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Stagione di dilemmi politici, economici e istituzionali per la Ue

L’accordo sul nuovo Patto di stabilità contribuirebbe ad accrescere la fiducia dei mercati

di Marco Buti

 La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

4' di lettura

La crisi pandemica è stata politicamente molto difficile da gestire, sia a livello europeo che nazionale, ma non ha posto particolari dilemmi dal punto di vista della politica economica. Le politiche fiscali, monetarie e strutturali dovevano spingere tutte nella stessa direzione: verso l’espansione. Questo era il compito del nuovo strumento orizzontale di acquisto titoli (il Pepp) della Banca centrale europea, della sospensione del Patto di stabilità e crescita, del sostegno alle casse integrazioni nazionali attraverso il programma Sure e, infine, della creazione di Next Generation Eu (Ngeu). Anche prima della pandemia, non c’erano tensioni fra inflazione e crescita: nelle previsioni di autunno 2019, la Commissione europea prevedeva una crescita modesta all’1,4%, nel 2019 e 2020, in decelerazione rispetto al 2018, con un’inflazione all’1,4%, quindi sotto l’obiettivo del 2% della Bce. La strategia di transizione ecologica e digitale proposta dalla Commissione europea dava il quadro all’interno del quale orientare le scelte di riforma e investimento. Il combinato disposto delle misure monetarie e fiscali ha avuto un impatto favorevole sulla fiducia
degli investitori anche prima del pagamento di un solo euro di Ngeu.

La situazione è radicalmente cambiata con l’invasione russa dell’Ucraina. L’Unione europea deve far fronte oggi
ad almeno tre dilemmi.

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1 Gli equilibri macroeconomici: i rischi di stagflazione impediscono alla politica monetaria di sostenere la crescita senza rischiare di accentuare le pressioni inflazionistiche spinte dalla crisi energetica. La fine dei programmi di acquisti di titoli e la successiva annunciata normalizzazione dei tassi d’interesse devono mettere sotto controllo le aspettative d’inflazione evitando al contempo quei rischi di frammentazione finanziaria che hanno caratterizzato la zona euro durante i lunghi anni della crisi finanziaria globale. A questo fine, la Bce ha annunciato la creazione di uno strumento specifico anti-spread. In questo quadro, è necessario che le politiche fiscali nazionali puntino su investimenti che favoriscano la transizione energetica e sostengano i bassi redditi, evitando però uno stimolo di bilancio generalizzato che accentuerebbe le pressioni inflazionistiche. In particolare, i Paesi ad alto debito come l’Italia devono utilizzare al meglio le opportunità di Ngeu e mantenere uno stretto controllo sulle spese primarie correnti, come raccomandato dalla Commissione nel quadro del cosiddetto Semestre europeo. Quindi, l’estensione al 2023 della clausola di salvaguardia del Patto non significa l’assenza di vincoli per le politiche fiscali nazionali. Uno strumento fiscale centrale favorirebbe il coordinamento verticale fra politiche fiscali nazionali ed europee.

2 La sostenibilità nei suoi tre aspetti: fiscale, ambientale e sociale. I massicci investimenti per raggiungere gli obiettivi di Fit-for-55 e REPowerEU (rispettivamente 390 e 30 miliardi annuali fino al 2030) non devono condurre a ulteriori aumenti del rapporto debito pubblico/Pil che in Spagna, Italia e Francia è lievitato fra 13 e 17 punti dal 2019 al 2022, a fronte di un aumento di 9 punti in media nella zona euro. Al tempo stesso, diventa fondamentale tenere in considerazione gli effetti redistributivi nella transizione e nelle misure adottate. A fronte di estese politiche dei prezzi per ridurre l’impatto della crisi energetica, simulazioni della Commissione mostrano come sussidi mirati alle famiglie più bisognose siano superiori a misure generalizzate sui prezzi sia in termini di impatto sui consumi che di emissioni di gas ad effetto serra. Il contributo del bilancio europeo attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza (Rrf) e REPowerEU contribuiranno ad attenuare questo dilemma: dopo l’approvazione delle proposte della Commissione da parte del Consiglio, potranno essere utilizzati i 220 miliardi di euro di prestiti ancora non richiesti, redistribuendo la parte non richiesta a quei Paesi che, come l’Italia, hanno già raggiunto il massimo dei prestiti di 6.8% del Pil; a questi si aggiungono 20 miliardi di trasferimenti dalla vendita di Ets dal fondo per la stabilizzazione del mercato e la possibilità di mobilizzare oltre 50 miliardi ai fini della transizione energetica dai fondi strutturali e dello sviluppo rurale.

3 Il trade off fra efficienza e autonomia, quello forse più preoccupante nel medio-lungo termine: catene internazionali “lunghe” del valore conducono a guadagni di efficienza, permettendo di allocare i fattori di produzione rispettando i vantaggi comparati; tuttavia, come già l’esperienza della produzione di vaccini durante la pandemia ha mostrato, tali catene sono soggette a vulnerabilità tecniche e strategiche. Catene del valore più “corte” potrebbero assicurare maggiore sicurezza, ma al prezzo di perdite di efficienza, in taluni casi molto elevate, con un impatto negativo anche sulla transizione verde vista la dipendenza dai materiali non disponibili in Europa o nei Paesi amici. Come è stato notato, dato l’alto grado di compenetrazione dei sistemi produttivi, la segmentazione dell’economia mondiale assomiglierebbe più ad una “Brexit globale” che al ritorno alla guerra fredda. Mentre il “multilateralismo ingenuo” è stato messo in soffitta dal conflitto economico Cina-Stati Uniti già nel periodo della Presidenza Trump e ha ricevuto il colpo di grazia con la guerra di Putin, l’Europa deve continuare a operare per mantenere aperti gli
scambi internazionali. Il rifiuto di un giuoco a somma zero è l’obiettivo dell’autonomia strategica aperta proposta dalla Commissione.

Le risposte per affrontare i tre dilemmi devono soddisfare quello che ho chiamato altrove il Test di compatibilità di Jean Monnet che abbraccia coerenza economica, coerenza istituzionale e coerenza politica nella risposta alla crisi. La prima passa per politiche fiscali prudenti nel breve termine, associate a una riforma delle regole fiscali europee che permettano di mettere gli alti debiti pubblici su una traiettoria discendente graduale, ma credibile e di migliorare la qualità della finanza pubblica. Un rapido accordo sul nuovo patto di stabilità e crescita avrebbe di per sé un impatto positivo sulla fiducia dei mercati. La coerenza istituzionale richiede che siano sfruttate al meglio le opportunità di Ngeu e REPowerEU, anche per aprire la via a un dibattito sull’offerta centralizzata di beni pubblici europei nel campo dell’energia e della difesa. Infine, la coerenza politica impone di vagliare l’agenda domestica europea e nazionale alla luce delle priorità geopolitiche: i sondaggi dell’eurobarometro mostrano che le opinioni pubbliche nazionali hanno preferenze meno eterogenee dei governi rispettivi sul ruolo e i compiti globali dell’Europa. Abbassare il “tasso di sconto politico” è essenziale per scelte che soddisfino il Test di Jean Monnet, creando così le condizioni per attraversare di nuovo, come durante la pandemia, linee rosse che sembravano infrangibili

Capo di gabinetto del Commissario europeo per gli Affari economici e monetari, già Direttore generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea

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