analisi Simbiosity

Start up, cresce l’agrifood tech

di Andrea Biondi

3' di lettura

La startup di Grosseto, la Water Food, che realizza serre idroponiche. Oppure la startup di Potenza, la Agrifa, che produce funghi e tartufi in serre idroponiche. Oppure anche la startup di Campobasso – la My Agry, che in pratica coltiva gli orti “personali”, bio, su misura – o la Spireat di Cremona che si è lanciata nella produzione di particolari alghe di acqua dolce.

Tutti esempi di «realtà in cui l’innovazione si è andata a innestare in uno degli ambiti tradizionali dell’economia del Paese»: le startup italiane dell’agri-food tech. Una realtà «in forte crescita» spiega Marco de Palma, co-founder di Simbiosity, società di consulenza – si definiscono “Innovation hunters” – che ha mappato le startup dell’agri-food tech in Italia con una ricerca che sarà presentata nell’ambito di Seed&Chips, evento di riferimento nel campo dell’innovazione nel food che si svolgerà a Milano, al MiCo da lunedì 7 al 10 maggio. A questo appuntamento lo scorso anno ha preso parte l’ex presidente Usa, Barack Obama, come speaker.

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Quella che emerge dallo studio è la fotografia di un settore nuovo, con grandi possibilità di crescita e sviluppo in Italia. «In questo caso – aggiunge de Palma – l’innovazione viene declinata in un settore tipico per l’Italia e non in uno di quegli ambiti che richiedono una scalabilità mondiale in cui realtà italiane hanno ben poco spazio per emergere». Insomma, puntando sull’hi-tech è meglio concentrarsi su comparti in cui il legame con la tradizione italiana e del territorio può rappresentare un plus.

Obama alla terza edizione di “Seed & Chips: il vertice globale dell’innovazione alimentare”

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In questo senso la ricerca è giunta alla conclusione che l’agri-food tech rappresenta per l’Italia circa il 10% delle startup e scaleup. Si parla di 1.890 imprese su un totale di 18.853. Su questo punto vanno fatte due importanti precisazioni. La prima: le quasi diciannovemila startup italiane sono ben più delle oltre 8mila iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese delle Camere di commercio a fine dello scorso anno, parte di quell’“ecosistema normativo” diventato realtà in Italia dal 2012. «Abbiamo superato le 18mila startup censite – spiega de Palma – ampliando la platea delle imprese rispetto a quelle che si considerano per legge startup innovative. Abbiamo considerato le imprese fino a 20 dipendenti, con 10 anni di anzianità e con all’interno connotazioni hi-tech». Cosa, quest’ultima, fatta grazie a un sistema proprietario di mapping e classificazione basato su intelligenza artificiale e algoritmi di semantica.

In questa mappatura è emerso che un 10% appartiene all’agri-food “extended”: novero comprensivo delle startup con tecnologie applicabili all’agri-food oltre che dedicate. Un esempio? Aziende che magari operano con i droni ma ancora senza le idee chiare su una possibile applicazione i campo agricolo (pur senza escluderlo). Di queste, 617 sono quelle definite agri-food core”.

Queste rappresentano il focus dello studio di Simbiosity in cui come primo dato va evidenziato il trend: +74% in un anno. Lombardia (127), Emilia-Romagna (69), Veneto (54) e Lazio (8,1%) valgono quasi il 50% di una torta fatta da imprese la cui attività rientra nell’agritech (agricoltura di precisione, droni), nella trasformazione (produzione, packaging), nella distribuzione (e-commerce, delivery), health (biotech per la salute), “Knowledge&sharing” (food education, learning). Un questi comparti la crescita del 74% in un anno «è da tenere assolutamente in considerazione, anche nella sua componente geografica», con le 322 al Nord cresciute di numero dell’80%, le 128 del centro (+58%), ma soprattutto le 167 di Sud e Isole salite in un anno del 78 per cento.

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