Spumanti e champagne che prendono vita con il favore delle tenebre
Vendemmia, vinificazione, affinamento realizzati senza esposizione solare o artificiale. Esistono bottiglie che emergono dal buio al momento della degustazione.
di Barbara Sgarzi
3' di lettura
Si chiama goût de lumière, sapore di luce, e a dispetto di come suona – l'allure della lingua francese qui gioca un grande ruolo – è un difetto. Precisamente, è un'alterazione aromatica degli champagne che sono stati conservati alla luce diretta e mostrano quindi un colore meno vivo e brillante, sviluppando, a detta dei degustatori più attenti, sentori di gomma bruciata, cipolla, aglio, cavolo cotto e zolfo. Non esattamente quello che ci si aspetta da una bollicina francese. Ed è un problema che sopravviene molto rapidamente: bastano poche settimane in una cantina non adatta, qualche giorno di esposizione in vetrina o, addirittura, una manciata di minuti per un calice lasciato incautamente al sole.
Per questo sempre più produttori, oltre a conservare i loro vini nelle caves sotterranee tipiche della Champagne, ne proteggono la delicatezza imbottigliandoli in vetro scuro, per salvarli il più possibile dalla luce. Domenico Avolio, direttore della sezione italiana dello Champagne Bureau, suggerisce infatti: «Per la conservazione casalinga raccomandiamo, oltre alla temperatura costante tra i 10 e i 15 gradi e un'umidità del 70 per cento, una cantina buia. Fate anche attenzione agli acquisti in negozi ed enoteche: la bottiglia esposta nello scaffale, alla luce diretta di lampade e neon, deve essere vuota, per servire solo da richiamo. I prodotti destinati alla vendita dovrebbero essere conservati altrove».
Rispetta i dettami la preziosa bollicina nostrana Giulio Ferrari Collezione 2001, ultima arrivata nella linea più esclusiva del produttore e gemma degli spumanti Trentodoc. L'eccellenza richiesta a questo chardonnay di montagna per diventare “da collezione” è tale che questa è solo la terza annata che esce, perché giudicata in grado di esprimersi al meglio con un invecchiamento così lungo (le precedenti erano state 1995 e 1997). Al riparo dalla luce, nelle cantine del produttore trentino passa ben 19 anni al buio e sui lieviti per emergere incredibilmente complesso, con tocchi di frutta gialla ed esotica, speziato di zenzero e con sentori salini. Le 2001 bottiglie (il numero ricalca l'annata) messe in vendita nell'autunno 2020 sono sparite immediatamente, ma è possibile degustarne una al ristorante o in enoteca, se si è abbastanza fortunati da trovarla in carta.
C'è chi, però, si è spinto oltre, tanto da creare un vino che la luce non l'ha praticamente mai vista. Untouched by Light , spumante sloveno della storica cantina Radgonske Gorice, è prodotto interamente al buio. Dalla vendemmia, fatta in orari notturni, alla vinificazione, fino all'affinamento che dura da uno a tre anni, tutto si svolge nell'oscurità più completa, così come gli assaggi degli enologi. Dopo il riposo sui lieviti, Untouched by Light, anche qui uno chardonnay in purezza della vendemmia 2016, prodotto per la prima volta quest'anno in 2mila esemplari, viene imbottigliato in vetro scuro e ulteriormente sigillato sottovuoto in una confezione nera completamente lightproof, indubbiamente affascinante. Non è comune degustare un vino che vedrà la luce, fuor di metafora, per la prima volta sulla vostra tavola, e che dal buio porta al naso una grande freschezza agrumata, note di menta e tè verde, ben bilanciate dalla morbidezza all'assaggio.
Assaggio che, per coerenza, dovremmo fare seguendo il consiglio dei grandi sommelier che spesso degustano alla cieca, con la bottiglia coperta e magari in calici neri, per non essere troppo distratti dal nostro senso più attivo, la vista, e concentrarsi esclusivamente su aromi e sensazioni gustative. Come succede, ad esempio, nel ristorante parigino Dans Le Noir, che da dieci anni propone cene e degustazioni al buio e ha aperto succursali in tutta Europa, Oceania e Africa, e a Milano, all'Istituto dei Ciechi, con Dialogo nel Buio, che organizza frequenti esperienze con assaggi di cibo e vino a luci spente per allenare tutti i sensi. Non solo il palato: lo champagne, ad esempio, è famoso anche per essere l'unico vino che si ascolta. La prossima volta, quando ve ne versano un calice, chiudete gli occhi e concentratevi sull'inimitabile sequenza di suoni prodotti dal tappo e dall'effervescenza che si sprigiona nel bicchiere. Si chiama bruit du Champagne e sì, dà dipendenza.
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