 2023 dall'ultima legge di bilancio ammontano a 27,7 miliardi: 1,8 in più dei 25,9 miliardi previsti per l'anno precedente, anche se la sola spesa corrente (21,2 miliardi) è cresciuta di poco più di un miliardo. Sempre per quest'anno sono stati stanziati anche 1,57 miliardi per le missioni internazionali di pace. Ma nelle scorse settimane in un'audizione in Parlamento il ministro Guido Crosetto ha ricordato che alla Difesa sono attualmente destinati finanziamenti pari all'1,38 del Pil e che l'obiettivo del 2% del Pil, concordato nel lontano 2014 in sede Nato, resta lontano dall'essere centrato. Anche per questo motivo il governo italiano ha avanzato a Bruxelles la richiesta di escludere le spese militari dal raggio d'azione del Patto di stabilità Ue, che è in via di revisione. Una richiesta che per il momento non sembra destinata ad essere accolta. In ogni caso il governo è deciso a irrobustire con la prossima legge di bilancio il flusso di risorse destinato alla Difesa. E, dopo la conferma arrivata in Parlamento dalla premier Meloni, un'indicazione in questo senso potrebbe essere inserita già nel Def.
Cautela sulle pensioni
Con il Documento di economia e finanza sarà anche aggiornata la previsione sui costi della previdenza per quest'anno e per quelli successivi. Costi che sono destinati a lievitare malgrado la stretta imposta con l'ultima manovra al meccanismo di indicizzazione degli assegni pensionistici all'inflazione. Nell’ultima Nota di aggiornamento al Def viene stimata una crescita della spesa per pensioni dai 297,3 miliardi del 2022, a 320,8 miliardi alla fine di quest'anno e a 349,7 miliardi nel 2025, quando la sua incidenza sul Pil dovrebbe essere del 16,4% contro il 15,7% del 2022. Un andamento che non sembra consentire l'immediato ricorso a una soluzione come Quota 41, su cui punta l'esecutivo, che a regime costerebbe circa 9 miliardi l'anno. Non a caso il governo considera l'uscita con 41 anni di versamenti, a prescindere dall'età anagrafica, un obiettivo non a brevissima scadenza ma di legislatura. Resta da capire che cosa accadrà nel 2024 una volta che a fine dicembre si sarà esaurita l'esperienza annuale di Quota 103. Una delle possibili opzioni è una proroga della stessa Quota 103, ma potrebbero anche essere adottate altre formule di flessibilità in uscita. Intanto sindacati continuano a chiedere all'esecutivo di riaprire subito il confronto sulla riforma previdenziale.
Il nodo spending review
Il 16 marzo scorso il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha aggiornato il Consiglio dei ministri sull'andamento della fase di spending review impostata nel novembre 2022 in attuazione del Pnrr. I risparmi che dovranno essere realizzati dai ministeri sono già fissati: 883,1 milioni nel 2023, 1,3 miliardi nel 2024, 1,4 miliardi nel 2025. In tutto 3,58 miliardi nel triennio. Nel comunicato stampa diffuso da palazzo Chigi dopo il Cdm si afferma che il punto è stato fatto anche in vista dell'individuazione degli obiettivi programmatici aggregati di spesa da indicare nel prossimo Documento di economia e finanza relativo al triennio 2024-2026>>. Il Def in arrivo, dunque, dovrebbe fare esplicito riferimento all'intenzione di aggiornare l'attuale processo di revisione della spesa. Anche perché, alla luce degli esigui spazi di finanza pubblica disponibili per la prossima manovra, potrebbe essere utile per il governo recuperare risorse da destinare al completamento delle coperture della riforma fiscale o ad altri interventi in ottica “taglio del cuneo”. Ma è chiaro che un taglio marcato alla spesa pubblica potrebbe tramutarsi in una perdita di consensi elettorali. Resta quindi da vedere quale sarà la decisione della maggioranza. E le precedenti esperienze sul terreno della spending review, che nella maggior parte dei casi non hanno prodotto grandi risultati, non sono certo incoraggianti.
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