Archeologia

Stonehenge, «canto del cigno» dell’età della pietra

Al British Museum una mirabile mostra sul monumento vanta prestiti anche dall’Italia per raccontare il continente di 5mila anni fa

di Simone Filippetti

9' di lettura

E' una gelida alba di gennaio. La brina copre tutta la Salisbury Plain, l'immensa dolce vallata dello Wiltshire, sovrastata dal celebre monumento di Stonehenge. Un gruppo di turisti è nervoso: rischia di aver fatto la levataccia, per niente. Sono venuti per ammirare l'alba da dentro il cerchio di pietre più famoso al mondo. Nei giorni precedenti, una fitta nebbia ha coperto tutta la zona di Stonehenge. Ma sono invece fortunati: cielo sereno, spunta il sole. E vederlo dall'interno di Stonehenge è un'esperienza quasi mistica. Si capisce perché da millenni il posto eserciti un fascino incredibile sulle persone.
Una volta lo spettacolo del sorgere del sole era gratuito, oggi a pagamento, non per avidità, ma per preservare il manufatto più importante d'Europa dall'assalto del turismo di massa. Il fascino eterno di Stonehenge è il fascino del mistero. I tre cerchi concentrici di colossali porte fatte con gigantesche pietre singole hanno alimentato ammirazione e un senso di “sacro”: da Giulio Cesare ai Normanni, passando per Angli, Sassoni e Vichinghi, nessuno dei tanti colonizzatori dell'isola nel corso del tempo ha mai osato violare il luogo.

Un mito millenario

Il mito di Stonehenge è iniziato quasi subito: in un'antica tomba preistorica è stato scoperto un piccolo vaso per bruciare incenso a forma di Stonehenge che risale a 3mila anni fa. Un piccolo modellino, come chi oggi compra il souvenir del Colosseo o della Torre Eiffel. La fama del sito archeologico, in età moderna, è dovuta a William Stukeley, antiquario del ‘700, che per primo studiò il monumento in modo scientifico e coniò il nome di Stonehenge che vuol dire soltanto “recinto rotondo di pietra”: non si sa come venisse chiamato prima e, soprattutto, come lo chiamavano i “proprietari”, gli uomini primitivi che lo costruirono. Il British Museum, tra cui fondatori figura Stukeley medesimo, ha inaugurato la prima mostra della sua storia. Ci sono voluti decenni di ricerche e studi per allestire l'esibizione, costata circa 1 milione di sterline con oggetti da tutta Europa. E' anche un omaggio a Stukeley medesimo, che del British Museum è stato uno dei fondatori. Costruita negli stessi anni della piramide di Giza e della Sfinge in Egitto, attorno al 3mila avanti Cristo, Stonehenge, a prima vista segna l'inizio della civiltà occidentale: è, invece, il canto del cigno, l'apice che segna la fine di un'epoca. Epoca finita in modo violento e traumatico. Tanto che, forse, Stonehenge, nonostante la sua imponenza, ancora dopo 5mila anni, non fu mai finito, ma abbandonato.

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Stonehenge al British Museum

La mostra al museo di Londra, si chiama “The World of Stonehenge”, il Mondo di Stonehenge. E in effetti l'antichissimo monumento è solo una parte della mostra. L'ambizione, pienamente riuscita, del curatore Neil Wilkin, è quella di raccontare un'intera epoca, durata circa 10mila anni: l'Età della Pietra in Europa. La maestosa Sainsbury Gallery, la sala più grande del museo, offre al visitatore una stupefacente visione d'insieme del continente com'era 5mila anni fa. Nella grandissima varietà di oggetti, ben 430, tra cui un impressionante blocco fossile di due buoi che trainano un carro, e il prezioso disco del cielo di Nebra, entrambi dalla Germania: è la prima mappa astronomica dell'umanità dove è incisa la più antica raffigurazione della costellazione delle Pleiadi della storia. E' la chiarezza espositiva l'atout della mostra: tutto è esposto in modo semplice e comprensibile. Più che la vastità espositiva è la grande capacità didattica che colpisce il visitatore.

L’Era Glaciale

La storia di Stonehenge inizia molto prima di Stonehenge stessa. Attorno al 10mila avanti cristo, tutta l'Europa è sotto una coltre di ghiaccio: l'Inghilterra e la Francia sono unite, la Manica ancora non esiste. Ma l'ultima glaciazione sta recedendo, il clima si fa più mite, numerosi cacciatori nomadi, che inseguono i branchi di animali, attraversano la Manica, ghiacciata, e vanno ad abitare la Gran Bretagna. Seimila anni dopo, i discendenti di questi primi abitanti che vivono solo di caccia si trasformano in abitanti stanziali, grazie a una novità arrivata dal continente (nel frattempo i ghiacci si sono sciolti e la Gran Bretagna è diventata un'isola separata dall'Europa): l'agricoltura. Arriva nelle fredde terre del Mare del Nord con 10mila anni di ritardo rispetto alla sua scoperta, in Mesopotamia attorno al 15mila avanti Cristo. Questi primordiali agricoltori, che allevano mucche e buoi, hanno l'abitudine di infilare dei pali di legno nel terreno: prima singoli, poi a cerchio. Il motivo è forse che all'epoca la Gran Bretagna, come tutta l'Europa, era coperta di foreste: per coltivare, però, c'è bisogno di campi. Gli uomini del Neolitico disboscano pesantemente l’Europa per strappare terreni alla natura selvatica. Però un legame “sacro” con gli alberi rimane: il legno serve per costruire case, carri, attrezzi. E' questa società agricola, che si basa su una tecnologia che conosce solo la pietra, che erige il grande luogo sacro. Come fu costruita Stonehenge? E, soprattutto, perché? A cosa serviva? Migliaia di generazioni future se lo chiederanno: da ritrovo di riti magici degli antichi Druidi, i sacerdoti-stregoni della religione celtica, a manufatto così sofisticato che solo una civiltà aliena avrebbe potuto erigere. Curiosi, hippie, antiquari, seguaci New Age o semplicemente vagabondi: Stonehenge ha attratto tutti.

Il mistero di Stonehenge

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Mistero svelato

In realtà, a Stonehenge non c'è nessun mistero: la verità storica è stata scoperta da tempo. Ma la verità è molto meno consolatoria del mistero e forse per questo il mito di Stonehenge continua a resistere. Com'è stato, senza tecnologie moderne, senza macchine, senza elettricità, senza metalli, trasportare, lavorare e innalzare ciclopiche pietre: quelle più grandi sono arrivate da centinaia di chilometri di distanza e pesano decine di tonnellate. Lo stupore tecnologico è da sempre il maggiore interesse verso il sito archeologico: come fu possibile che una civiltà primitiva potè costruire un così imponente monumento che ancora oggi sarebbe difficile da progettare. La risposta è più facile di quello che sembra: il tempo. Ci sono voluti circa 1.500 anni per costruire quello che oggi vedono i visitatori. I tre cerchi di pietre sono il risultato di secoli e secoli di immane fatica di migliaia di uomini, una stratificazione di epoche e opere diverse: si calcola che circa 100 generazioni di persone abbiano lavorato al monumento, usando soltanto corna di cervo, martelli, pietre, corde e funi. Il progetto fu modificato così tante volte nel corso dei secoli e passò così tanto tempo che le ultime generazioni che lo terminarono non sapevano più nulla, se non forse un vago ricordo mitizzato, di quelle che lo iniziarono. All'inizio, attorno al 3mila Avanti Cristo, Stonehenge non aveva nemmeno le pietre che l'hanno reso famoso: era solo un fossato, un cerchio scavato nella terra. Poi fu aggiunto un primo cerchio di pietre, poi un secondo con le pietre a forma di porta. E infine furono issati gli impressionanti triliti sempre a forma di porta ma molto più grandi: è ormai il 1.500 avanti Cristo, la fine dell'Età della Pietra. Un nuovo oggetto, il bronzo, è arrivato dall'Europa e sta rivoluzionando la società. Inizia l'età dei metalli: forse proprio per questo Stonehenge non fu completato. I triliti non sono a forma di cerchio, ma a ferro di cavallo: siccome non sono stati trovati altri resti di queste immense pietre, nei vari scavi dal 700 a oggi, se ne deve dedurre che la cosa fosse voluta. O che il “cantiere” fu abbandonato prima di finire. Questo è uno dei tanti misteri minori di Stonehenge. Quello più intrigante, però, è un altro.

Il giallo del solstizio

Ad alimentare il mistero di Stonehenge, con migliaia di adoratori che ancora oggi si radunano sul posto, nel giorno del solstizio d'estate, contribuì lo stesso “scopritore” Stukeley: lo studioso pensava che il monumento fosse stato costruito dai Druidi, i capi religiosi celti, che abitarono l'isola nel primo millennio avanti Cristo. L’antiquario fu il primo a intuire che il monumento era di molto più antico della colonizzazione romana dell'Inghilterra. Ma si sbagliava ancora di grosso: il sito è molto più antico dei Celti, i cui Druidi lo ri-utilizzarono per le loro cerimonie sacre secoli dopo la sua fine, quando già si era persa la memoria su cosa fosse. Sfasamenti storici a parte, il dato di fatto è che il 21 dicembre e il 21 giugno di ogni anno, il sole sorge perfettamente in asse con due particolari pietre del cerchio. Il millimetrico allineamento astronomico al solstizio è un altro dei grandi misteri di Stonehenge. Ma anche per questo, la spiegazione è molto più banale di quello che uno si immagini. Il suolo sotto tutta l'area del monumento è gesso: gli archeologi hanno scoperto che questo gesso, già a pochi centimetri di profondità del terreno, presenta delle striature che sono allineate esattamente come Stonehenge. Per una casualità geologica il gesso della zona si è cristallizzato, milioni di anni fa, come i due solstizi. Nessun alone magico o tecnologia extraterrestre: gli antichi uomini del Neolitico semplicemente “seguirono” le strisce sul terreno. Ovviamente c'era anche un motivo rituale: il solstizio di Dicembre segna la fine dell'inverno, quando le giornate man mano iniziano ad allungarsi; quello di giugno la fine dell'estate, quando le giornate iniziano ad accorciarsi. I ritmi della natura scandivano la vita degli uomini primitivi: al cambio delle stagioni erano legati la semina e il raccolto, i due pilastri per chi viveva di sola agricoltura.

Un cimitero per “ricchi”

Cos'era Stonehenge? E' la domanda che da almeno tre secoli stimola la fantasia della gente. Cos'era dunque Stonehenge? La risposta più convincente è quella di David Dawson , direttore del Wiltshire Museum, il migliore museo preistorico d'Inghilterra, di Devizes, villaggio inserito nella Great West Way, un cammino turistico promosso dall'ente Visit Britain, che tocca alcuni tra i luoghi i più belli delI'Inghilterra: “Era un cimitero di Re”. Re dell'età della pietra, s'intende: molti diversi dall'immaginario collettivo di un Re. Erano dei capi-clan, dei re-guerrieri o dei re-sacerdoti non i sovrani medievali con corone d'oro e mantelli di ermellino. Attorno ai cerchi di Stonehenge, è pieno di tombe e di necropoli. Piene di oggetti che appartenevano ai “ricchi” di 5mila anni fa. La più famosa tomba, esposta con tanto di scheletro millenario, è la tomba dell'Arciere di Amesbury: un uomo di 45 anni, morto attorno al 2.300 avanti Cristo, con un ricchissimo corredo funerario, tra cui armi e il primo oggetto in oro trovato in Inghilterra. Era uno dei Re sepolti a Stonehenge. Questo Re, però, veniva da molto lontano: l'analisi dei denti, tutti perfettamente conservati perché l'alimentazione a base di cereali, carne cotta e zero zuccheri faceva sì che i denti degli uomini primitivi non avessero carie, ha rivelato che il Re di Stonehenge era nato nella zona delle Alpi Svizzere e arrivò in Inghilterra solo in tarda età e lì morì e fu sepolto. Cos'era venuto a fare a 2mila chilometri di distanza? Forse a insegnare la nuova e rivoluzionaria tecnologia del bronzo: si fondono insieme rame e stagno. Nella sua tomba c'erano attrezzi di bronzo. Forse il mitico Re era solo un banale fabbro: ma nell'Età della Pietra i fabbri, portatori di una miracolosa scoperta, erano considerate delle persone con poteri magici o soprannaturali. Dunque dei Re. Come ogni cimitero ha una cappella o una chiesa nella zona tombale, così l'antichissimo cerchio sacro “raccoglieva” le sepolture dell'età della pietra. La chiesa di Stonehenge era anche un calendario astronomico, un gigantesco orologio basato sui movimenti del Sole. Millenni dopo, nel Medioevo, le chiese segnano il tempo con le meridiane issate sulle facciate.

Una globalizzazione di 5mila anni fa

L'Europa di 5mila anni fa, è il messaggio che la mostra veicola nell'eterogeneità degli oggetti esposti, tra cui alcune bellissime asce di giada dal Monviso, sulle Alpi italiane, è una grande comunità internazionale dove gruppi di persone si muovono su lunghe distanze. Sempre dalle Alpi, arriva anche altri oggetto che confermano la tesi della grande area comune: le steli del Valcamonica. Massi incisi con disegni che raffigurano il sole e decorazioni geometriche uguali a quelli delle urne a campana ritrovate sotto Stonehenge. L'invenzione da agricoltura permette l'accumulazione di un surplus alimentare: nasce una primordiale forma di ricchezza. Che viene spesa, dai Re dell'epoca, per comprare beni di lusso che arrivano da posti lontani. L'Età del Bronzo, però, portò anche sconvolgimenti a Stonehenge: arrivano immigrati dall'Europa più forti e potenti, grazie al nuovo metallo. Scoppiano sicuramente guerre tra vecchi abitanti con armi di pietra e nuovi arrivati con armi più avanzate. Questo segna, probabilmente, anche la fine stessa di Stonehenge e il suo abbandono (per poi essere ri-abitato dai Celti molto tempo dopo).

L’alba della civiltà

Punto debole della mostra che da sola meriterebbe un viaggio a Londra, è di essere un po' troppo appiattita sull'idea idilliaca della Koinè Diàlectos, la grande pacifica globalizzazione del Neolitico e prima Età del Bronzo. Fu un'epoca di grandi collegamenti tra posti lontanissimi che terminò con la violenza. L'arrivo della nuova tecnologia del Bronzo, come ogni epoca di rottura nella storia dell'umanità, fu probabilmente molto più traumatica di quello che la mostra trasmette.

The World of Stonehenge, British Museum – Londra, 17 febbraio – 17 luglio 2022

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