Startup, gli incentivi per chi investe triplicano i capitali
di Michela Finizio
3' di lettura
Sono triplicati in tre anni gli investimenti in start up innovative, oggetto degli incentivi fiscali messi a punto dal Governo, per un totale pari a circa 73 milioni di euro di capitali impegnati nel settore tra il 2013 e il 2015. È questo il bilancio dei primi tre anni di operatività della detrazione fiscale per le persone fisiche che scelgono di entrare, direttamente o indirettamente, nel capitale sociale di una start up. Un bonus che nei primi anni è stato goduto da oltre 4mila business angels e che, con l’ultima legge di Bilancio, è stato elevato dal 19% al 30% a partire dal 2017.
Dall’elaborazione dei dati sulle dichiarazione dei redditi degli italiani, pubblicati sul sito internet delle Finanze, emerge l’impatto dell’incentivo fiscale, introdotto con il Dl 179/2012. Al netto del suo potenziamento al 30%, in vigore solo da quest’anno, la sua efficacia emerge già dai primi anni: se nel 2013 (anno di introduzione della detrazione fiscale) ne hanno beneficiato solo 645 contribuenti, per un importo pari ad appena 11,3 milioni di euro investiti, nel 2015 i beneficiari sono saliti a 2.128 per un totale di 36,2 milioni di euro di equity. Un incremento che ci si aspetta verrà confermato dai dati relativi al periodo di imposta 2016 e che nel 2017, alla luce delle novità, potrebbe ulteriormente decollare. Anche perché l’ultima legge di Bilancio ha elevato anche il tetto dell’importo detraibile, da 500mila a un milione di euro: in base ai dati delle Finanze relativi al 2015, si calcola un investimento medio pari a poco più di 17mila euro (e un relativo sconto fiscale di circa 3.200 euro).
Comunque, anche se la norma impone che l’ingresso nel capitale sociale vada mantenuto per almeno due anni (tre a partire dal 2017), ad essere incentivati sono gli «investimenti informali» nelle start up innovative, come li definisce Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio startup hi-tech del Politecnico di Milano. «Si tratta di business angels, imprenditori, manager, a volte di parenti o amici, che scelgono di credere in un’idea o in un team di persone. Ma dietro questi investimenti non c’è una vera d ue diligence oppure l’analisi di un business plan, come accade invece per gli investimenti formali dei venture capitalist oppure delle finanziarie regionali».
Quello degli investimenti agevolati nelle startup innovative è un mondo estremamaente variegato, ma ancora poco strutturato: gli importi impegnati hanno un impatto ridotto. «Con queste cifre - aggiunge Ghezzi - la start up riesce a pagarsi l’affitto per un anno, ma poco di più». I contribuenti che beneficiano di questi incentivi investono nelle start up in ottica individuale, il più delle volte per diversificare il rischio oppure per qualificare il proprio portafoglio. «Più efficaci sarebbero gli angels network, le cordate di investitori, che potrebbero fare la differenza nella fase pre-seed - conclude il direttore dell’Osservatorio start up - . Così come sarebbe importante modificare la struttura fiscale del venture capital e, ancor di più, rendere competitive le sponsorizzazioni e le partnerschip con imprese consolidate».
Dalle spese per il personale alle tasse, slalom delle startup tra 28 incentivi
In base alla distribuzione geografica degli investimenti, inoltre, in Friuli Venezia Giulia si rileva un’interessante correlazione tra il numero dei beneficiari degli incentivi e il numero di startup innovative (rispettivamente 187 e 166): qui si contano undici business angels ogni 10 startup.Infine, la suddivisione per classi di reddito racconta il comportamento di “un incentivo per ricchi”: quasi il 40% dei beneficiari dichiara più di 75mila euro all’anno.
- Argomenti
- Fisco
- Start up
- Antonio Ghezzi
loading...