Paese al collasso

Sri Lanka sceglie la strada del default pur di pagare medicine e alimentari

Il Governo negozierà con l’Fmi la ristrutturazione degli obblighi con l’estero. Sale la protesta di piazza per chiedere le dimissioni del presidente Rajapaksa

di Gianluca Di Donfrancesco

Sri Lanka, le celebrazioni per il 74° anniversario dell'indipendenza

3' di lettura

«Gota go home». «Gota vattene». Gota è Gotabaya Rajapaksa, presidente dello Sri Lanka, membro della dinastia familiare che domina la politica e l’economia del Paese da quasi 20 anni. Suo fratello, Mahinda, è il primo ministro. Altri due fratelli di Gotabaya sono stati membri del Governo fino a una decina di giorni fa, quando l’intero gabinetto si è dimesso: Basil Rajapaksa alle Finanze, Chamal all’Irrigazione. Namal Rajapaksa, figlio di Mahinda (lui rimasto al suo posto), era ministro dello Sport.

Abitanti sempre più esasperati

A gridare «Gota go home» sono gli abitanti sempre più esasperati dello Sri Lanka, che attribuiscono al clan del presidente la responsabilità della crisi economica più grave dall’indipendenza. Le riserve valutarie sono ormai esaurite: a fine marzo sono scese sotto quota 2 miliardi di dollari, ma secondo alcune fonti, sarebbero ormai appena 600 milioni, quanto basta per coprire più o meno una settimana di importazioni.

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È il default: il 12 aprile, le autorità si sono arrese e hanno annunciato lo stop al rimborso del debito estero, sia le obbligazioni, sia i prestiti bilaterali ottenuti da Governi e istituzioni internazionali. «Dobbiamo concentrarci sulle importazioni essenziali e non possiamo preoccuparci del servizio del debito estero», ha affermato il governatore della Banca centrale, Nandalal Weerasinghe.

Il negoziato con il Fondo monetario internazionale

Dopo sofferte tergiversazioni, l’Esecutivo ultranazionalista si prepara a negoziare con l’Fmi un programma di ristrutturazione del debito. I contatti sono già stati avviati. Saranno facilitati dal cambio al timone della Banca centrale: la settimana scorsa si è dimesso l’ex governatore Ajith Nivard Cabraal, che ha osteggiato fino all’ultimo la richiesta di intervento dell’Fmi, considerata una ferita alla sovranità del Paese. Weerasinghe, che ne ha preso il posto, è un economista ortodosso con un trascorso al Fondo. Nel giorno del suo insediamento, l’8 aprile, la Banca centrale ha alzato i tassi di 700 punti base, raddoppiandoli al 14,5%.

Negli ultimi 15 anni, il Paese ha visto il debito estero impennarsi fino al 65% del Pil. Nel 2022, ha in scadenza circa 4 miliardi di dollari di oneri, inclusa un’obbligazione sovrana internazionale da 1 miliardo in calendario a luglio. Secondo Fitch, serviranno altri 2,4 miliardi di dollari per rimborsare i debiti contratti da aziende statali e private.

Stop all’import di beni essenziali

Da diverse settimane il Paese non riesce più a importare beni di prima necessità: gasolio, fertilizzanti, medicinali, cibo. A corto di combustibile per alimentare le centrali elettriche, le autorità interrompono l’erogazione della corrente per 10-13 ore al giorno. Nei supermercati il latte in polvere è raro e ormai fuori portata per le famiglie del ceto medio, con l’inflazione che a marzo ha sfiorato il 19%. La sola componente alimentare ha superato il 30%. I distributori di carburante sono assediati da lunghe code di veicoli e scooter controllati a vista da soldati. Analoghe scene davanti ai rivenditori di bombole del gas.

Il sistema sanitario è al collasso. Gli ospedali stanno rapidamente esaurendo i farmaci salvavita, tanto che alcuni hanno sospeso gli interventi chirurgici e le associazioni dei medici avvisano che la sopravvivenza dei pazienti cronici è a rischio.

Problemi esistenti prima della pandemia

I guai dello Sri Lanka cominciano prima del Covid-19 : la pandemia ha sorpreso il Paese con un quadro di finanza pubblica già deteriorato. La paralisi del turismo, settore chiave per questa piccola economia, ha inferto il colpo di grazia. Secondo la Banca centrale, il Paese ha perso circa 9 miliardi di dollari di entrate negli ultimi 2 anni. Anche le rimesse degli emigrati sono crollate (-23% l’anno scorso).

Già a settembre il presidente Rajapaksa aveva dichiarato lo stato di emergenza economica. Poi è arrivata la guerra in Ucraina , con le ripercussioni su materie prime ed energia, in un contesto finanziario che mette alla prova i Paesi emergenti più indebitati e fragili.

Il supporto di India e Cina

India e Cina, che si contendono una sorta di protettorato sull’isola (con Pechino nettamente in vantaggio), hanno offerto assistenza finanziaria. Per dare un minimo di stabilità politica al Paese, Gotabaya Rajapaksa ha provato la carta del Governo di unità nazionale, ma si è visto sbattere la porta in faccia dai partiti di opposizione, che cavalcano la contestazione popolare e chiedono un cambio al vertice. La protesta è arrabbiata, ma ancora sostanzialmente pacifica.

I manifestanti si accampano davanti alle dimore dei politici, compresa la residenza del presidente, di cui vogliono le dimissioni. La giornata più tesa è stata quella di venerdì 1° aprile, finita con una cinquantina di feriti e decine di arresti. Pochi giorni dopo, i ministri del gabinetto si sono dimessi, imitati da decine di parlamentari, lasciando il Governo in minoranza e i fratelli Gotabaya e Mahinda sempre più soli al potere.

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