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Lo spread BTp-Bund sta salendo bruscamente da qualche seduta. Sono soprattutto le tensioni politiche sul caso Ilva ad alimentare nuove vendite sui titoli italiani e questo ha portato, di fronte a un rendimento del Bund certamente più stabile nelle ultime giornate, a un’impennata dello spread.
Va però detto che, al netto dei fattori reali legati al giudizio degli investitori sui differenti gradi di rischio attribuiti ai titoli di Italia e Germania, c’è da considerare, in più, un fattore tecnico nella formula con cui viene calcolato lo spread. Tecnicalità che in questo momento sta penalizzando l’Italia.
Il 7 ottobre infatti è cambiato il BTp utilizzato come punto di riferimento (benchmark) per calcolare lo spread. Se fino ad allora è stato utilizzato il BTp cedola 3% scadenza 1 agosto 2029 (codice Isin IT0005365165 ) dal 7 ottobre la maggior parte delle piattaforme finanziarie ha aggiornato il benchmark al nuovo BTp cedola 1,35% scadenza 1 agosto 2030 (codice Isin IT0005383309) collocato dal Tesoro a fine agosto 2019.
Niente di strano: è normale cambiare nel tempo i benchmark di riferimento dato che col passare dei mesi un titolo con scadenza a 10 anni perde “duration” e quindi diventa meno attendibile per rappresentare quella durata. Il problema nasce dal fatto che in questo caso il cambio è avvenuto solo per l’Italia e non per la Germania.
«Questo perché Berlino non ha effettuato una nuova emissione con analoga scadenza, 2030, nel frattempo - spiega Angelo Drusiani, esperto del mercato obbligazionario a Banca Albertini Syz -. Il punto è che dal 7 ottobre lo spread calcolato risulta sfasato, con scadenze tra di loro diverse: otto mesi in più per quella del nostro Paese. Non si possono paragonare due rendimenti distanti otto mesi tra di loro, in una fase di tassi molto bassi. È quindi naturale che i rendimenti divergenti, il BTp paga mediamente 150 punti base in più rispetto al Bund tedesco, siano divenuti ancora più divergenti».
Come dimostra il Grafinomix di giornata, il nuovo sistema di calcolo è sfasato temporalmente e penalizza l’Italia appesantendo lo spread di circa 10 punti base. Non a caso alla chiusura del 14 ottobre il vecchio spread sarebbe risultato di 169 punti, mentre quello nuovo si è attestato a 178.
In sostanza quello che si sta facendo è mettere a confronto un titolo (il BTp) di quasi 11 anni con un altro (il Bund) di 10. È evidente che il titolo con scadenza più lunga tenda a pagare tassi un po’ più alti, al di là del rischio.
La distorsione nel calcolo resterà tale fino a quando - e al momento non è dato sapersi - verrà utilizzato un nuovo Bund decennale come benchmark. Fino ad allora, e resta una piccola consolazione dato che comunque l’Italia in questo momento se l’Italia sta pagando i tassi più alti di tutta l’Eurozona non è certo per fattori tecnici, per misurare lo “spread reale” tra i due Paesi basterà sottrarre mentalmente 10 punti base al dato ufficiale.
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