Spiagge, strutture balneari tutto l’anno solo con ok Soprintendenza
Il caso deciso riguarda uno stabilimento nell’area di Brindisi, che intendeva mantenere per un intero anno solare le strutture autorizzate per il periodo estivo
di Guglielmo Saporito
2' di lettura
Il nodo delle concessioni balneari si arricchisce di ulteriore argomenti: una sentenza del Consiglio di Stato (10 marzo 2023 n. 2559), sottopone gli stabilimenti a una rigida verifica da parte della Soprintendenza ai beni ambientali. Il caso deciso riguarda uno stabilimento nell’area di Brindisi, che intendeva mantenere per un intero anno solare le strutture autorizzate per il periodo estivo, richiamando la locale legge regionale (17/2015) che prevede tale continuità. I giudici amministrativi ritengono invece sempre necessario il parere della soprintendenza, anche per mantenere nell’arco dell’intero anno ciò che la soprintendenza ha autorizzato per la sola stagione estiva. Se tale consenso annuale manca, le opere devono essere smontate a fine stagione, per poi essere reinstallate con un nuovo parere. Questo principio parte dal presupposto che le concessioni demaniali turistico ricettive consentono solo elementi «facilmente amovibili», concetto simile a quello di «opera precaria» che si legge nella normativa urbanistica (Dlgs 380/2001): tuttavia, con riferimento al demanio marittimo, la facile amovibilità significa agevole rimozione, non necessariamente uso temporaneo.
Opera amovibile ma non temporanea
Un’opera quindi può essere facilmente amovibile ma non essere temporanea. L’opera è amovibile quando consiste nell’assemblaggio di elementi componibili, integralmente recuperabili, senza utilizzo di materiali cementanti di qualsiasi genere e senza lavori di scavo, in modo tale da non compromettere significativamente la possibilità di riuso (Tar Bari 1639/2019). In aggiunta a questa caratteristica di facile amovibilità, le opere soggette al parere della Soprintendenza esigono una specifica valutazione dei tempi di utilizzo della costa per periodi ulteriori rispetto alla mera stagione balneare: la permanenza di strutture per l’intero anno solare deve infatti ritenersi un’eccezione, tutte le volte che vi sia l’esigenza di restituire al bene costiero la propria dimensione naturale ed identitaria. Ciò vale in particolare per quelle aree costiere (nel caso esaminato dai giudici, nel Salento) che vanno conservate nel loro aspetto naturale e inedificato, una volta che siano cessate le esigenze connesse alla stagione balneare. Ad esempio, si deve consentire al bene di riacquistare il proprio assetto naturale con dune (Consiglio di Stato 11699/2022), anche se tale paesaggio è percepibile solo da solitari frequentatori invernali, mentre d’estate la stessa visuale paesaggistica è fortemente limitata a causa dell’alta affluenza dei bagnanti.
Il parere della soprintendenza
Da un lato quindi il parere della soprintendenza parte da un presupposto di «facile amovibilità», dall’altro vi è l’evoluzione dell’attività turistica, che impegna l’intero anno solare con estesi servizi ricreativi, che possono comprendere attività commerciali e pubblici esercizi. In ogni caso, non spetta alle leggi regionali la possibilità di trasformare pareri favorevoli della Soprintendenza emessi per un periodo limitato, in una stabile collocazione; se sussistono le ragioni che rendono incompatibile la presenza dell’opera a fine stagione, l’opera va rimossa (Consiglio di Stato 8083/2021). Le strutture «facilmente amovibili», alla fine del periodo di concessione passano poi gratuitamente al demanio (pur con i dubbi sollevati dal Consiglio di Stato 8010/2022), ed in presenza di valori paesaggistici vanno ciclicamente smontate e rimontate. Un meccansimo complesso che certo non facilita iniziative imprenditoriali.
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